Secondo il piano E27 Torino deve liberarsi da “sola”, senza l’aiuto degli Alleati

Per i comandi partigiani, da aprile [1945], le giornate si fanno sempre più intense.
Bisogna organizzare e pianificare, risolvendo ogni possibile problema militare, amministrativo o giudiziario.
“12 aprile: lunga, estenuante seduta di divisione a Giaveno, presenti tutti i comandanti di brigata. Questioni importantissime sulla divisione: composizione del comando, intendenza unica, polizia, informazioni, dislocazione delle forze in vallata, epurazione”. <92
Militarmente parlando, la strategia partigiana è quella di lasciare gran parte degli uomini in pianura, dislocandoli nelle vicinanze delle direttrici stradali Avigliana-Trana e Torino-Beinasco-Orbassano-Pinerolo. A Reano, Avigliana, Cumiana e Trana sono poste, invece, postazioni di controllo per assicurarsi un’informazione tempestiva sugli spostamenti nazifascisti. A tal scopo, ogni brigata ha anche il compito di organizzare squadre antisabotaggio, per sorvegliare ponti stradali e ferroviari.
Il piano E27 e la vittoria finale
18 aprile, ore 9: gli operai degli stabilimenti torinesi lasciano in massa il lavoro. Torino è paralizzata. Sono fermi i tram, i negozi sono chiusi, così come le scuole.
“La più forte protesta popolare che il regime e gli invasori avessero visto paralizzava dal centro alla periferia una città di ottocentomila abitanti. La Repubblica di Salò era sconfitta col suo bagaglio demagogico di riforme sociali. <93
L’eco dell’agitazione arriva ovviamente anche in val Sangone. Al mattino i partigiani bloccano la tramvia della Satti e subito dopo le fabbriche della zona chiudono. Anche i muri di Giaveno sono imbrattati da scritte che inneggiano allo sciopero.
“Sciopero generale! I muri vengono completamente coperti di falce e martello e iscrizioni inneggianti alla Russia. Neppure un “viva” all’Italia. Povera nostra Italia! Anche la facciata della stazione ne è piena zeppa”. <94
Questo sciopero generale dà inizio simbolico alla battaglia per la liberazione. Il 20 aprile le armate Alleate occupano Bologna e la oltrepassano, puntando sulla direttrice del Po. Il Cln, in permanente riunione, attende disposizioni da parte del Comando supremo alleato. Ma l’attesa non viene premiata. Il 24 aprile il Cln decide di passare all’azione, diramando a tutti i Comandi di Zona l’ordine tramite un telegramma:
“A tutti i comandi zona.
Comunicasi il seguente telegramma: ALDO DICE 26 x 1 Stop Nemico in crisi finale Stop Applicate piano E 27 Stop Capi nemici et dirigenti fascisti in fuga Stop Fermate tutte macchine et controllate rigorosamente passeggeri trattenendo persone sospette Stop Comandi zona interessati abbiano massima cura assicurare viabilità forze alleate su strade Genova-Torino et Piacenza-Torino Stop 24 aprile 1945″. <95
L’ordine rende operativo il Piano E27 (Emergenza 27), il progetto insurrezionale elaborato sin dall’autunno 1944 e successivamente modificato. Mentre le formazioni partigiane cittadine, le Sap e i Gap, con gli operai liberano e difendono le fabbriche, comincia la discesa delle formazioni esterne sulla città. Ciascuna formazione ha un percorso assegnato e una destinazione precisa cui arrivare <96.
Secondo il piano E27 Torino deve liberarsi da “sola”, senza l’aiuto degli Alleati. Questo perché è necessario rispondere sia ad esigenze sia militari, che politiche. Da una parte bisogna sostenere la battaglia contro i nazifascisti, dall’altro superare le diffidenze inglesi, che temevano l’instaurarsi di un governo socialista o peggio comunista, accelerando i tempi dell’insurrezione.
I compiti assegnati dal piano E27 alle formazioni della IV Zona sono vasti e delicati, sia per la vicinanza con Torino, sia perché ai margini occidentali del capoluogo sabaudo sono presenti consistenti forze tedesche in ritirata (la 34a divisione artiglieria e la 5 divisione Alpenjager, 35.000 uomini con mezzi corazzati al comando del generale Ernst Schlemmer).
Il 25 aprile la De Vitis sale sui convogli della Satti fino a Prabernasca, per poi proseguire a piedi attraverso Rivalta fino a Beinasco. Nella nottata del 26 l’intera Divisione raggiunge la cascina Gonzola dell’Ordine Mauriziano, presso Beinasco, dove le formazioni rimangono fino alle ore 13 del 27, quando riprendono la marcia verso Torino. <97
I primi a scontrarsi con il nemico sono i combattenti della “Sandro Magnone” che incontra, intorno le ore 14, nella zona di Santa Rita, due camionette tedesche. Incautamente i partigiani si scoprono, permettendo ai tedeschi, che avevano dichiarato la resa, di sparare alcune raffiche di mitra, che lasciano sul campo 6 uomini, le ultime vittime delle formazioni della val Sangone.
Guido Quazza, alla testa della “Ruggero Vitrani”, occupa l’ippodromo Mirafiori e la caserma Montegrappa, la “Ferruccio Gallo”, la Fiat Mirafiori, la “Lillo Moncada”, il Lingotto e la “Campana” corso Orbassano. <98
Nei cinque giorni successivi le bande partigiane rastrellano Torino, liberandola dagli ultimi cecchini. Contemporaneamente sono scarcerati sia Fassino che i fratelli Talarico.
La situazione in città è confusa. In mezzo ai partigiani si mescolano diverse ex camice nere, che cercano di “mimetizzarsi” per salvarsi da rimostranze, e delinquenti che vogliono sfruttare la situazione per atti di sciacallaggio. Solamente il primo maggio entrano in Torino le prime avanguardie anglo-americane. Alcuni partigiani della De Vitis risalgono in montagna accolti dalla popolazione festante e da celebrazioni rievocative.
“1° maggio: nel pomeriggio vado a Reano e a Giaveno: viaggio trionfale attraverso la vallata”. <99
Nel frattempo sono arrestati diversi sbandati dell’esercito di Salò, poi portati a Giaveno, dove il paese è abbastanza tranquillo e i suoi abitanti non mirano a vendette private come in altre zone.
“Se c’erano conti da regolare, credo l’avessero già fatto prima. In vallata non avevano avuto bisogno di aspettare la fine della guerra, come invece a Torino, dove Solaro è stato impiccato dopo la liberazione. È stato fucilato l’ex podestà di Cumiana, Durando, questo l’ho saputo, dicevano che l’avevano preso a casa sua a Torino, poi portato in paese e eliminato con un colpo di mitra vicino al cimitero. Però Cumiana è già fuori dalla val Sangone e poi lì c’era il ricordo dei 51 ostaggi fucilati dai tedeschi, era un’altra situazione”. <100
Per festeggiare la fine della guerra le fabbriche della vallata rimangono chiuse per una settimana, con le giornate che passano ricordando i caduti e facendo progetti per la ricostruzione.
“5 maggio: vado a Giaveno con la brigata Falzone per la cerimonia dei suoi morti: imponente e commovente;
6 maggio: grande sfilata dei partigiani a Torino: io in testa ai miei uomini per via Roma; entusiasmo e tripudio incredibili:
8 maggio: facciamo cerimonie per i caduti a Orbassano e Sangano. Sfilata trionfale a Giaveno. Inviti da ogni parte”. <101
[NOTE]
92 Guido Quazza, Un diario partigiano, cit., pag. 242
93 Mario Giovana, La Resistenza, cit., pag. 225.
94 Giuseppe Zanolli, Diario, cit. pag. 225.
95 Istoreto, Archivio originario, fasc. d, sottofasc. OM BIV PE27
96 http://www.70resistenza.it/
97 M. Fornello, La Resistenza in val Sangone, tesi di laurea, anno accademico 1961-1962, relatore Guido Quazza, p. 128.
98 Ivi, pag. 128.
99 G. Quazza, Un diario partigiano, cit., pag. 247.
100 Testimonianza di Irma Giai Piancera, classe 1924, commerciante di Giaveno, contenuta in G. Oliva, La Resistenza, cit., pag. 360.
101 G. Quazza, Un diario partigiano, cit., pag. 247.
Francesco Rende, Mario Greco e la Resistenza in val Sangone, Tesi di laurea, Università degli Studi di Torino, Anno accademico 2016-2017