Poco meno di 300 persone, tra partigiani, patrioti e benemeriti, passeranno nelle Sap astigiane durante il loro percorso partigiano

Il Borgo Tanaro ad Asti. Fonte: Wikimedia

I primi gruppi di resistenza cittadina [ad Asti] nascono nel settembre 1943 e si costituiscono nelle fabbriche, attorno ai pochi militanti comunisti presenti in esse. Occorre subito precisare che, anche su tale questione, le testimonianze orali e la memorialistica militante appaiono poco attendibili, in quanto operano delle ricostruzioni create “ a posteriori”, specie per quel che riguarda il ruolo dei singoli militanti. Queste tentano di fotografare una situazione, sia per intenti mitizzanti, sia per necessità “burocratiche” concernenti la definizione delle qualifiche partigiane dopo la Liberazione, che è assai dinamica e “mossa” <89.
Quando alcuni intervistati affermano, ad esempio, a proposito di Remo Dovano (Donovan), partigiano e sappista astigiano, fucilato il 4 maggio 1944, “l’8 settembre fu uno dei primi a far parte delle squadre S.A.P., dirette in quei giorni da Tino Ombra, Vairo, Alciati ed altri” <90, in realtà intendono dire che questi militanti comunisti rappresentano la struttura iniziale della resistenza cittadina, responsabili, soprattutto, del “lavoro” nelle fabbriche. Saranno proprio loro, infatti, a svolgere un ruolo di primo piano negli scioperi del marzo 1944.
Anche per quel che riguarda la confusione nella denominazione delle organizzazioni, occorre una precisazione. Alcuni protagonisti delle vicende resistenziali astigiane parlano indistintamente di Gap e Sap <91 per indicare i nuclei cittadini con compiti di sabotaggio, incursioni e azioni dimostrative. Anche Benvenuto Santus cita la costituzione di un Gap in alcune relazioni <92, ma dall’estate 1944 non ne farà più menzione, citando invece, più correttamente, l’attività delle Sap. In realtà nessun Gruppo di azione patriottica opera ad Asti. Questi, costituiti su iniziativa comunista, eseguono attacchi diretti utilizzando militanti esperti che agiscono in clandestinità <93. Appare assai rischioso intraprendere azioni del genere in un contesto urbano, quale quello astigiano, che non permette certo l’anonimato e le vie di fuga di grandi città come Milano o Torino. Si aggiunga a questo la possibilità di “protezione” offerta, invece, dalle campagne e dalle colline circostanti. Assai più sicuro risulta, come infatti avviene, compiere delle azioni “mordi e fuggi” da parte di piccoli gruppi partigiani e ritornare, poi, velocemente alle proprie formazioni.
Invece, “Il sappista è un elemento legale, lavora nel suo mestiere e nella sua professione, agisce quando è chiamato. […] Il nucleo SAP si ritrova, sotto il caponucleo, nell’azione da compiere, al giorno e ora stabiliti, ritorna poi alla sua vita normale. Non porta armi con sé che durante l’azione” <94.
Le funzioni della Sap consistono in azioni di sabotaggio, nella raccolta di informazioni per le bande partigiane, nel “prelevamento di individui nocivi”, nel lancio di manifestini, nell’organizzazione di comizi volanti. Il comportamento da tenere è ben sintetizzato dalla regola ‘Stare zitti e parlare poco’ <95.
Le Sap, sotto il comando di Rinaldo Grasso, comprendono all’inizio meno di una decina di persone, “si facevano sentire ogni tanto con la distruzione di materiale bellico. Tutto questo dava fiducia alla classe operaia” <96.
La brigata Sap Asti, che raggiungerà nel corso del 1944 lo status di battaglione, può contare nel dicembre 1943 su 12 uomini. Le difficoltà nelle azioni sono numerose se, ancora a fine agosto 1944, con circa 70 uomini a disposizione, Santus (Fino) afferma “Siamo ancora molto indietro. […] Finora le SAP hanno svolto pochissima attività, hanno curato più che altro il recupero armi ma si sta attivandole per un’effettiva opera di sabotaggio” <97.
Durante l’autunno, l’arresto di un militante e il rischio per altri sappisti di essere “bruciati” inducono a meditare l’assorbimento di alcuni uomini da parte della 45^ Brigata Garibaldi. Questa battuta di arresto, insieme alle tensioni che si manifestano, sulle Sap, tra Pci e Pd’a, in seno al Clnp, sembrano infliggere un duro colpo alle squadre cittadine <98. La ripresa sarà considerevole, così come l’avvicendamento degli uomini: poco meno di 300 persone, tra partigiani, patrioti e benemeriti, passeranno nelle Sap astigiane durante il loro percorso partigiano <99.
All’atto della smobilitazione, la struttura raggiunge una consistenza complessiva di 165 volontari, distinti in 107 partigiani combattenti, 50 patrioti, 5 feriti, 1 mutilato e 2 caduti. Il battaglione risulta essere articolato in 4 distaccamenti (Callianetto, Valmanera, Palucco e Asti) e 3 squadre (I squadra interna est, II squadra interna centro e III squadra) <100.
Può essere interessante tracciare un profilo del sappista astigiano.
Il 68% dei combattenti risiede in città e il 57% del totale è operaio o svolge un lavoro assimilabile alla condizione operaia; poco più del 15% è costituito da contadini, il 9,5% svolge un’attività impiegatizia, circa il 7% è costituito da militari, tra cui alcuni ufficiali, quasi il 7% è artigiano e oltre il 3% è costituito da studenti.
Per quel che riguarda l’età, si può dire che la grande maggioranza dei sappisti sia nata prima dell’avvento del fascismo. Infatti, quasi il 42% del totale è nato prima del 1911 e il 33% tra il 1912 e il 1922, oltre il 19% è nato tra il 1923 ed il 1926 ed è la classe direttamente interessata dai bandi della Rsi e circa il 5% sono i giovanissimi, quelli nati dopo il 1927 <101.
Risulta, quindi, chiara l’estrazione urbana e operaia di coloro che operano nelle Sap cittadine. Questo è particolarmente interessante se pensiamo che, considerando il partigianato astigiano nel suo complesso, la quota di contadini è del 31% e quella di operai del 29% <102.
Il peso della classe operaia rivela, così, una forte politicizzazione che sarà centrale anche nelle lotte del dopoguerra. Un’importanza ed una combattività che emergeranno subito, già all’indomani della Liberazione.
[NOTE]
89 Cfr. Collettivo Gramsci Mago Povero, Gli scioperi del marzo ‘43-‘44 e gli inizi del movimento di resistenza in Asti, Asti, ciclostilato, 1975; Collettivo Gramsci Mago Povero, Ricerca su Remo Dovano, partigiano comunista,
90 Testimonianza di Secondo Dovano, in Collettivo Gramsci Mago Povero, Ricerca su Remo Dovano, cit.; cfr. anche Primo Maioglio, Aldo Gamba, Il movimento partigiano, cit., pp. 47-49.
91 Cfr. Ricerca su Remo Dovano, cit.
92 Cfr. docc. del 3 maggio 1944 e del 30 giugno 1944, FG, Pci, 13-5-13 e 13-5-19.
93 Cfr. Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, vol. II, Milano, La Pietra, 1971, pp. 475-477.
94 Prontuario del sappista, s.d., Israt, Fondo Doglione, b. 23, f. Sap.
95 Doc. dell’ 8 aprile 1945, idem.
96 Celestino Ombra, Il commissario Tino, cit., p. 176.
97 Doc. del 31 agosto 1944, FG, Pci, 13-5-32.
98 Cfr. doc. del 29 novembre 1944, FG, Pci, 13-5-38.
99 Cfr. Banca dati della ricerca su partigianato piemontese e società civile degli Istituti della Resistenza Piemontesi, coordinata da Claudio Dellavalle.
100 Cfr. docc. in Israt, Ricompart, b. 17, f. Sap.
101 Nostra elaborazione dei dati contenuti in Banca dati, cit. Non tutte le schede personali sono complete, ma i dati utili, oltre 220 nei casi più lacunosi, rappresentano un campione estremamente indicativo.
102 Cfr. Nicoletta Fasano, Storia quantitativa ed autorappresentazione, in “Asti contemporanea”, n. 2, 1994, p. 27.
Walter Gonella, Sindacati e lotte operaie in una realtà provinciale contadina: la Camera del Lavoro di Asti (1945-1962), Tesi di laurea, Università degli Studi di Torino, Anno Accademico 1998-1999