Il Partito comunista decide quindi a settembre 1946 di rimanere al governo

Nell’anno e mezzo che va dall’aprile ’45 all’autunno ’46 si determina dunque una dinamica conflittuale che risente delle più antiche radici dell’antagonismo sociale delle classi subalterne e dell’esperienza viva della Resistenza. Caratteri economico-rivendicativi, politici e sociali si incrociano in una piattaforma del conflitto che utilizza azioni e forme della lotta di massa, con marginali ma significative appendici di lotta armata; si accetta l’inquadramento sindacale, ma dimostrando un’ampia tendenza all’autonomia. Nonostante la ripresa dell’offensiva padronale e delle componenti conservatrici e centriste al governo, non appare ancora chiaro al movimento operaio che la Ricostruzione e il mercato del lavoro che su essa si fonda si stiano ridefinendo secondo rapporti di forza favorevoli alla controparte.
All’interno della Camera del Lavoro meneghina, oltre ad una netta egemonia in campo comunista dell’ala operaista rappresentata da Alberganti, ritroviamo la presenza di correnti dell’estrema sinistra: fino al 1948 è riconosciuto il diritto di rappresentanza alla corrente sindacalista rivoluzionaria (solo nelle Camere del Lavoro di Parma e Ferrara essa era presente), che si esprime al congresso camerale del febbraio ’47 nella Mozione di difesa sindacale rivoluzionaria, facente capo al programma dei “Gruppi di difesa sindacale rivoluzionaria per una Cgil classista, libera ed indipendente dallo Stato e dai partiti politici”. <389 La corrente si rifaceva alla tradizione anarco-sindacalista e socialista rivoluzionaria, collocandosi alla sinistra di un operaismo comunque presente a Milano, proponendo l’azione diretta tramite scioperi a oltranza, boicottaggio e sabotaggio, ostruzionismo e rivolta armata vera e propria.
“Il suo carattere potenzialmente destabilizzante non diminuiva d’importanza a causa della modesta dimensione della corrente, che poteva essere relativamente compensata dall’attività dei suoi militanti e dalla loro particolare concentrazione in una categoria strategicamente importante come quella dei metallurgici”. <390
L’altra corrente di estrema sinistra è rappresentata, nel medesimo congresso, dalla Frazione sindacale comunista internazionalista, che subirà un pesante attacco da parte dell’ala comunista della CdL, fino ad arrivare alla censura della sua mozione su Battaglia del Lavoro e al tentativo della FIOM di escluderla dalle schede per le elezioni dei candidati al congresso provinciale. Gli internazionalisti rivolgono esplicite accuse di fascismo e ‘corporativismo’, oltre che di aver trasformato la CGIL in un ‘sindacato-prigione’ <391 che ingabbia gli operai attraverso ricatto e coazione; la loro proposta, classista e dichiaratamente a sostegno dello spontaneismo operaio, non prevede l’uscita dal sindacato, ma anzi un’azione di destabilizzazione al suo interno, con l’appoggio e la diffusione di azioni autonome della base: “Era questo l’aspetto più preoccupante per le correnti di maggioranza, soprattutto perché la forza della corrente si concentrava (quasi tremila voti) tra i metallurgici, considerati in genere dalla corrente come la ‘testa d’ariete’ del movimento sindacale per realizzare azioni di carattere destabilizzante per lo stesso sindacato”. <392
Infine, per quanto riguarda il Partito comunista, emergono critiche sul proseguire la partecipazione al governo anche quando a capo di questo si insedia De Gasperi. Il nuovo corso per l’economia lanciato da Togliatti risponde alla logica del partito di massa e di governo, cercando di ottenere cambiamenti nella politica economico-finanziari grazie alla pressione che viene dal basso. Nel Comitato centrale di settembre [1946], sono numerose le voci che chiedono una autocritica sulle gravi insufficienze rispetto a quanto fatto finora: “Longo, a questo proposito sostiene che ‘possiamo avere una politica di collaborazione col governo anche rimanendo fuori’. Pajetta ‘desidera che nel rapporto vi sia l’autocritica anche del CC del partito… si può stare al governo facendo un’azione migliore di quanto si è fatto finora’. Negarville si esprime in termini problematici: ‘Collaborazione al governo. Riteniamo che sia possibile realizzare un piano di ricostruzione con De Gasperi? Vi sono molti dubbi. Fuori del governo possiamo avere un piano di ricostruzione da opporre al governo? Penso di sì, però ammette che nel partito vi è un primitivismo che potrebbe non comprendere una nostra apparizione positiva fuori del governo’. Teresa Noce afferma invece apertamente che ‘passando all’opposizione del governo si deve tener conto che vi è una parte delle masse che già oggi si trova all’opposizione’ “. <393
Le interpretazioni dell’opposizione crescente, anche per la spinta che viene dalla conflittualità sociale esterna e interna, con il partito moderato non significano però, almeno non in tutti, una rottura dell’unità antifascista per aderire ad una logica di classe contro classe; rimane il principio ispirato del partito nuovo, il suo intento pedagogico di nazionalizzazione, che fa leva sulla mobilitazione di massa e sugli organismi del controllo operaio, ma per sostenere, dice Togliatti, una linea di unità nazionale, perché noi non possiamo disgiungere il concetto di democrazia dal concetto di nazione; la nazione è il popolo che si governa da sé e questa è anche la democrazia. <394
Il Partito comunista decide quindi di rimanere al governo, portando avanti la propria tattica di disciplinamento e utilizzo del conflitto sociale negli equilibri politici nazionali. Nasce, infatti, in questo periodo “il paradigma politico fondamentale cui il PCI farà costante riferimento nei decenni successivi, che consiste nella tenace ricerca e riproposizione di un accordo strategico tra le forze del movimento operaio e quelle del movimento cattolico. Questo accordo, realizzato transitoriamente e in condizioni eccezionali, è però connesso alla stessa genesi del partito comunista di massa, e ne segna potentemente la natura profonda”. <395
[NOTE]
389 Mozione di difesa sindacale rivoluzionaria, Battaglie del Lavoro, 26 febbraio 1947
390 J. Torre Santos, op. cit., p. 202
391 Manifesto-Programma della Frazione Sindacale Comunista Internazionalista, Battaglia comunista, 1-15 febbraio 1947
392 J. Torre Santos, op. cit., p. 203
393 R. Martinelli, op. cit., p. 123
394 P. Togliatti cit. in R. Martinelli, op. cit., p. 126
395 R. Martinelli, ibidem, p. 234
Elio Catania, Il conflitto sociale: “motore della Storia” o “tabù” storico-politico. Il caso di Milano nel secondo dopoguerra, Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Anno Accademico 2016-2017