Gena e i suoi partigiani raggiungono Rino pochi giorni prima del lancio

Uno scorcio di Val Taleggio (BG) – Fonte: Mapio.net

Nei primi mesi del 1944 l’iniziativa più rilevante in Val Taleggio [in provincia di Bergamo] è rappresentata dal sorgere di una nuova formazione composta di ex prigionieri. Essa è capeggiata da un serbo, Zaric Boislau, e nelle fonti archivistiche viene indicata col nome di “Legione Straniera”. La formazione è collegata agli organismi clandestini lecchesi, si occupa di organizzare il transito degli ex prigionieri, degli ebrei e dei politici verso la Svizzera, ma soprattutto tenta di prendere contatto e di coordinare i gruppi di ex prigionieri dislocati nella bergamasca.
La documentazione esistente lascia l’impressione che il gruppo, pur riconoscendo la necessità di uno stretto collegamento con i centri resistenziali italiani, volesse garantire agli stranieri rimasti in zona un’ampia autonomia di movimento.
In marzo, aprile la “Legione Straniera” aveva un suo distaccamento a Pizzino (15/20 uomini) ed era collegata con tutti gruppi di ex prigionieri esistenti in valle (a Vedeseta, Olda, ecc.). Non pare di dover sottovalutare l’importanza della “Legione Straniera”; essa infatti riscuoteva la fiducia degli alleati al punto che il 3 aprile poté ricevere un primo aviolancio (parzialmente intercettato dai fascisti) e più tardi, ai primi di maggio, accolse la missione “Emanuele” (2 maggio) accompagnata da un lancio di armi, munizioni e generi di equipaggiamento.
La formazione inoltre era temuta dai fascisti che già dal gennaio/febbraio 1944 cercano di indebolirla e, di screditarne l’operato presso i valligiani. Organizzano una banda di falsi partigiani, la “Banda Thoinsovich”, col compito di snidare ex prigionieri, renitenti e disertori traendoli in inganno.
L’iniziativa ottiene qualche risultato nella zona della Val Brembana, ma non è in grado di incidere in modo profondo in Val Taleggio. Qui la “Legione straniera” raccoglie il consenso anche di alcuni giovani del luogo, che in precedenza erano collegati ai gruppi di “Penna Nera”.
L’espansione del gruppo raggiunge il culmine a maggio, dopo il lancio della missione alleata. In questa fase i collegamenti con i centri resistenziali lecchesi e milanesi sembrano più organici e si cominciano a progettare azioni a vasto respiro probabilmente ben collegate anche con i comandi alleati.
E’ quando i vari progetti di intervento cominciano ad essere elaborati che i fascisti scoprono la rete e decidono di reprimerla con la massima decisione. Quello che temono è la possibilità che essa sfrutti a proprio vantaggio una particolare situazione creatasi allora nella bergamasca dopo l’annuncio dell’apparizione della Madonna alle Ghiaie di Bonate; anzi paventano una stretta connessione tra questo episodio che provoca lo spostamento di enormi masse di cittadini verso Bonate (e verso Ponte S. Pietro dove c’è un campo d’aviazione), e la notizia di un’azione combinata tra partigiani ed alleati volta a colpire in profondità le retrovie nazifasciste. (11)
Si badi che è proprio di quei giorni la ripresa dell’iniziativa angloamericana sulla linea Gustav, con il superamento di Cassino e con il successivo inizio dell’offensiva sul fronte di Nettuno.
Così per la terza volta (se si escludono le provocazioni della “Banda Thonsovich”) la Val Taleggio deve registrare la brutale presenza delle truppe nazifasciste. L’azione è preceduta da un’accurata opera di infiltrazione che favorisce l’esito positivo dell’azione repressiva nazifascista.
Il 19 maggio i tedeschi riescono a mettere le mani sull’organizzazione. Arrestati i capi ed un buon numero di esponenti del movimento, la “Legione Straniera” si sbanda e la rete clandestina subisce gravi contraccolpi specie nel lecchese.
Nuovamente le forze nazifasciste riescono a colpire con estrema tempestività togliendo di mezzo un’organizzazione che trovava ampi consensi, ancor prima che essa cominci a diventare davvero pericolosa.
Ancora una volta la repressione nazifascista richiama la popolazione della Val Taleggio ai suoi calcoli, alle preoccupazioni, al timore di essere coinvolta direttamente, di vedersi intaccati i miseri mezzi di sopravvivenza, alla cautela nell’elargire la propria generosa solidarietà. Di quello che era stata la “Legione Straniera” a fine maggio resta ben poco. C’è chi (Cleto Baroni) assume temporaneamente la guida dei gruppi sparsi nelle baite e si sforza di tenerli collegati. Ma siamo a fine maggio e molte cose stanno cambiando.
Gli alleati avanzano e la convinzione che s’avvicini la fine delle ostilità dilaga. Il 25 maggio scade il bando di richiamo alle armi rivolto a tutte le classi fino a quel momento precettate, con risultati penosi.
I giovani invece di rispondere alla chiamata di Salò prendono la via della montagna. Roma non tarderà a cadere. Nel mondo fascista l’aria che tira è quella della disfatta.
Nella provincia di Bergamo sia le organizzazioni clandestine centrali che quelle periferiche riprendono fiato, ma il CLN non è ancora in grado di esercitare un’influenza diretta sulle formazioni partigiane che vanno riorganizzandosi rapidamente.
Chi vuol combattere o comunque organizzarsi a volte si sente frenato dall’esclusivismo di talune formazioni politiche clandestine altre volte esprime riserve preconcette contro ogni forma di presenza politica nella lotta di liberazione, ma non pertanto rinuncia a muoversi.
Faticosamente si apre la strada il processo unitario. Tra marzo e maggio si stabiliscono scambi fruttiferi tra “Penna Nera” (scomparso dalla scena nell’inverno) e gli uomini che promuoveranno nella zona di Villa d’Almè la costituzione di gruppi destinati ad aderire all’organizzazione delle Fiamme Verdi.
Non è poi impossibile che, mentre in Val Taleggio si consuma l’esperienza della “Legione straniera”, Penna Nera tenga vivi i contatti con il gruppetto dei suoi fedelissimi guidati da Guglielmo (G. Locatelli). A fine maggio comunque questo gruppetto e lo stesso Penna Nera diventano in Val Taleggio il nuovo punto di aggregazione.
Cleto e i superstiti della “Legione Straniera” si uniscono agli uomini di “Penna Nera”; quest’ultimo si impegna a provvedere ai loro rifornimenti e all’armamento ottenendo un lancio degli alleati ed inviando un comandante all’altezza della situazione.
All’inizio di giugno, in previsione del lancio, gli organizzatori delle Fiamme Verdi di Villa d’Almè (don Antonio Milesi e Natale Mazzolà che però è su posizioni abbastanza differenziate da quelle del primo), d’accordo con Penna Nera, inviano in Val Taleggio Rino (Guerino Locatelli): dovrà ricevere il lancio e prendere il comando dei gruppi della Val Taleggio, cui si unirà con i suoi 15 (circa) uomini.
Non a caso dunque il nuovo raggruppamento viene talvolta individuato col nome di “Fiamme Verdi della Val Taleggio”, ma si deve osservare che i tre gruppi fino al lancio tendono a conservare la loro autonomia; Cleto e gli ex prigionieri, Guglielmo e i valligiani, Rino e le sue Fiamme Verdi sono per ora uniti quasi esclusivamente dalla previsione del lancio.
Penna Nera d’altro canto non si sforza di favorire un processo di reale fusione dei gruppi. La sua visione, improntata ad un’estrema cautela, lo porta a non prendere in seria considerazione l’ipotesi di creare una vera e propria unità operativa partigiana. Egli vanta di essere stato riconosciuto dal comando superiore delle Fiamme Verdi quale comandante delle forze operanti in Valle Imagna, Brembilla e Taleggio, ma, tutto sommato, è convinto che le “bande della montagna” non possano svolgere che un ruolo subalterno nella resistenza: quello di procacciare armi allestendo e proteggendo i campi di lancio e quello di costituire una sorta di retrofronte sicuro per altri partigiani costretti ad allontanarsi dalla loro zona di operazioni. Dalle sue memorie poi traspare una concezione militare della lotta partigiana che non tien conto delle esigenze della guerriglia, ma piuttosto di quelle di una guerra di posizione.
Se non esclude di portare gli uomini al combattimento, però ritiene che prima sia necessario attrezzare di adeguate difese la valle e di dotare i reparti di un armamento che li renda in grado di sopportare ogni attacco e di difendere i paesi.
Prepararsi dunque, ma intanto aspettare, è questa la sua linea di condotta ed è anche la ragione per la quale, dopo l’aviolancio del 13 giugno, egli verrà progressivamente emarginato.
L’uomo che invece assume dopo il suo arrivo in valle, una posizione di primo piano, per la sua capacità d’iniziativa e per la sua dinamicità, è Rino (G. Locatelli). Egli di fatto si troverà a svolgere la funzione di comandante effettivo di un raggruppamento di uomini che si aggirava ai primi di giugno sulle 30/40 unità.
In quello stesso periodo la Val Taleggio era diventata il polo di gravitazione anche di due altri nuclei: quello di Gena (Giovanni Genini) e di Giorgio il Canadese e quello di Gastone (Gastone Nulli).
Il nucleo di Gena era dislocato sopra la forcella di Bura; era costituito da elementi della zona e da ex prigionieri. In tutto una quindicina di uomini cui si erano poi uniti altri 7 o 8 capeggiati dal Canadese. La mancanza di viveri e probabilmente la speranza di superare con una migliore organizzazione le difficoltà di una “vita randagia”, portano Gena a prendere contatto con Rino. L’avvicinamento non è certo dettato da alcuna presa di coscienza politica ma semmai dall’esigenza di organizzare meglio l’autodifesa e quindi la sopravvivenza.
Gena e i suoi uomini raggiungono Rino pochi giorni prima del lancio, ma manterranno una certa qual autonomia.
Il nucleo di Gastone si stabilisce in Val Taleggio, a Cantiglio, il 25 maggio. Sono 5 gli uomini che costituiscono il gruppo originario che parte da S. Giovanni Bianco per la montagna. Ad essi, forse nel corso dello stesso viaggio, si aggregano altri 7 o 8 sbandati. (12)
A differenza del nucleo di Gena, questo appare subito caratterizzato:
1) dall’esistenza di una componente politica di duplice segno
2) dall’esistenza di alcune basi di appoggio non solo morale ma anche concreto.
Quanto alla componente politica, va rilevato che nel piccolo nucleo originario si trova Dario (13) che risulta collegato al PCI di Milano e che successivamente lo stesso Gastone ebbe modo di dichiarare l’esistenza di collegamenti che lo legavano, per linee non chiare, a organizzazioni comuniste milanesi.
Si deve comunque aggiungere che non tardarono a stabilirsi contatti anche con una cellula del PCI bergamasco, quella di S. Giovanni Bianco, attraverso un suo esponente, il dottor Manetti.
Il secondo elemento che può testimoniare una diversa sfumatura politica è dato dal rapporto con la famiglia Cima di S. Giovanni Bianco, che, come s’è notato, era invece legata al partito d’azione. Questo secondo elemento pare caratterizzi più direttamente la posizione di Gastone, che motiva la sua decisione di riprendere la via dei monti non tanto come una scelta politica quanto come una scelta morale, quella di vendicare i morti di Cantiglio e con loro in particolar modo Giorgio Issel, il cugino di Gianni Cima.
Dal punto di vista politico dunque a fianco di una posizione consapevole e precisa, ne esiste un’altra che poteva assimilarsi alla prima, ma che poteva anche diventare motivo di attrito con la stessa e creare difficoltà, come di fatto avvenne. A ciò si aggiunga che gli sbandati aggregatisi nei primi giorni tendenzialmente rappresentavano una terza posizione a prevalente carattere autodifensivo.
Per quanto minuscolo il gruppo di Gastone inizia la sua esperienza partigiana con una serie di garanzie superiori a quelle del gruppo di Gena ed anche a quelle del gruppo di Rino, Cleto e Guglielmo. Gastone infatti sa di poter contare sull’aiuto finanziario dei Cima e forse anche del PCI; non solo, ma egli trova subito nel basso clero dei paesi taleggini una solida rete di solidarietà e di collaborazione che gli permette di disporre di importanti basi di appoggio e che, in senso più generale, documenta bene il livello di consensi trovato dalla resistenza in un ambito indispensabile alla propria sopravvivenza.
Anche per il gruppo di Gastone il lancio del 13 giugno costituisce un momento di avvicinamento alla formazione di Rino. Ma il suo reparto, a differenza di quello di Gena rimarrà per un certo tempo completamente autonomo.
Il lancio porta armi e munizioni in buona quantità. E’ quanto basta per mettere in moto il processo di progressiva emarginazione di Penna Nera e di concreto affiancamento delle due principali formazioni della vallata: quella di Rino, cui si è aggregato il gruppo di Gena, e quella di Gastone, cui veniva attribuita la denominazione di “Compagnia della Teppa”.
Ciò che le avvicina è la comune volontà di agire; una confusa spinta attivistica che tuttavia, se ben incanalata, potrebbe diventare la base di un efficiente reparto partigiano. Si badi che la spinta viene anche dagli uomini e che in quei giorni l’afflusso di nuovi elementi in valle diventa imponente. Vengono soprattutto da Milano e dintorni, ciò che chiarisce ulteriormente lo stretto legame tra i centri clandestini milanesi e la “Compagnia della Teppa”.
A comprendere l’entità dell’afflusso di uomini basti ricordare che, stando a una discutibile ma non inattendibile ricostruzione di A. Vajana (14), negli ultimi giorni di giugno in Val Taleggio si contano circa 130 partigiani così raggruppati:
1) 20 a Peghera, comandati da “Costantino”,
2) una cinquantina a Vedeseta al comando di Gastone,
3) una sessantina a Pizzino con Rino Locatelli,
4) 15 circa sopra la frazione di Cacorviglio al comando di Guglielmo.
L’incremento si verifica prevalentemente nella “Compagnia della Teppa”.
Dopo il 13 giugno, Gastone e Rino, pur mantenendo la loro autonomia, si affiatano al punto da dar vita ad una formazione che, almeno nel nome, raccoglie l’insieme dei loro uomini. Si tratta di “una formazione autonoma della X brigata d’assalto Garibaldi operante in zona lontana”, scrive A. Amati (15), e questa definizione è tutto un programma. I collegamenti milanesi di Dario e forse anche quelli che si andavano stabilendo con la Valsassina sono tenuti presenti e nasce così una formazione garibaldina; sono tenute presenti anche le posizioni autonome di Gastone e quelle di Rino, che riconducono una porzione del gruppo alla linea delle Fiamme Verdi.
Ne nasce una formazione che di garibaldino, a quanto pare, ha solo il nome e le insegne, ma che convenzionalmente denomineremo X brigata Garibaldi anche se è impossibile dire se essa abbia ottenuto un qualche riconoscimento dagli organismi centrali.

[NOTE]
(11) Archivio privato Micheletti – Brescia notiziari GNR. 3/6/1944: “Nella notte di venerdì 19 maggio, aerei nemici avrebbero lanciato, per mezzo di paracadute, armi pesanti, mitragliatrici e mortai con relative munizioni in località Pizzino, Vedeseta, Olda, Taleggio G [….] nelle giornate di domenica 21 e 22 sarebbero stati lanciati paracadutisti col compito di costruire una testa di ponte, dopo aver occupato di forza il campo d’aviazione di Ponte S. Pietro nelle vicinanze di Bergamo; (…) i gruppi di Pizzino, Vedeseta, Olda e Taleggio dovevano, in concomitanza, agire a viva forza su Lecco, impadronirsene ed accorrere su Bergamo in contatto con Ponte S. Pietro. L’azione principale, cioè quella dell’occupazione del campo d’aviazione di Ponte S. Pietro, sarebbe stata facilitata da un avvenimento che si ha ragione di credere diabolicamente escogitato. Infatti, nella città di Bergamo e nella provincia si era diffusa la voce di una miracolosa bambina, la quale, nelle vicinanze di Ponte S. Pietro, aveva avuto una visione celestiale con l’apparizione della Madonna che le indirizzava sul campo un raggio solare. Si può immaginare con quanta rapidità questa notizia passò di bocca in bocca e l’impressione dei bergamaschi notoriamente attaccati alla chiesa. La notizia dell’apparizione della Madonna assunse infatti proporzioni enormi e, dopo i primi annunci di miracoli avvenuti per guarigioni improvvise il concorso della gente sul posto divenne plebiscitario. La prima apparizione sarebbe avvenuta il 19 e, a detta della bambina, si sarebbe ripetuta nei giorni 20, 21 e 22. Specie nella giornata del 21 si sarebbe improvvisamente oscurato il cielo e sarebbe apparsa la Madonna col raggio di sole. La strana coincidenza delle date ha indotto le SS ad agire immediatamente, poiché erano state intuite le precise intenzioni dell’avversario, il quale, artatamente aveva manifestato intenzioni di operazioni con paracadutisti verso Premeno (Como) al fine di indirizzare colà le forze e permettere quindi ai gruppi di Vedeseta, Olda, Taleggio e Pizzino di agire su Lecco, mentre i paracadutisti avrebbero agito sul campo di aviazione di Ponte S. Pietro. Bisognava quindi prevenire e stroncare sul nascere la azione con rapidità fulminea, altrimenti il nemico sarebbe riuscito nel suo intento, perché l’affluenza della popolazione nelle adiacenze del campo di aviazione di Ponte S. Pietro era enorme, si calcola circa 100.000 persone. Se si pensa alla congestione delle strade principali e secondarie, si ha un’idea delle difficoltà che avrebbero incontrato le eventuali forze inviate a rintuzzare un lancio di paracadutisti i quali, invece, avrebbero avuto tutta la possibilità di attestarsi […..]
(12) CPV – V 3, relazione riservata del fascio repubblicano di S. Giovanni Bianco: “Un curato dei nostri mi ha fatto comunicare che questa mattina il famigerato e ricercato ex tenente Gastone Nulli, già organizzatore, con un maggiore o capitano non mai potuto identificare esattamente, con questo maggiore o capitano e 11 sbandati ha assistito alla prima messa tenuta nella chiesa della frazione di Cornalta […..] I capibanda avrebbero chiesto al citato curato di tenerli nella chiesa o nella casa parrocchiale, ma il prete li ha prima invitati e consigliati a presentarsi alle autorità per regolare la loro posizione, ma poi riuscendo vane tutte le pressioni persuasive, li ha perentoriamente diffidati ad
allontanarsi dalla località. I tredici individui avrebbero preso i sentieri che portano nella Val Taleggio, ove da voci raccolte si starebbero radunando i renitenti decisi a non osservare il bando di presentazione. Non ha potuto sapere se il gruppo avesse armi, ma giacché Gastone e il famigerato maggiore, furono gli organizzatori della banda esistente fino a dicembre in località Cantiglio, ove dal rastrellamento eseguito, poche armi furono ricuperate, ed essendo diretti in quel di Ta1eggio, poco distante da Cantig1io, si può presumere che possano armarsi o con armi lasciate nascoste dal dicembre scorso, o da armi rifornite da aerei, come già risultò e in parte furono recensente recuperate. La ricomparsa in luogo del Nulli dimostra la decisione di organizzare i fuorilegge e la sua cattura sarebbe preziosissima anche per chiarire tutti i retroscena circa i sovvenzionatori e manutengoli anti-italiani, che devono esserci sia a S. G. Bianco come in altri paesi della vallata e a Bergamo. […] Non è da escludere che il gruppo Nulli abbia ad accogliere o trovarne un punto di base negli sbandati esistenti nel comune di Camerata Cornello, che sono circa 16, giacché lo stesso curato informatore mi ha fatto sapere che il curato di Camerata Cornello avrebbe promesso agli sbandati del suo comune e frazioni che li avrebbe ricoverati e nascosti nella chiesa e ne11a casa parrocchiale. Camerata Cornello è poco distante dalla frazione Pianca del cui curato pure non c’è da fidarsi e ove ci sarebbero tre sbandati; dalla Pianca si va a Cantiglio, e da Cantiglio a Taleggio, è quindi tutta una rete di punti di appoggio utile a chi vuole fare il partigiano”
(13) Non è stato possibile identificarlo.
(14) A. Vajana, opera citata, p. 99
(l5) CPV – D 20

Maria Grazia Calderoli, Aspetti politici e militari della Resistenza taleggina. Luglio 1944-aprile 1945, Tesi di laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1975-1976 qui ripresa da Associazione Culturale Banlieu