Il rientro di Ilio in Italia avviene nel settembre 1943

Nel 1941, una volta ristabiliti i contatti con il partito, «Giobbe», così viene chiamato Barontini negli anni della Resistenza francese, si trasferisce a Marsiglia, mettendosi a disposizione di Giorgio Amendola, il quale ne parla in questi termini: “[…] Barontini da tempo mordeva il freno. Anche lui aveva una serie di questioni da trattare col centro del partito; era malcontento del trattamento subito, critico di tutti e soprattutto mal sopportava di dover essere diretto da un «macaco» d’intellettuale, come mi chiamava. […] Avevo dato a Barontini l’incarico di responsabile del Soccorso Rosso, ciò che rappresentava per lui come una offesa. […] Comunque, anche per Ilio era venuto il momento di passare dall’attività di sussistenza al lavoro attivo militare” <38.
Barontini diventa «membro del comando centrale (Francia sud) in qualità di istruttore tecnico militare» <39, il suo compito è organizzare i Francs-tireurs et partisans: “Egli formò un ristretto gruppo di attivisti e fissò le prime regole di azione. Prendere le armi al nemico, colpire subito e organizzare colpi efficaci tali da provocare nelle file del nemico allarme e agitazione. […] Lo stile era sempre lo stesso, quello di Ilio, semplicità e audacia, selezione accurata dei combattenti, loro intensa preparazione morale e politica” <40.
Il rientro di Ilio in Italia avviene nel settembre 1943, oltre 12 anni dopo l’esilio cui le circostanze lo avevano obbligato. Il PCI gli assegna il compito di organizzare, istruire e dirigere i primi nuclei di gappisti, che devono essere formati nelle principali città dell’Italia occupata, al fine di creare un’opposizione immediata al giogo nazifascista, instauratosi a seguito dell’armistizio di Cassibile.
Come si evince dalle parole di Vittorio Bardini e Giovanni Pesce, il ruolo di Barontini quale ispettore ed istruttore itinerante è, in questa fase iniziale di lotta, di primaria importanza: “Nel chiuso di una stanza a piano terreno egli mi disse come bisognava organizzare a Milano l’azione di resistenza contro l’invasore nazista e il traditore fascista, come bisognava sul piano militare costruire i gruppi d’azione patriottica […] Viaggiava da Milano a Genova e Savona, ritornava con una borsa piena di strumenti per il nostro lavoro: cordone detonante, detonatori ed altri ingredienti. […] Ilio Barontini, oramai non mi lasciava più. Ritornando dai suoi viaggi in Liguria veniva subito a cercarmi. Alla sera andavamo alla ricerca di obiettivi per i giorni successivi” <41.
“Barontini doveva parlarmi dell’organizzazione dei Gap torinesi. […] mi chiese se avessi individuato un luogo, ritrovo di nazifascisti, che rappresentasse un buon bersaglio. Risposi di sì. Barontini mi fece allora una lezione teorica sul confezionamento di un ordigno. Sarebbe bastato trovare presso un fabbro un tubo di ghisa o di bronzo o di alluminio, riempirlo di esplosivo, inserire una miccia da un piccolo foro ed un detonatore, programmare il tempo di scoppio, serrare gli estremi con due coperchi di metallo e la bomba era costruita” <42.
In seguito, a «Dario», nuovo nome di battaglia assunto da Ilio, viene affidato il comando del CUMER, struttura militare costituita, in continuità con l’istituzione del CVL, nel giugno 1944 a Bologna allo scopo di coordinare tutte le forze partigiane, di pianura e di montagna, della regione. Inoltre, egli viene posto a capo, come dirigente dell’attività militare, del Triumvirato insurrezionale <43 per l’Emilia-Romagna. I compiti di Ilio sono quanto mai delicati, vista la collocazione spaziale del territorio emiliano, il quale si trova a ridosso della linea Gotica, ed è lui stesso, in un rapporto del CUMER, a sottolineare la «situazione particolare alla regione, da Reggio all’Adriatico: […] in Emilia stiamo combattendo nel bel mezzo dell’armata nazista, schierata in combattimento, ed i nostri combattenti devono filtrare tra i nemici» <44.
Ilio è convinto assertore della «necessità di formazioni agili, snelle, dislocate su larghe estensioni territoriali, non ammassate ma disperse nelle maglie della rete stradale, negli angoli morti, da cui partire per puntate audaci e quotidiane contro le comunicazioni» <45: “Si potrebbe ben dire che qui nell’Emilia la lotta deve svolgersi essenzialmente sulle strade, e per sviluppare queste azioni contro le strade occorre accelerare la formazione di squadre molto mobili ed audaci che possano martellare il nemico sulle strade contro i suoi uomini, i suoi automezzi, nelle opere d’arte stradali e ferroviarie, ecc. Ed è su questa linea di condotta che stiamo procedendo. Non ci preoccupiamo quindi di gonfiare le formazioni esistenti: di uomini nella piana ne abbiamo gran numero” <46.
Di contro, pur non sottovalutando l’importanza politica del fatto, è portato a considerare poco conveniente, per preparazione e dotazione d’armi, l’esperienza dell’occupazione e del presidio di zone libere, come nel caso della Repubblica partigiana di Montefiorino <47. Egli predica, infatti, l’applicazione integrale della guerriglia, la massima mobilità, l’inutilità di scontri frontali: “In primo luogo occorre rendersi conto che una zona si può difendere solo con delle armi pesanti e con una buona riserva di munizioni per fronteggiare il volume del fuoco dell’avversario e purtroppo il nostro armamento, l’armamento lanciato dagli alleati, le scarse munizioni consentono solo di fare la guerriglia” <48.
In seguito alla liberazione di Bologna, avvenuta il 21 aprile 1945, ed alla resa di Caserta <49, il ritorno di Ilio nella sua città, Livorno, avviene in maggio. Negli anni postbellici, Barontini è segretario della federazione comunista di Livorno, membro del Comitato centrale del PCI, deputato all’Assemblea Costituente <50 e senatore nella I legislatura della Repubblica. Muore il 22 gennaio 1951 a causa di un incidente automobilistico, occorsogli all’altezza del comune di Scandicci, vicino a Firenze.
[NOTE]
38 Amendola, Lettere a Milano, cit., pp. 59-60.
39 L’autobiografia di Ilio Barontini, in Collotti, L’antifascismo in Italia e in Europa 1922-1939, cit., p. 117.
40 Amendola, Lettere a Milano, cit., pp. 60-62.
41 Vittorio Bardini, Storia di un comunista, Guaraldi, Firenze 1977, pp. 66-69.
42 Giannantoni e Paolucci, Giovanni Pesce “Visone” un comunista che ha fatto l’Italia, cit., p. 110.
43 Il Triumvirato insurrezionale fu un’organizzazione esclusivamente comunista, formata al fine di coordinare l’azione politica e di massa del PCI con quella delle formazioni partigiane, e di agire autonomamente in caso di perdita dei collegamenti. Ognuno dei Triumvirati, presenti nelle regioni dell’Italia occupata, fu costituito da un responsabile generale del funzionamento dell’organismo, un responsabile dell’attività militare e un responsabile dell’attività di massa.
44 Ilio Barontini (Dario), Rapporto del CUMER al comando generale del 15-08-1944, in Secchia, Il Partito comunista italiano e la guerra di Liberazione 1943-1945, cit., p. 538.
45 Amendola, Lettere a Milano, cit., p. 390.
46 Ilio Barontini (Dario), Rapporto del CUMER al comando generale del 15-08-1944, in Secchia, Il Partito comunista italiano e la guerra di Liberazione 1943-1945, cit., pp. 537.
47 Territorio, facente parte delle zone montane delle province di Modena e Reggio Emilia, che i partigiani proclamarono indipendente dal 17 giugno al 1° agosto 1944.
48 Ilio Barontini (Dario), Rapporto del CUMER al comando generale del 15-08-1944, in Secchia, Il Partito comunista italiano e la guerra di Liberazione 1943-1945, cit., pp. 537.
49 Atto formale, firmato il 29 aprile 1945 e divenuto operativo il 2 maggio, che sancì la resa tedesca in Italia.
50 Fu l’organo legislativo elettivo preposto alla stesura di una Costituzione per la Repubblica italiana, forma di governo scelta in seguito alle elezioni del 2 giugno 1946.
Gabriele Aggradevole, Biografie gappiste. Riflessioni sulla narrazione e sulla legittimazione della violenza resistenziale, Tesi di laurea magistrale, Università di Pisa, 2019