Sempre lì dove una volta era comune di Borghetto San Nicolò

Oggi da G. ho saputo che l’ormai dismesso negozio di alimentari, che ben conoscevo, una volta al piano terra della casetta, situata in Bordighera (IM) all’incrocio dell’Aurelia con Via Pasteur e in posizione pressoché perpendicolare rispetto, a levante, al torrente dal nome evocativo, Borghetto, casetta dove ha abitato una mia zia materna, prima del trasferimento a Genova, con il marito e con mio cugino, esisteva da prima dell’ultima guerra.

Sapevo già bene che la costruzione é molto vecchia, non fosse altro che fa da sfondo per una fotografia che ritrae il posto di blocco di frontiera provvisoria, ispezionato in quel mentre da un ufficiale inglese, delle truppe francesi, che all’indomani del 25 aprile 1945 occuparono sino a quella linea, data dal piccolo corso d’acqua, il nostro territorio.

Le lezioni di storia locale in tempo di guerra di G. non sono finite lì.

Mi ha raccontato delle spiagge non lontane quasi tutte minate.

Quasi tutte, perché il varco lui ancora ragazzino ed un suo coetaneo l’avevano trovato per andare a rifornirsi negli ultimi anni del conflitto di acqua di mare da cui, dopo elaborata lavorazione, ricavavano anche cinquanta chilogrami di sale al giorno, la cui vendita aiutava famiglie in evidente difficoltà economiche.

Dalle lontane falde di Montenero, a levante della città, arrivavano per alimentare la necessaria procedura di riscaldamento tronchi di pino, la cui fornitura veniva regolarmente pagata, tronchi (mi sono dimenticato di chiedere se il taglio degli alberi fosse stato del tutto legale) prima trascinati con corde nella discesa dalle alture e portati a destinazione con carretti di fortuna. Il padre di G. vigilava sull’arrivo di aerei o delle navi che bombardavano dal mare. Un giorno in cui i proiettili fischiavano l’amico di G. lasciò il cappotto nel sito della loro produzione: al ritorno l’indumento contava ben tredici fori! Il genitore non sapeva che G. si era già specializzato a smontare delle mine, da alcune delle quali lui ed il suo collega sapevano quale polvere estrarre per avviare al meglio i fuochi per le loro meno che artigianali vasche di cottura.

Finita la guerra G. ed il suo amico vennero adeguatamente remunerati per lo sminamento di un appezzamento privato della regione: é appena il caso di accennare alla pesante lezione impartitagli dalla madre non appena ella lo venne a sapere.

Il racconto di G. ha affrontato altre situazioni di pericolo, ma anche altri aspetti, connessi alla guerra. Talvolta lui e la famiglia (spesso ospitati nelle cantine del limitrofo collegio Beau Rivage da generose suore che sfidavano la sorte rimanendo ai livelli superiori), per non dire di alcuni vicini, andavano al rifugio più verso l’interno, dove si recava con i suoi anche mia madre: almeno così mi é parso di capire, ma sconto il fatto di non essere stato io molto attento a suo tempo in casa mia a questo tipo di narrazioni. C’é, poi, nel discorrere di G. la memoria, per me inedita rispetto a questo territorio, della raccolta e del riutilizzo della seta dei paracadute: paracadute dei bengala che almeno in un’occasione caddero copiosi, benché non accompagnati da bombardamenti di sorta.

Quanto sopra, odierna affabulazione di G. (da cui ho espunto invero poche cose, perché tante ne ho lasciate da parte per prossimi articoli) e gli avvenimenti, nonché le situazioni, riferiti, capitava rigorosamente nella parte a mare di quello che una volta era il comune di Borghetto San Nicolò, oggi Frazione (molto ridimensionata come ambito) di Bordighera (IM), come avevo già sottolineato qui.

Solo adesso mi torna in mente che si diceva (o si dirà ancora?) ai Piani di Borghetto…