Scassellati trasportò nel comando i metodi sanguinari usati nella controguerriglia in Dalmazia

A Como il 14 settembre del 1943, Paolo Porta e altri dieci camerati fedelissimi al Duce, ripresero possesso della Casa del Fascio dove “non c’era che sporcizia e devastazione […]. Tutto avevano rubato […] [34. Il 15 settembre finalmente tornerà a farsi sentire, tramite Radio Monaco, Mussolini” così ricorderà successivamente l’avvocato Paolo Porta alla prima assemblea del Fascio repubblicano di Como il 21 novembre 1943 a Palazzo Carducci.
Il 19 settembre, una domenica, venne ricostruito il fascio di Como che avrebbe controllato anche tutta la sua provincia. Contava poco più di 30 aderenti: “La reggenza provvisoria dei Fasci repubblicani della provincia di Como riunita nella Casa del Fascio, dopo avere elevato il suo pensiero ai Caduti della Causa e della Guerra rivoluzionaria, saluta con immutata fede il Duce e invita tutti i fascisti di Como e provincia a presentarsi alla Casa del Fascio per iniziare la nuova attività secondo le disposizioni […]” [35.
A livello organizzativo, territoriale ed amministrativo, nei Comuni, vi fu la sostituzione del Podestà, che era di nomina regia, con il Commissario Prefettizio, che riuniva in una sola persona tutti i poteri amministrativi e politici. Per la maggior parte, i Commissari furono volti nuovi. In alcuni piccoli centri rimasero i vecchi Podestà, ma questi furono casi rari: il nuovo regime esigeva persone di assoluta e comprovata fede fascista, dalle cariche più basse a quelle più elevate, ma molti ex fascisti rifiutarono gli incarichi e parecchie furono le richieste di congedo per malattia. Molte furono le verifiche che il nuovo regime effettuò su suoi seguaci, ex seguaci o presunti tali, per valutarne la fedeltà e la salda fede fascista. In una segnalazione del 1° aprile 1944 del Capo della Provincia Scassellati al Generale Giovachino Solinas, Comandante Regionale per la Lombardia, Milano, venne evidenziata l’esemplare condotta del Ten. Medico Dr. Mario Maiocchi del Deposito 27° Artiglieria Divisionale di Erba: “[…] il quale, fino dai primi giorni successivi all’8 settembre, non esitò a schierarsi apertamente con le forze attive della zona di Erba che provvedevano alla riorganizzazione del Paese, tenendo in pieno funzionamento il suo reparto di infermieri ed impedendo ogni abusivo allontanamento […]” [36.
Mentre in un comunicato del 25 ottobre 1944 del Questore Pozzoli al Capo della Provincia di Como, fu segnalato l’arresto del Dr. Luigi Formigoni, Capo dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Como: “[…] perché aveva svolto deleterie attività antifasciste […]” [37. Dalla toponomastica dei paesi, sparirono le intitolazioni delle vie che ricordavano la casa regnante come: i corsi Vittorio Emanuele, le piazze Savoia e gli stemmi Sabaudi dalle bandiere. Accanto al Commissario Prefettizio, il nuovo Partito Fascista Repubblicano (P.F.R.), così denominatosi dopo il 15 settembre, volle mantenere anche il Segretario (o Commissario) del fascio. Per questa carica vennero riesumati gli squadristi della prima ora, fascisti puri e duri, intolleranti e fanatici che dovevano costituire i pilastri portanti del nuovo regime. Per la provincia di Como la carica venne affidata all’avvocato Paolo Porta, un elemento storico del fascio comasco [38. Alle province veniva assegnato, sempre come massima autorità il Prefetto, con la nuova denominazione di Capo della Provincia. A Como il vecchio Prefetto Chiaromonte fu sostituito il 17 ottobre 1943 da Francesco Scassellati Sforzolini [39: a lui si debbono parecchie fucilazioni e deportazioni in Germania, appoggiato dal suo Commissario Federale Paolo Porta, con cui avrà una stretta collaborazione per affinità di metodi e carattere. Infatti Scassellati trasportò nel comando i metodi sanguinari usati nella controguerriglia in Dalmazia. Diede libertà di azione all’avv. Porta per raccogliere informazioni sugli sbandati e compiere rastrellamenti. Alle famiglie di soldati renitenti alla leva, se commercianti, venne tolta la licenza di esercizio, sequestrati beni mobili, immobili e la loro stessa casa, fino all’arresto dei parenti degli sbandati. La stessa sorte toccherà ai rifugiati in Svizzera, ai quali il “Tribunale provinciale Straordinario di Como, [potrà] [irrogare] la pena corporale [ed] anche la confisca dei beni mobili ed immobili. […] se il fuggiasco ha lasciato aziende industriali od agricole, poiché colla fuga è venuto a mancare la diretta gestione dell’emigrato – […] – si provveda alla nomina di un commissario di gestione […] <”40.
Per questa sua condotta Scassellati venne rimosso dal suo incarico <41 e sostituito il 15 giugno 1944 dal dottor Renato Celio <42, con alle spalle già esperienze di neutralizzazione incruenta delle formazioni partigiane nell’Astigiano.
Questo cambiamento dimostrò la volontà dei tedeschi, assecondata dal Ministero degli Interni, di fare del territorio della Brianza, che ospitava le famiglie di molti gerarchi, fascisti e nazionalsocialisti, un retroterra tranquillo della R.S.I. <43. Celio, col suo carattere di uomo avvezzo a compromessi, doppi giochi e al proprio tornaconto personale, mal conviveva col duro e rigido Porta, che lo guardava con sospetto e diffidenza non credendo che il nuovo Capo della Provincia provasse veri sentimenti fascisti <44. Celio si portò da Asti anche parecchi uomini di fiducia facendo loro ricoprire cariche importanti <45.
Per quanto riguarda il Questore, rimase sempre il responsabile delle forze di polizia. A Como fu nominato il Colonnello Lorenzo Pozzoli. Ogni questura fu dotata di un Ufficio politico investigativo (Upi), che si distinse in ogni luogo per le persecuzioni a qualsiasi oppositore politico. A guardia dell’ordine della nuova Repubblica, venne creato a fine novembre del ’43 un nuovo corpo armato: la Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.), fondendo la vecchia Milizia volontaria di sicurezza nazionale (Mvsn) ed i carabinieri; al comando della G.N.R. fu posto Renato Ricci ex comandante della disciolta Milizia. Questa nuova milizia che rispondeva ad esigenze sia di carattere poliziesco, sia di carattere militare, veniva utilizzata come strumento di controllo del territorio, sia come mezzo efficace per compiere rastrellamenti, anche perché il nuovo esercito repubblicano che il neoministro della difesa Rodolfo Graziani doveva creare si rese operativo solo verso l’agosto del 1944 a causa della difficoltà nel reclutamento dei giovani tramite bandi di arruolamento (basti pensare che, una volta terminati i bandi, il 14° Comando provinciale di Como contava solo 100 ufficiali, 83 sottoufficiali e 479 soldati <46), della scarsità di denaro per la ricostruzione di un esercito funzionale, della mancanza di divise, armi, cibo, dei mezzi per dare una minima e dignitosa sussistenza dei reclutati “a forza”, come si legge in parecchie lettere inviate da soldati ai loro famigliari: “[…] Qui la vita non è civile né militare, è solamente bestiale. […] Qui l’esercito viene chiamato col nome di “Esercito di Franceschiello” oppure se si vuole guardare le nostre divise di “arlecchino” tutte le divise ci sono all’infuori della giusta. E questo non è nulla […]” <47.
La G.N.R., pur sostenendo da sola tutto il peso del controllo del territorio, fu un corpo poco unito e compatto. I reparti erano di discutibile affidabilità, poiché pochi erano i fascisti veramente fedeli e convinti ancora presenti nei suoi ranghi, molti ex carabinieri avevano già disertato, altri aspettavano solo il momento opportuno per darsi alla macchia, come anche moltissimi giovani reclutati a forza.
Da un “pro-memoria per l’eccellenza il capo della provincia”, si legge: “[…] si rivela il depresso coefficiente morale dell’8° Btg. Rientrato dalla Germania […]. Sembra che molti dei soldati aspettino il momento opportuno per darsi alla macchia. La colpa sarebbe anche degli ufficiali che non si preoccuperebbero molto della truppa, una parte della quale sarebbe favorevole a passare nelle “formazioni” ribelli. […]” <48.
E ancora da continue indagini sui membri delle forze armate emerge per esempio: “Il Brigadiere Maiorca è elemento di dubbi sentimenti repubblicani. Anzi, in più discorsi esprime il suo disappunto perché taluni elementi della polizia si sono iscritti al Partito Repubblicano. Fa apprezzamenti sulla guerra e disapprova la continuazione della stessa, poiché – a suo dire – anche i capi dovrebbero convincersi che ormai la guerra è perduta ed è quindi inutile spargere dell’altro sangue. […]. Dopo il fatto dei Carabinieri che si diedero alla macchia piuttosto di compiere taluni servizi, o di indossare la camicia nera, disse che piuttosto di fare dei servizi – come taluni fanno fare – anche lui si darebbe alla macchia, perché è sciocco esporsi. Quando esamina la situazione militare e politica dice che ormai la guerra è vinta dagli inglesi e che anche sotto questi non si dovrà star male perché in fondo è meglio un padrone ricco che povero. […]” <49.
Nelle stesse fila germaniche si avvertiva questa disgregazione e lo stato di disagio, unito alla scarsità degli aderenti al “nuovo” partito fascista. In una nota anonima del Partito Fascista Repubblicano datata 4 novembre 1943: “Lo stesso console germanico a Milano, Von Harlem, la stessa sera del 28 ottobre ’43, parlando in circolo ristretto ha dovuto ammettere che il fascismo rappresenta oggi “un gruppo di forze esigue”. I funzionari poi, i carabinieri persino gli stessi agenti di pubblica sicurezza aiutano con ogni mezzo i soldati che si sono dati alla macchia, i partigiani ed i prigionieri evasi. […]” <50.
La G.N.R. fu quindi distribuita in Brianza in modo molto uniforme, presente soprattutto nei principali centri come Como, Monza, Seveso, Meda, ma anche in centri minori come Erba e Cantù, istallandosi prevalentemente nelle vecchie caserme dell’esercito o dei carabinieri. I capi delle province crearono squadre di Polizia ausiliaria che rispondevano a loro direttamente, composte da uomini fedelissimi che seguivano i Capi nei cambiamenti di sede, così il trasferimento da Asti a Como del Prefetto Celio fu accompagnato dalla sua banda Tucci. Queste varie polizie speciali non furono mai unificate in un unico corpo <51. Grazie ad una disposizione del Duce del 21 giugno 1944, il 25 giugno 1944 una circolare segreta del Quartiere Generale del P.F.R. fissò le modalità e i compiti delle Brigate Nere. <52. Il nuovo Corpo, posto a fianco della G.N.R., derivava dalle vecchie squadre di Polizia Federale che si erano formate all’interno del P.F.R. e mai sciolte. <53 L’impiego massiccio di queste Brigate moltiplicò le direttrici di attacco al fronte antifascista. Venne annunciato a Como il ritorno del 16° Battaglione Brigate Nere al comando del seniore Vanini <54, ricostituito durante l’assemblea del fascio del 21 novembre ’43 nel salone di Palazzo Carducci, nell’atmosfera opprimente creata dal dispiegarsi dell’azione dei G.A.P.: una bomba a mano, inesplosa, era stata lanciata contro la Casa del Fascio. A conclusione dei lavori nel pomeriggio, partì un tram per Erba a disposizione di quanti intendevano partecipare ai funerali dello squadrista Pontiggia, ucciso due giorni prima <55. Il quotidiano “La Provincia di Como”, il 23 novembre 1943, così lo ricordava: “[…] nel cielo dei martiri è volata l’anima adamantina dello squadrista Ugo Pontiggia che, per aver amato e servito fedelmente il suo paese, fu barbaramente tolto ai suoi cari da mano sicaria al soldo del nemico. Inchiniamoci al passaggio della spoglia e siano il nostro sguardo e la nostra volontà fissi al volto piangente della patria che risorge rinnovata dal sacrificio dei suoi migliori. […]” <56.
[NOTE]
34 Cfr. “La Provincia di Como”, 22 novembre 1943, foglio s.n.;
35 Cfr. “La Provincia di Como”, 19 settembre 1943, foglio s.n.;
36 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.1, segnalazione di Scassellati, del 1.04.1944, foglio Gab. 9982; Vedi Appendice: Doc. (5); .
37 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, verbale di fermo del Questore Pozzoli, del 25.10.1944, foglio s.n.;
38 PAOLO PORTA, proveniva da una famiglia borghese comasca, studiò giurisprudenza ed esercitò la professione di avvocato. Fu uno dei fondatori del fascio di Como, il 10 dicembre 1920. Squadrista della prima ora, partecipò alla marcia su Roma. Nonostante la lunga militanza non giunse a ricoprire cariche prestigiose durante il ventennio fascista. Col grado di Tenente di complemento di fanteria, si arruolò come volontario e combatté per soli 6 mesi in Albania. Porta fu un fascista convinto, fedele e onesto, dal carattere duro e irreprensibile. Durante il colpo di stato monarchico, mantenne salda la fedeltà al fascio senza mai vacillare. Nei venti mesi della R.S.I., la sua condotta fu ancora impeccabile. La sua pura fede lo portò a legare la sua vita a quella di Mussolini, credendo sempre in lui e seguendolo fino alla fine. Per la sua efficienza si guadagnò stima e rispetto e il 7 marzo 1944 venne nominato delegato dei fasci della Lombardia. Il 14 novembre a Verona si tenne il primo Congresso Nazionale del Partito Fascista Repubblicano, Porta riscosse successo con un suo intervento rude e diretto, invitando tutte le milizie ad essere unite e non più divise, i non fidarsi più di nessuno, di essere vigili e attenti, di controllare il territorio con durezza e di regolare i rapporti con la chiesa per lui troppo libera dal controllo. La sua adesione convinta alla scelta di militarizzare il partito, gli farà guadagnare l’incarico di Ispettore Regionale delle Brigate Nere. Organizzò da solo la Brigata Nera “Cesare Rodini”, e la usò massicciamente in tutta la provincia nei rastrellamenti contro i partigiani attuando una repressione dura e spietata , usando anche le armi della doppiezza, della calunnia e servendosi di infiltrati. Una strategia incruenta era invece desiderata dal comando tedesco di frontiera. Favorì il rientro dalla Svizzera dei fuoriusciti e fu tollerante con la classe operaia fino agli scioperi del marzo 1944. Porta oscillò sempre da una intransigente durezza ad una calcolata disponibilità di ordine tattico. Riuscì ad ottenere l’appoggio del Generale Tensfeld, responsabile della Polizia e delle SS nell’Italia nord-occidentale. Il contrasto tra schieramento “moderato” e “oltranzista”, portò il 1° ottobre 1944 alla nomina del Colonnello Vanini a Commissario Federale al posto di Porta, ma fu reclamato a gran voce dai suoi uomini e da tutti i fascisti della provincia riuniti in assemblea. Porta continuerà a comportarsi da federale di fatto fino a quando il 22 gennaio 1945, gli verrà restituito anche il titolo ufficiale di Commissario Federale. Braccio destro di Porta sarà Alfredo De Gasperi. Ricostruì anche il 16° Battaglione Camicie Nere. Collaborò con i due capi della provincia Scassellati e in seguito Celio, con rapporti di rivalità col primo e di contrasto con il secondo. Porta fu fino alla fine fedele al regime, troverà la morte insieme al Duce nei tragici eventi finali di Dongo. Per le notizie bibliografiche: Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, cart. 111, foglio s.n.; Cfr. La testimonianza di Porta Musa Carla, in Marchesi Rosaria, C’era la guerra, Ed. Nodo Libri 1992, p.300; Cfr. Il verbale stenografico del Congresso di Verona, pubblicato da Paolucci Vittorio, La Repubblica Sociale Italiana e il Partito Fascista Repubblicano, settembre 1943 marzo 1944, Urbino, Argalia, 1979, pp.173-175; Cfr. Legnani Massimo, Potere, società ed economia nel territorio della RSI, in AA.VV., La Repubblica sociale italiana 1943-45, a cura di Poggio Pier Paolo, Annali della fondazione “Luigi Micheletti”, n°2, Brescia, 1986, pp.26-27; Cfr. ISCPAPC, F. Gementi, memoriale dattiloscritto inedito dell’ex federale del P.N.F. di Como, Frigerio Carlo, scritto nei mesi successivi alla Liberazione, p.2 e p.16; Cfr. Klinkhammer Lutz, L’occupazione tedesca in Italia 1943-1945, Ed. Bollati Boringhieri 1993, pp.325, 327 e 328; Cfr. “La Provincia di Como”, 1 ottobre 1944, foglio s.n.; Cfr. Notiziario della G.N.R. di Como, riportato da Pansa G., Il Gladio e l’alloro, l’esercito di Salò, Milano, Ed. Mondadori, 1991, p.170; Cfr. I diari di De Gasperi, in Festorazzi Roberto, San Donnino, cella 31, Milano, Simonelli, 1999, p.175; Cfr. “La Provincia di Como”, 8 maggio 1944, foglio s.n.; Cfr. Roncacci Vittorio, La calma apparente del lago. Como e il Comasco tra guerra e guerra civile, Macchione Editore Varese 2003, pp.90-92-93; , a lui si debbono parecchie fucilazioni e deportazioni in Germania,
39 FRANCESCO SCASSELLATI SFORZOLINI, nacque a Perugia il 25 febbraio 1901. Si iscrisse presto al partito fascista. Resse la prefettura di Ancona dall’11 giugno 1943. Fu uno dei Prefetti non sostituiti da Badoglio dopo il 25 luglio. Attraversò indenne il regime, il Governo Monarchico e la Repubblica Sociale. Acquistò le sue benemerenze prima nel servizio segreto in Albania, in seguito come Prefetto di Dalmazia dove, come recita la propaganda ufficiale: “nel tormentato settore di Cattaro, durante i tristi tempi della rivolta armata, [seppe] ricondurre le bande ribelli alla ragione, facendo loro deporre le armi e pacificando la turbolenta regione che gli era stata affidata dal Duce come un’estrema trincea da difendere”. Cfr. “La Provincia di Como”, 19 novembre 1943, foglio s.n.; Questo elogio al nuovo Capo della Provincia, nascondeva tra le righe la sua vera natura di “belva”, come ricordò il dr. Luigi Pisanò, funzionario della prefettura repubblicana di Como: “Fui destinato a Cattaro […] [in] Dalmazia, […] dal Ministero mi venne affidato il compito di affiancare il Prefetto Scassellati, che veniva dal Governo albanese dove aveva esercitato un servizio di polizia segreta. Fatto sta che veniva preceduto da una fama poco buona. Ci sono stato solo 30 giorni, ma ho fatto a tempo a vedere le atrocità commesse da questo improvvisato Prefetto che dimostrò di avere un cuore di belva. Come rappresaglia verso i fuoriusciti, che erano tutti sulle montagne intorno a Cattaro, e che, presi con intelligente tatto sarebbero tornati tutti alle loro case, e sarebbero stati disposti a collaborare con le autorità italiane, qualora fossero stati sicuri di un buon trattamento, egli ordinò l’arresto di tutti i famigliari, donne, vecchi e bambini, di cui molti lattanti, facendoli internare nella stiva affondata di una vecchia nave, sudicia e priva di latrine, prescrivendo che il vitto fosse costituito solo di pane e acqua. Non esitò anche a dare ordine al Comando dei Vigili del Fuoco perché venissero incendiate le case dei fuoriusciti”. Cfr. A cura dell’ Archivio ISCPAPC, Il monito della storia, Como, Graficop, 1999, p.17; Scassellati fu Capo della Provincia di Como dal 18 ottobre 1943, ne lasciò la reggenza il 15 giugno 1944 per essere inviato a reggere la provincia di Novara. Dopo la Liberazione, per il caso Puecher e reati diversi nel dopoguerra, venne processato dalla Corte d’Assise di Como e condannato, con sentenza del 18 maggio 1946 alla pena capitale mediante fucilazione alla schiena. La pena fu poi commutata dalla Corte d’Appello di Milano, il 20 marzo 1948 in ergastolo in base a decreti di amnistia. Nel frattempo lo Scassellati, sotto il falso nome di Francisco Salgada Rossi, con passaporto Paraguaiano, viveva tranquillo a Caracas, gestendo un negozio di abbigliamento. Risultò rientrato in Italia nel 1963. Morì a Roma senza essere imprigionato, il 28 marzo 1967. Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., pp.90-91; Cfr. De Antonellis Giacomo, Il Caso Puecher. Morire a vent’anni partigiano e cristiano, Ed. Rizzoli 1984, pp.196-197; con alle spalle già 40 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, relazione riservata personale del Commissario Federale Paolo Porta al Capo della Provincia Scassellati, del 19.11.1943, foglio N. 549;
41 Cfr. I diari di De Gasperi, in R. Festorazzi, San Donnino, cella 31, Milano, Ed. Simonelli, 1999, p.175;
42 RENATO CELIO, nacque a Borghetto di Borbera, in provincia di Alessandria, nel 1904. Dopo essere stato squadrista svolse tutta la sua carriera nel sindacato. Fece parte della Camera dei Fasci e delle corporazioni, quale segretario dell’Unione lavoratori dell’Industria di Messina e, nel tempo, di Littoria, Roma e Milano. Divenne federale di Littoria, combatté sul fronte Greco-Albanese e infine, con la costituzione dell’R.S.I., fu nominato Capo della Provincia di Asti dal 19 ottobre 1943. Trasferito poi a Como, il 1 giugno del 1944 ne prese il comando in modo ufficiale il 15 giugno e diresse la provincia fino al 25 aprile 1945. Successivamente si diede alla fuga. Morì a Roma nel 1964. Cfr. “La Provincia di Como”, 8 maggio 1944, foglio s.n.; altre notizie sulla vita di Celio sono tratte dal raccoglitore riassuntivo n°2 dell’ASC, sulle Carte di Gabinetto, II versamento, Fondo Prefettura, Carte riservate Celio; Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p. 264; Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.91 nota 19;
43 Cfr. Coppeno Giuseppo, Como dalla dittatura alla libertà, Como Grafico 1989, pp.572-573;
44 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart. 1, segnalazione di Porta contro il nuovo Capo della Provincia, del 29.09.1944, foglio s.n.;
45 Cfr. Ibidem;
46 Cfr. Scalpelli Adolfo, La formazione delle forze armate di Salò attraverso i documenti dello Stato Maggiore della R.S.I., Mli n. 72, 1963, p.53;
47 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart. 1, copia della lettera spedita dall’autiere Morsero Arturo alla famiglia Gini Teobaldo, del 27.01.1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (6);
48 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart. 3, promemoria anonimo per l’Eccellenza il Capo della Provincia di Como, s.d., foglio s.n.;
49 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart. 1, comunicazione riservatissima anonima al Capo della Provincia di Como, del 27.08.1943, foglio s.n.;
50 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart. 2, segnalazione anonima, del 4.11.1943, foglio s.n.;
51 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.125;
52 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart. 1, costituzione del corpo delle Brigate Nere, stralcio del Bollettino settimanale N.4 – del C.L.N.A.I., in data 30.07.1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (7);
53 Ancora nel marzo del ’45, alle disposizioni del Ministro dell’Interno, Zerbio, che intendono “realizzare la universalmente auspicata coordinazione dei servizi di polizia”, Pavolini, rispose con un’abile lettera in cui, nella sostanza, precisa: “per ciò che riguarda la Brigate Nere, nulla è innovato”. Cfr. ASC, Fondo Prefettura, cart. 122, circolare riservata, serie N- n°1, Q.G. 1 marzo 1945, di Pavolini Alessandro ai comandanti delle Brigate Nere e p.c. al Ministero dell’Interno e ai capi delle province;
54 Cfr. “La Provincia di Como”, 22 novembre 1943, foglio s.n.;
55 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.97;
56 Cfr. “La Provincia di Como”, 23 novembre 1943, foglio s.n.;
Laura Bosisio, Guerra e Resistenza in Alta Brianza e Vallassina, Tesi di Laurea, Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano, Anno Accademico 2008-2009

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