È piacevole di sera ritrovarci al Caffè Testa

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In un certo senso, Albisola sta diventando [ndr: chi scriveva era Milena Milani] una piccola Atene. Intanto non è una spiaggia come tutte le altre. Voi cercate belle ragazze? Naturalmente in estate ci sono, camminano anch’esse in calzoncini cortissimi lungo la passeggiata a mare, dov’è il monumento in ceramica di Leoncillo, battono gli zoccoli di legno come cavalli giovani, e hanno quei bei visi con poco trucco, solo gli occhi bistrati come idoli egiziani.
Ma in più ci sono gli intellettuali, pittori, poeti, romanzieri, saggisti, filosofi, scultori, critici, mercanti d’arte, ceramisti, tutta una élite che fa di Albisola un posto unico tra le spiagge italiane. Il luogo, per chi non lo sapesse, è la Liguria, quella di Ponente, qualche chilometro prima di Savona, c’è un torrente che si chiama Sansobbia, ci sono colline con uliveti e frutteti, e il verde riposa gli occhi, se uno ha voglia va a fare una passeggiata lassù in alto, si gode una bella vista, il mare è grande, all’orizzonte compaiono le navi mercantili che vanno al porto di Savona.
La terra di Albisola, o meglio l’argilla è assai pregiata, qui ci sono sempre state fabbriche e artigiani, ma ora da vari anni gli artisti hanno incominciato a venire da queste parti, a lavorare e a produrre pezzi importanti di prim’ordine. La ceramica è diventata la passione, lo hobby di tutti.
C’è un personaggio, un tipo che dovrebbero far sindaco, o per lo meno offrirgli la carica di Capo delle Iniziative Culturali: si chiama Tullio Mazzotti, detto Tullio d’Albisola. Così lo chiamò Marinetti al tempo del secondo Futurismo, quando veniva a riposarsi in questo paese che prediligeva. Tullio ha pubblicato l’unico libro di latta che esista al mondo, contiene poesie scritte per una donna, e ogni pagina è di latta rigida e lucente. Un altro suo poema dedicato alle streghe di Liguria fu rappresentato a Pozzo Garitta, una piazzetta di Albisola (o meglio rifugio, evasione, oasi incomparabile), dove hanno lo studio Lucio Fontana, fondatore dello Spazialismo, Antonio Siri e Agostino Pisani, i cineasti Serpi e Gian Rocco, lo scenografo Luzzati. Davanti al mare, una notte di agosto, bruciammo una strega di paglia al lume delle torce.

Tullio d’Albisola (Tullio Mazzotti), per casa Giuseppe Mazzotti, Boccale policentrico follia anti imitativa di Tullio, 1930 – Fonte: Wikipedia

Tullio che ha una fabbrica di ceramiche, dove lavorano tutti i suoi familiari (la nipote Esa fa stupende collane, farfalle e lampadari, e il di lei marito Rinaldo Rossello si è specializzato in tartarughe di tutte le misure, sempre in ceramica, s’intende); Tullio, dicevamo, ha il principale merito di avere portato ad Albisola i più importanti pittori e scultori italiani e stranieri, da Arturo Martini a Fancello, da Giacomo Manzù a Marino Marini, da Karel Appel a Luigi Broggini, da Agenore Fabbri a Franco Garelli, da Giuseppe Capogrossi a Dangelo e Bay, fondatori del Nuclearismo, da Corneille a tanti altri.
Non si creda che con tutte queste personalità altamente qualificate, Albisola sia un posto noioso, dove la gente non si sa divertire. Anche qui si balla, ci sono orchestrine, c’è frastuono, si eleggono miss; tuttavia l’atmosfera è diversa, perché anche le persone normali, i così detti villeggianti, sono intossicati dal bacillo dell’arte, partecipano alle mostre, vanno alle conferenze, ascoltano la lettura di poesie.
Anche Pescetto, il celebre ristorante che Aligi Sassu ha affrescato per oltre cinquanta metri quadrati, dove passano tutti i tipi noti in Italia e fuori, e dove si mangia il miglior fritto di pesci di tutta la Riviera di Ponente; anche Pescetto, che prende il nome dal suo proprietario, è diventato un posto intellettuale, un luogo di ritrovo di artisti: ci viene Lam, il pittore cubano che vive ormai quasi sempre ad Albisola; ci viene il cileno Echaurren Matta; vi trovate la cantante colombiana Helenita Olivares; il pittore e scrittore francese Jean-Jacques Lebel che con l’amico Alain Jouffroy ha scandalizzato Parigi con l’Antiprocès; c’è Caterina Fabbri con il figlio Luca; lo scultore Grosso; il pittore torinese informale Franco Assetto; ci vengono il dicitore Franco Aloisi; Luciano Pistoi, di “Notizie”; vi si possono incontrare Francesco Manzitti, la marchesa Carina Negrotto Cambiaso, tra un volo e l’altro dei suoi numerosi apparecchi da turismo, la scrittrice Minnie Alzona, la pittrice triestina Franca Lucardi, la pittrice romana Valeria Alberti, lo scrittore Beniamino Joppolo, il critico francese Edouard Jaguer. Non esistono distanze, per raggiungere un posto tanto caratteristico, le cui trenette al pesto o l’insalata di bianchetti restano nel ricordo come una delle poche delizie concesse al palato umano.
Pescetto ha aperto anche una galleria d’arte, in un posto che prima era una fornace e ha lasciato i muri grezzi, con soltanto una mano di calce, ha chiamato come direttore Nino Wam, e gli artisti non si fanno pregare per esporre. Nella galleria fu anche rappresentato un dramma sacro di Paolo Alfredo Moresco, dal titolo “Lazzaro”, con l’interpretazione del gruppo Teatro Sperimentale di Genova; fu una manifestazione suggestiva, in un clima da iniziati, applausi, rinfreschi, e la soddisfazione di sentirsi la anima leggera, purificata su di un testo del Vangelo. Era la fine dell’estate, la gente terminava le vacanze, incominciava a venir fuori quel vento ligure che spazza via le nuvole, butta per aria la sabbia e l’acqua del mare diventa gelida.
Albisola ha moltissime gallerie: è anzi l’unico paese di villeggiatura che ne abbia tante, in proporzione come Milano, Roma o Parigi. Non si contano nemmeno più, se ne aprono di continuo, specialmente in estate quando ci sono molti artisti; e gli artisti si avvicendano ogni dieci giorni con le loro mostre (nella galleria del Comune, nella Piazza del Municipio, hanno esposto ultimamente Elena Schiavi, Eliseo Salino, Siri, Castellani, Dada Maino, Santini); sono mostre tradizionali o d’avanguardia, perché qui c’è posto per tutti.
Gli albisolesi, di solito, non si spaventano davanti all’arte più avanzata, o meglio, non si scompongono nemmeno più, hanno un gusto eccezionale, accettano quadri di un solo colore, o le strisce di carta, lunghe venti, trenta metri, come quelle di Piero Manzoni, discendente dello scrittore; i buchi e i tagli di Fontana sono ormai un fatto scontato, come le sue ultime sculture, enormi boules di creta, sulle quali lo straordinario artista sferrava pugni (ribellione? disperata irrequietezza? certo la vita di oggi porta a queste forme insoddisfatte); gli albisolesi accettano quadri e ceramiche del danese Jorn, uno degli artisti più quotati internazionalmente, e al quale il sindaco Ciarlo, che è anche collezionista, ha concesso la cittadinanza onoraria (con lui, l’hanno avuta Fabbri, Fontana e Sassu). Jorn, che molti ricordano quando arrivò anni fa ad Albisola (viveva in una bottega che aveva diviso con un tramezzo), ha comperato ora una vecchia casa a Cà Bruciati, sulla collina, era la casa natale di Giuliano della Rovere, papa Giulio II, protettore di artisti. Jorn ci vive con la famiglia, scende raramente in paese, ci veniva l’anno scorso quando eseguì nella fabbrica di Salino la più grande ceramica di tutti i tempi: un lavoro di novanta metri quadrati che ora è in Danimarca, in una scuola.
Anche Crippa non impressiona più Albisola: la sua macchina da corsa passa ancora rombando, ma gli albisolesi la vedono come parte del paesaggio, e quando lo spericolato pittore vola sulle loro teste con il suo aereo da turismo dove porta anche la moglie Nini e il figlio Giulio, alzano appena lo sguardo senza fare commenti. Gli albisolesi hanno visto tanta gente: dal belga Wycaert che alloggiò per mesi in casa del maestro Zenodocchio, al critico Michel Tapié de Celeyran, discendente di Toulouse-Lautrec, che giunse dal Giappone; dagli Smith, due giovani, marito e moglie che hanno una galleria a Bruxelles, alla giornalista Luce Hoctin, della rivista francese L’oeil, dall’intelligenza acuta come un filo di rasoio; dal pittore Gimo Pittaluga, soprannominato “giacca di cuoio”, dopo che fu eternato in un racconto con quel titolo (autrice fu la sottoscritta…), al candido Giovanola, scultore di cavalli e angelico conversatore. Quanti tipi, quanti strambi tipi, uno diverso dall’altro, ognuno con la sua scintilla, il suo lampo di ingegno.

Ceramica nella passeggiata di Albisola – Fonte: Wikipedia

Vanno e vengono, ripartono e poi ritornano. Questo paese non ha niente e ha tutto: infatti ognuno ci mette radici. Anche Cardazzo, veneziano, ce le ha messe; gli piace – dice – la cordialità, la semplicità della gente; gli piace il clima, quel fresco che c’è di sera, che dà lucidità al cervello, invece del caldo sciroccoso che c’è sulla laguna; gli piace, e la fa anche, la ceramica. Una sua “Bomba Atomica” è esposta da Mazzotti: alta, imponente, pericolosa, a punte, dove il colore cola, dove tutti i colori mescolandosi creano una sensazione di paura, questa “Bomba” è uno degli argomenti di cui spesso si discorre. [ndr:  a questo collegamento immagini delle sale della Fondazione Museo di arte contemporanea Milena Milani in memoria di Carlo Cardazzo, Piazza Chabrol, 1 – Savona (SV) – [email protected]]

Un altro, è la festa che Cardazzo dà nella sua casa di fronte al mare, di solito è una festa a tema obbligato, una volta fu “L’invasione dei Turchi”, c’è, in proposito, una fotografia, diventata un documento storico. A queste feste viene gente da ogni parte d’Italia e fuori; da Roma, Franco Gentilini con la moglie, Capogrossi con Costanza Mennyey (oh le risate di Costanza, le sue bizzarre esplosioni di gioia); da Parigi, arrivano Gualtieri di San Lazzaro con Maria Papa Rotskowska, anche lei ceramista; il mercante Augustinci; il pittore rumeno Istrati con la moglie pittrice Natalia Dumitrescu; il pittore russo Serge Poliakoff con Marcelle e Alexis; da Basilea, Marie-Suzanne Feigel; da New York giungono Leo Lionni, direttore artistico di “Fortune”, il pittore Rosario Murabito; ecco da Lecco, il collezionista Frigerio; da Venezia, il pittore Mario Deluigi; da Torino, la giornalista Laura Bergagna; da Milano, l’avvocato Paride Accetti, il filosofo Dino Formaggio, Garibaldo Marussi con la moglie Liana, il poeta Antonino Tullier, il pittore Sirio Musso, il pittore Kodra, e tanti altri.
A mezzanotte, nel clou della serata, quando saltano i turaccioli delle bottiglie di Veuve Cliquot (come sono ancora ingenui questi intellettuali), il poeta savonese Pennone declama versi di Farfa e di Marinetti, Otty Seitun improvvisa con estro danze esotiche, il pittore Mauro Reggiani contempla pensieroso il vuoto. Alle prime ore dell’alba, le cameriere della Pensione Orizzonte, che è al piano di sopra, porteranno spaghetti al burro e pomodoro, si taglieranno arrosti, si aprirà tutto lo scatolame contenuto nei frigoriferi; e infine, quando il sole si incomincia a intravvedere, tutti andranno alla Piscina dei Bagni Sport, che è proprio sotto casa, e la cui acqua fredda e verde è appena smossa da un leggero vento.
Il vento, ad Albisola, ha una parte preminente, ogni momento il cielo muta, nuvole passano e ripassano, e quando il cielo è sgombro, è di un bell’azzurro, carico, invitante. Anche il mare è azzurro, naturalmente quando le navi non stanno giorni e giorni al largo e la loro nafta non viene a riva. In quei tristi giorni, con le gambe sporche di catrame, tutti siamo costretti a fare grande uso di benzina; tuttavia anche così Albisola ha un suo fascino, una sua bellezza.
È piacevole di sera ritrovarci al Caffè Testa, in Piazza (si è stanchi, dopo aver trascorso il pomeriggio a far ceramiche; una fabbrica oggi è molto in voga, è la Ceas, che oltre tutto ha un bel frutteto, così si lavora e poi si mangia pesche saporite…); al Caffè non si fanno troppi discorsi, c’è chi legge, chi guarda la televisione, chi gioca a boccette; qualche volta vi si incontra Emilio Scanavino, di cui tutti parlano come della più importante rivelazione alla XXX Biennale di Venezia, abita a Varigotti, ma viene spesso ad Albisola a trovare gli amici; ecco il pittore savonese Mario Rossello, Annaviva e Venturino, il francese Jean Costanzo, il comm. Cesati, Pupa e Livio Garzanti che abitano nella incantevole Villa Gavotti, Mimmo Sala, Silvio Sabatelli, che dirige “Liguria”; ecco ancora i fedeli amici degli artisti, il medico Federico Seitun, l’ingegnere Mario Bardini, il professor Scalfi, il dottor Riccardo Ricotti; e qualche rara volta (amano la solitudine e vivono appartati), il poeta Angelo Barile, il ceramista Bianco (nella cui fabbrica lavorano molti pittori), l’umorista Carletto Manzoni con le due bellissime figlie, il pittore G. B. De Salvo, Virio Da Savona, la scultrice Renata Cuneo, la ceramista Lina Poggi, il ceramista Quattrini, lo scultore Roberto Bertagnin, il poeta Adriano Guerrini, direttore di “Diogene”, il pittore-poeta futurista Farfa.
La piccola Atene non vive sugli allori, ogni estate Albisola movimenta la sua stagione con premi, raduni, discorsi; a Ferragosto il Sindaco riceve gli artisti in Comune e offre un nostralino e pesci fritti; ogni anno a Pozzo Garitta si leggono poesie di poeti liguri, da Sbarbaro, a Montale, da Grande, a Caproni, sino ai giovani più rappresentativi; persino il vigile chiude un occhio a qualche infrazione e il bagnino Michel Angelo Aprile, il più simpatico lupo di mare del posto, offre agli artisti la sua barca per una gita. Chi è stato ad Albisola non dimenticherà più le grida inconfondibili dei ragazzi ingaggiati dalla famiglia Mantovani (padre, madre e quattro figlie) che ha un banchetto sulla via Aurelia; con un grembiulone bianco, dov’è ricamato a punto erba con il filo rosso il nome della ditta, e un cesto carico, passano lanciando il loro richiamo: krapfen caldi, krapfen bollenti.
State sicuri che su questa spiaggia non si dorme, i ragazzi dei krapfen Mantovani sono quindici, guadagnano dieci lire per ogni krapfen venduto, percorrono la spiaggia a ritmo indiavolato, via uno, ecco l’altro che arriva, sempre gridando a voce alta, perché devono farsi quelle cinquecento-mille lire giornaliere. Il capo dei ragazzi è Lino Vezzoso, un biondino di quattordici anni, studente all’Avviamento, che era stato rimandato in matematica e disegno, ma ora è stato promosso.
Milena Milani, I giorni di Albisola, in “Le Arti”, (Milano), a. X, n. 11-12 dicembre 1960, p. 21, qui ripreso da Gaspare Luigi Marcone, Piero Manzoni (1933 – 1963). Scritti e documenti (1956 – 1963), Tesi di laurea, Università degli Studi di Milano, anno accademico 2017/2018