Nei primi atti di resistenza in Francia vi sono anche dei militanti del partito comunista francese e degli stranieri comunisti e antifascisti

La repressione nazista [in Francia] si attivò subito proprio perché in zona occupata fin dal giugno 1940 si manifestarono delle azioni di protesta contro la drammatica invasione tedesca.
Julien Blanc nella sua tesi di dottorato ha ricostruito la storia del gruppo di studenti legato al Musèe de l’homme: essi compiono le prime azioni contro i tedeschi nell’estate del 1940.
Non è solo questo gruppo di intellettuali a compiere dei primi atti di resistenza (quali stampa di giornali e volantini clandestini, liberazione di prigionieri di guerra); vi sono anche dei militanti del partito comunista francese e degli stranieri comunisti e antifascisti.
Questi primi atti di resistenza in zona occupata sono nutriti da un diffuso clima di rifiuto, di disobbedienza e di ostilità nei confronti dell’occupante tedesco; non per forza questi primi resistenti che compiono delle azioni sono tutti dei militanti del partito comunista, ma è tutto un clima circostante che ne permette la realizzazione.
“Nei vasti territori occupati dall’esercito tedesco, la Resistenza ha cominciato a costruirsi e a manifestarsi senza farsi attendere. (…). Se il peso e la portata di queste prime manifestazioni della Résistance, furono minoritarie nel 1940-41, le opposizioni, le disobbedienze e le trasgressioni non furono d’altronde marginali. Silenzi, gesti di rivolta, strappo dei manifesti, come quello raffigurante il soldato tedesco che aiutava le donne francesi durante l’esodo, la manifestazioni, sabotaggi, attentati sono tutti modi di esprimere diffidenza verso l’occupante.” <186
Nella regione parigina le azioni che vengono portate avanti dai “resistenti” fin dall’estate del 1940, sono dei sabotaggi ai cavi elettrici e alle linee telefoniche tedesche, attentati contro dei beni, ma anche rivolte e manifestazioni spontanee fino ad arrivare a degli scontri aperti contro i soldati tedeschi a partire dal 1941.
Queste azioni si verificano oltreché nella capitale anche nelle zone del Nord-Ovest, e sono compiute da individui isolati spinti dalla delusione per la sconfitta francese nonché da gruppi che si vanno via via riorganizzando.
Un’altra azione portata avanti dai resistenti fu quella delle manifestazioni pubbliche che permettevano l’esteriorizzazione di sentimenti di malcontento, di collera, di aggressività. Tale tipo di aperta propaganda offriva anche un’occasione a quelli che la praticavano di conoscersi, di incontrarsi e in seguito di ritrovarsi.
Perché l’occupante risultasse fortemente impressionato occorreva che le manifestazioni fossero numerose. La prima manifestazione che suscitò un certo clamore fu quella degli studenti. Già mobilitati da alcune settimane, sfilarono in 6.000 nell’anniversario della Grande Guerra, l’11 novembre del 1940 sugli Champs-Elysées, nei pressi della Place de l’Etoile. <187 La polizia francese reagì per prima disperdendo i manifestanti a colpi di manganello, poi intervenne quella tedesca che sparò sui manifestanti e arrestò un centinaio di studenti sia liceali che universitari della Sorbonne.
Così il primo maggio del 1941 in rue des Pyramides, gli studenti cantano la ‘Marsigliese’ e fischiano al passaggio degli ufficiali tedeschi, la stessa canzone è cantata ancora una volta in maniera provocatoria in Place de l’Opéra davanti alla sede della Kommandatur con 600 manifestanti. Agli Champs-Elysées la folla applaude uno sconosciuto che lancia tre palloncini di colore bianco, blu, rosso e dei fiori sono deposti ai piedi della statua di Giovanna D’Arco.
Il 4 ottobre 1941, una macchina tedesca si scontra contro il Leone di Belfort, in Piazza Denfert-Rochereau, il monumento alla resistenza francese del 1870-1871: allora sfilarono ininterrottamente molti curiosi, commentando con un piacere evidente il carattere simbolico dell’incidente.
Dalla BBC si diffondono appelli per manifestare durante le feste tradizionali del 14 luglio e dell’11 novembre. Per la festa del 14 luglio del ’41, Pétain ordina raccoglimento e meditazione e alcuni rappresentanti della Delegazione del Governo Francese e della prefettura depongono fiori alla Tomba del Milite Ignoto. Tuttavia anche se le manifestazioni furono proibite, ci furono molti tafferugli in varie parti della città e qualche colpo di rivoltella. La polizia prese i nomi e gli indirizzi di coloro che avevano esposto i colori nazionali, coccarde, nastri, fiori all’occhiello, (1667 arresti secondo Michel): l’esposizione del tricolore francese era infatti stata proibita durante l’occupazione.
Vennero lanciati numerosi volantini da parte dei comunisti. <188 Il 16 luglio 1941, delle affiches rosse con bordo nero annunciano ai parigini l’esecuzione di due giovani, Henri Gautherot e Samuel Tyzelman, per avere “partecipato a una manifestazione proibita”.
Nel 1941, in seguito all’attacco all’URSS da parte del regime nazista, il clima di resistenza all’occupante cambia fortemente rispetto ai primi mesi d’occupazione. Il 21 agosto del 1941 in un rapporto politico redatto dal Console Orlandini per il Ministro degli Affari Esteri egli descrive così la situazione: “Se un anno fa Parigi proprio non portava dei fiori all’occupante, per lo meno non gettava dal balcone, al suo passaggio, dei vasi di fiori. Oggi gli attentati si susseguono e a questi le autorità tedesche rispondono fucilando i colpevoli, quando possono arrestarli, o fucilando degli ostaggi scelti nelle affollatissime prigioni. A Parigi e in provincia vengono continuamente commessi degli attentati contro le persone. Non sono presi di mira i soli tedeschi ma anche i francesi collaborazionisti. Il 22 agosto è stato sparato contro Laval e Deat. Il 3 settembre è stato assassinato il deputato Gitton. (..). Il 7 luglio due ufficiali tedeschi sono stati aggrediti nel centro della città. (..). <189 Sempre in questo rapporto Orlandini dà notizia che sui muri di Parigi è stato apposto da pochi giorni un severo manifesto in tedesco e in francese firmato dal Generale Stulpnagel, il comandante delle truppe d’occupazione in Francia, che riporta scritto “Qualsiasi persona che fa della propaganda comunista è considerata nemica della Germania ed è passibile della pena di morte.”
Il 22 agosto un sergente della marina tedesca è ucciso (…). A questi attentati fanno seguito sempre delle rappresaglie, e il 12 settembre del 1941 in un manifesto alla popolazione è annunciato che chiunque fosse stato trovato in possesso di materiale esplosivo sarebbe stato punito con la pena di morte.
Molti italiani emigrati negli anni venti e trenta rimasero a vivere a Parigi negli anni dell’occupazione e vi erano tra questi soprattutto quelli economicamente più poveri e che non appartenevano all’élite politica, o che erano quadri intermedi del partito comunista, o che molto più semplicemente non sapevano dove andare in un momento difficile e delicato come quello, né avevano i mezzi per potersi trasferire a sud della Francia, o fuggire in un altro paese.
Le prime azioni degli italiani contro i tedeschi vanno inserite quindi in questo quadro resistenziale che nei primi mesi del 1940 non ha ancora una sua struttura: le loro azioni come quelle di molti altri stranieri si inseriscono nel solco della tradizione delle organizzazioni comuniste che, anche se smantellate dal 1939, vivono clandestinamente e si riattivano subito per ricostruire le loro reti che già nel 1941 possiedono una loro struttura.
[NOTE]
186 J. Blanc, Au commencement de la résistance, Du côté du musée de l’homme 1940 – 1941, Paris, Éditions du Seuil 2010, p. 61.
187 Ivi, p. 52.
188 Rapporto politico del Console Orlandini del 15 luglio 1941, MAE, Rapporti politici, 1941-1942, b. 51.
189 Ivi.
Eva Pavone, Gli emigrati antifascisti italiani a Parigi, tra lotta di Liberazione e memoria della Resistenza, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2013