Un erbario delle piante della città di Genova (3)

Fumaria per i fumi lievemente irritanti che produce se bruciata, abita i bordi dei marciapiedi e dei palazzi della nostra città. I fiorellini della Fumaria bianca ricordano zampini o cornetti di capra, ma non ci fanno affatto pensare alla famiglia dei Papaveri, alla quale la nostra pure appartiene. Dai fiori si ricava una tinta gialla utile nella tintura di tessuti e come colorante cosmetico. Utilizzata tradizionalmente nella farmacopea come colagoga, ovvero stimolante della produzione ed escrezione della bile, risulta utile anche come agente coagulante. Probabilmente avrete assaggiato, inconsapevoli, l’acido fumarico che è usato nella sintesi di resine e come acidulante in vari cibi confezionati come tortillas, biscotti o succhi di frutta.

Gli incolti urbani ospitano diverse specie di veri gerani, come il nostro Geranio minore, indigeni di piccole dimensioni rispetto ai loro parenti coltivati, che per la scienza appartengono al genere Pelargonium, proveniente, tramite la floricoltura, dal Sudafrica. Geranium per il suo lungo “becco” che sormonta i frutti (dal greco ‘géranos’, ovvero ‘gru’) e pusillum per le diminute dimensioni, si confonde facilmente con Geranium molle.

L’Aglio napoletano come tutte le numerose specie di agli non coltivati della flora genovese e italiana è una buona pianta commestibile, dalla fioritura abbondante e precoce. Il nome Allium ha un’etimologia indoeuropea e significa ‘caldo’, ‘bruciante’ per il gusto e l’odore pungente che si percepisce a strofinare la pianta. Le preferenze gastronomiche si dividono quando l’enzima allinasi agisce sull’ amminoacido alliina che trasformandosi in allicina produce i noti aromi potentemente agliosi. I buongustai veri, invece, fanno incetta dei bulbi che possono essere usati come quelli dell’aglio coltivato (Allium sativum).

L’Ombelico di Venere comune è una pianta grassa ben presente, con Sedum dasyphyllum e le felcette che incontreremo in seguito, sui muri di pietra, a formare una caratteristica associazione stabile e ricorrente. Il nome volgare è un omaggio ad una parte del corpo della più celebre bellezza muliebre. L’Umbilicus possiede proprietà diuretiche e veniva tradizionalmente usata per calmare irritazioni e ustioni della pelle. Se non ci si lascia scoraggiare dalla croccantezza carnosa, le foglie giovani, ricche d’acqua, sono commestibili. Lo svantaggio è che le ricette avranno però un nome leggermente inquietante, come ad esempio “Pesto di ombelico di venere”.

Lo stelo a sezione triangolare rende questo aglio selvatico ben riconoscibile. Molto diffuso e abbondante, come quello napoletano anche l’Aglio triquetro è apprezzabile in cucina. Si possono usare tutte le parti della pianta: bulbi, stelo, foglie, fiori. Come per l’Allium neapolitanum, il gusto risulta meno aggressivo dell’aglio coltivato e si presta bene per pesti, salsine o marinature oppure per farne degli sfiziosi fiori fritti in tempura.

“[…] Nelle tavole sono riportati il nome scientifico, il luogo e la data di rinvenimento; il nome italiano si trova invece nel testo. Per la nomenclatura è stata seguita la seconda edizione della “Flora d’Italia” di Sandro Pignatti (Edagricole, 2017-2019). Le brevi notizie che accompagnano le immagini sono scelte tra la immensa mole di conoscenze che la cultura umana ha accumulato sopra ogni specie; la scelta è quindi arbitraria, ma speriamo utile e interessante. Testi e disegni di Mario Calbi.Pietro Pala