Il Partito comunista del 1948 e la difesa della sovranità nazionale

In gennaio [1948] si tiene il VI Congresso del Partito Comunista Italiano. Nel discorso di inaugurazione del VI congresso, Togliatti esordisce rivendicando tre obiettivi raggiunti dal partito: non c’è più la monarchia, è stata approvata una costituzione, è stato firmato un trattato di pace necessariamente duro ma che ha permesso all’Italia di riacquistare «lo stato di popolo libero». <144 Poi aggiunge: «E’ vero che altre forme di intervento straniero si manifestano ma la colpa di questo intervento ricade sui dirigenti di alcuni partiti che si sono asserviti allo straniero». <145 Più volte Togliatti ribadisce che l’indipendenza nazionale è in pericolo e che la guerra è minacciata da elementi interni e esterni: da un lato c’è la convinzione, frutto della cultura marxista-leninista di cui è impregnato il partito, che lo sviluppo capitalistico degli USA conduca necessariamente alla guerra; dall’altro il conflitto è reso possibile anche a causa di paesi europei come l’Italia, da cui non sono stati estirpati i germi del fascismo e «del tradimento nazionale del ceto dirigente capitalistico». <146
In occasione dell’apertura delle assise sulle pagine de «l’Unità» viene tracciato un quadro storico delle vicende del PCI: si ripercorrono gli eventi degli anni del primo dopoguerra, paragonandoli implicitamente a quelli del dopoguerra attuale: ‘La situazione creatasi in Italia nel primo dopoguerra era concretamente rivoluzionaria.[…] Ma i lavoratori italiani non avevano il “loro” partito, non avevano un partito rivoluzionario. La direzione del P.S.I. era finita nelle mani o dei riformisti (che tradivano apertamente la classe operaia predicando, sotto la maschera di uno pseudo «socialismo democratico», la collaborazione col grande capitale) o dei massimalisti, rivoluzionari a parole ma opportunisti nella pratica. Purtroppo i gruppi dell’Ordine Nuovo, guidati da Gramsci, non erano ancora pervenuti a darsi una organizzazione su scala nazionale. Prevalse perciò un’altra frazione del P.S.I., gli astensionisti capitanati da Amedeo Bordiga <147, i quali erano chiusi in un vuoto estremismo settario, in un massimalismo spinto alle estreme conseguenze’. <148
La narrazione delle vicende rivoluzionarie del “biennio rosso” sembra ripetere la struttura narrativa dei racconti nazional-patriottici: ci sono gli eroi sconfitti (i giovani di Ordine Nuovo), i nemici interni (i socialisti riformisti apertamente traditori, i massimalisti, opportunisti e i bordighisti, settari) e i nemici esterni (fascisti, capitalisti).
Su «l’Unità» del 7 gennaio 1948 viene ripreso un intervento che Mauro Scoccimarro, membro della direzione del PCI, tiene al VI Congresso nazionale del partito. Il discorso del dirigente comunista è centrato sulla necessità di formare un blocco di forze su base nazionale che si opponga alla «reazione» per difendere l’indipendenza nazionale e rifondare lo stato sul modello delle democrazie popolari del centro e dell’est dell’Europa. Scoccimarro si sofferma sulla questione della presenza della flotta americana nel Mar Mediterraneo: egli accusa il ministro degli esteri Sforza di non fare niente per difendere l’indipendenza nazionale di fronte al pericolo di essere ridotta a colonia. Infine in un riquadro ben evidenziato, dal titolo in stampatello maiuscolo “Disfattismo da quinta colonna”, vengono riportate le seguenti frasi pronunciate da Scoccimarro:
“Ma un’altra cosa ci ha insegnato l’invasore nazista: ed è il fatto che prima di occupare un territorio, il nemico aveva disposto una rete di agenti, pronti a consegnargli le chiavi della vita politica ed economica della nazione…c’è ormai una quinta colonna americana che lavora in Italia.[…] C’era per di più, […] dietro le truppe che combattevano sul fronte, la quinta colonna che faceva saltare i ponti e che poi diventava “governo quisling”. L’episodio vergognoso delle dichiarazioni di Palazzo Chigi, [quelle con cui il ministro degli esteri Sforza minimizza la presenza dei fucilieri americani inviati dal Dipartimento di Stato americano in Italia] concomitanti alla nota ufficiosa della ‘Voce repubblicana’, varranno a identificare a tutti che c’è ormai una quinta colonna americana che lavora in Italia”. <149
Scoccimarro opera un raffronto tra la situazione presente e quella recente della guerra contro il nazi-fascismo: come ieri gli invasori tedeschi occupavano l’Italia con l’ausilio dei complici italiani, i fascisti, così oggi gli americani minacciano l’indipendenza nazionale con la complicità del governo italiano, qui identificato con il ministro degli esteri Carlo Sforza. Quest’ultimo è uno dei bersagli preferiti: ad esempio, la firma del trattato d’amicizia tra Italia e Stati Uniti viene considerata da «l’Unità» la prova definitiva dell’asservimento del governo alla potenza straniera: il trattato prevede infatti, secondo il quotidiano comunista, un completo scambio di informazioni, con possibilità indiscriminata di accesso alle stesse.
In un numero del febbraio «l’Unità» pubblica un articolo tutto incentrato sulla formulazione di accuse nei confronti del ministro conte Carlo Sforza, che viene considerato il principale responsabile di quell’accordo.
L’articolo si conclude in questo modo:
E’ chiaro quindi che:
1 Carlo Sforza ha utilizzato, in America del danaro di potenze straniere;
2 ch’egli, per servire fedelmente i governi di potenze straniere ai quali era legato ha tradito gli interessi fondamentali, vitali dell’Italia
“. <150
Il 20 gennaio «l’Unità» pubblica le conclusioni del VI Congresso: sin dal titolo emerge che il PCI si presenterà alle elezioni di aprile come il difensore della democrazia, dell’indipendenza, della pace. In questo articolo c’è una ricostruzione delle vicende dei primi tre anni del dopoguerra: “lo sviluppo della democrazia italiana”, si scrive, “ha subito un pericoloso arresto perché sono stati esclusi dal governo, per imposizione straniera, e nonostante la loro forza parlamentare, i partiti più direttamente collegati con la classe operaia e con le masse lavoratrici […] Questo governo […] ha fatto dilagare nell’amministrazione pubblica la corruzione, ha agito come provocatore di discordia, di conflitti economici e sociali, di minacce gravi alle libertà democratiche. Esso tende a […] creare un’atmosfera di latente guerra civile”. <151
Nello stesso articolo, si legge questo sottotitolo: ‘Difendere la sovranità nazionale’. All’interno della sezione il discorso verte sull’accusa rivolta al governo democristiano di essere uno strumento nelle mani del Dipartimento di Stato, che lungi dal difendere il paese ne minaccia l’indipendenza mettendolo a rischio di essere travolto da una nuova guerra mondiale. «Il governo italiano, invece di difendere la dignità nazionale, la sovranità, l’avvenire della Nazione contro le sfacciate dichiarazioni e attività imperialistiche americane che vanno dall’intervento nella nostra vita economica e politica alle minacce di sbarco sulle nostre coste, agisce come servo dello straniero». <152
[NOTE]
144 Contro la miseria del popolo per il rinnovamento dell’Italia, in «l’Unità», 6 gennaio 1948.
145 Ivi. (corsivo mio)
146 Ivi.
147 Sic.
148 Raimondo Luraghi, Ventisette anni di lotta, in «l’Unità», 4 gennaio 1948, p. 3.
149 Disfattismo da V colonna, «l’Unità», 7 gennaio 1948.
150 Carlo Sforza capo degli italiani all’estero, in «l’Unità», 3 febbraio 1948.
151 Per una nuova democrazia, per la libertà, l’indipendenza, la pace, in «l’Unità», 20 gennaio 1948.
152 Ivi.
Luca Ciampi, Il Partito Comunista Italiano, la Patria, la Nazione. Studio de «l’Unità» del 1948, Tesi di Laurea Specialistica, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2013-2014