Come se le lettere d’amore di Calvino, d’un tratto, fossero esplose in tanti pezzi

In questa categoria di donne in possesso di manoscritti rientra la bellissima attrice Elsa De Giorgi, non una vedova, non una moglie, ma l’amante di Italo Calvino e anche questo caso fu un esempio di un fortunoso arrivo di autografi al Fondo. È stato sicuramente il caso a volere che la Corti e la De Giorgi si incontrassero, ma fu la passione della studiosa a convincere la contessa a cedere le sue lettere d’amore al Fondo. Maria Corti doveva tenere una conferenza a Roma la domenica del 13 novembre del 1994. Arrivata due giorni prima nella capitale, le venne in mente l’epistolario di Calvino in mano ad Elsa De Giorgi che era in città intenta ad ordinare un prezioso fondo destinato alla vendita all’estero presso una banca svizzera e così si recò a casa sua, in Villa Ada numero 4, dove l’attrice le venne incontro nell’atrio.
“Il pensiero di essere a contatto con un suo favoloso epistolario, che forse stava per lasciare prima della fine del 1994 l’Italia, mi dava inquietudine, quasi sgomento”. <42
La De Giorgi mostrò tutte le lettere che i suoi amici intellettuali, registi, attori, pittori, critici d’arte le avevano mandato nell’arco della sua vita: aveva sempre adorato circondarsi di persone straordinarie e aveva reso la sua casa un luogo d’incontro apposta per quello. Tra queste lettere c’erano anche quelle di Calvino, oltre trecento lettere d’amore: come si poteva permettere che queste andassero fuori dall’Italia depositate in una fredda banca svizzera? Dopo che la De Giorgi la richiamò chiedendole un’enorme somma di denaro, alla Corti venne in mente una brillante idea che solo la passione poté ispirarle: pensò di mandare un appello giornalistico indefinito ad un indefinito destinatario, un Sos via stampa che ottenne felice risposta. L’indomani Carlo Caracciolo, presidente del gruppo dell’Espresso offriva i primi cento milioni e dopo di lui vennero fatte altre generose offerte “la Cariplo, la Banca del Monte di Lombardia e la Regione Lombardia cooperarono a compiere un miracolo” <43.
L’epistolario più bello del Novecento italiano arrivò così, nel novembre del 1994, al Fondo e Maria Corti – che ha letto tutte le lettere <44 – descrive con vivezza l’emozione di averlo tra le mani; oltre settecento pagine manoscritte che sembrano non appartenere allo stesso tempo vissuto dai due amanti al di fuori dell’arco degli anni in cui hanno avuto esperienza del loro amore. Non ci sono molte date, un dialogo d’amore ininterrotto che “balza fuori dalla continuità del tempo, nutrito com’è di momenti di estasi”, prima e dopo del quale i due amanti erano Italo uno scrittore ed Elsa solo un’attrice bellissima. In quelle lettere d’amore sono esistiti insieme e in una condizione in cui non sono più riusciti ad esistere altrove, ed è proprio questa la magia dei tesori raccolti nel Fondo e il segreto malinconico di ogni storia d’amore.
“Colpisce una purezza lirica inattesa: l’uomo giovane, l’impiegato dell’Einaudi che vive in camera ammobiliata a Torino, si accorge di una cosa a cui non aveva mai creduto, che la felicità esiste. (…) È una sorta di inno alla memoria, che come una conchiglia sonora gli amplifica le parole di altre sere lontane e piene di incantesimi, gli fa sentire nell’orecchio il ritmo musicale della felicità. Calvino considera tali ricordi un segreto legame fra lei e lui sicché basta un incontro di parole perché i due si trovino l’una nell’animo dell’altro.”
In Vuoti del tempo <45, libro rimasto incompiuto, Maria Corti si congeda facendo una valutazione dei propri “tempi salvati, persi, recuperati” e lasciandoci dei ritratti di alcuni tra i più cari intellettuali e amici: Montale, Sinigaglia, Contini, Mattioli e Calvino. L’intenzione della Corti quindi, era quella di fare un bilancio, attraverso i ritratti di questi maestri e attraverso le loro lettere, vagliando le confidenze e i segreti del loro laboratorio.
[…] Tutto quello che è stato analizzato fino ad ora ci permette di fare alcune riflessioni o sollevare alcune questioni che nel corso di questa trattazione sono già state affrontate o risolte parzialmente. Come prima cosa il fatto di non avere il carteggio completo e consultabile ci ha posti di fronte ad un problema immediato, ovvero il fatto che ogni lettera è esposta a molti rischi di decontestualizzazione: dei frammenti e brani di lettere rinvenuti, probabilmente non tutti – forse addirittura la maggior parte – sono stati utilizzati e sistemati nel contesto in cui erano nati. Chiaramente ho cercato di seguire un filo logico, garantito anche dalla narrazione delle vicende da parte della De Giorgi, che potesse rendere plausibile il mio discorso e talora le mie ipotesi. Immersa nella situazione, con un animo partecipe, mi è parso che il discorso da me fatto abbia trovato qualche buon elemento per trarne la sua pertinenza. Resta il fatto che ogni pezzo di lettera, nel suo essere frammento, non ha probabilmente avuto una sistemazione che lo riconducesse con estrema certezza al suo luogo di origine: è come se le lettere d’amore di Calvino, d’un tratto, fossero esplose in tanti pezzi che, se non possono ritornare ciascuno alla loro “lettera-madre” sanno però di appartenere tutti ad una stessa mano, ad una stessa voce, ad uno stesso pensiero rivolto ad un’unica donna.
Alimentandosi di questo statuto d’incertezza, soprattutto alla luce dei problemi di datazione a cui sono soggette, le lettere si sono quindi rivelate l’espressione di un unico discorso in cui Calvino si ritrova solo e in cui ha bisogno di raccontare tutto di sé stesso, in un carteggio che si rivela così, nella sua letterale frammentarietà, appassionato, inaspettato e privato. Il discorso di Calvino non si costituisce però in un monologo: Elsa gli risponde lettera per lettera, a costo di farlo aspettare a tal punto che, lettera dopo lettera, anche in questo caso, l’attesa amorosa viene a configurarsi come una costante. Anche quando Calvino è solo, il suo non è un monologo, la presenza di Elsa De Giorgi lontana è comunque intensa e fortissima. Non è però neanche un dialogo: nel tentativo di parlare con l’altro egli non fa che parlare con sé stesso quasi stesse elaborando una nuova poetica.
Come detto, una linea guida alla sistemazione delle lettere allo scopo di ordinarle secondo un discorso compiuto è risultata la narrazione di Ho visto partire il tuo treno che è propriamente diverso da un romanzo epistolare ed appartiene, più che altro, al genere memoriale. Sebbene non sia di per sé un romanzo indimenticabile, lo diventa nel momento in cui si ha coscienza di ciò di cui l’autrice sta parlando: diventa indimenticabile se si pensa che il Calvino a cui si riferisce è proprio il Calvino adorato dai suoi lettori, quello che avrebbe loro regalato Gli amori difficili, il Barone rampante, Marcovaldo, Se una notte d’inverno un viaggiatore e Le città invisibili, solo per fare qualche nome.
Come un romanzo epistolare, però, Ho visto partire il tuo treno prevede l’inserimento di molti brani tratti da una corrispondenza; infatti in un romanzo epistolare il pretesto del racconto si può avere, molte volte, proprio con la raccolta e l’ordinamento delle lettere; e già il fatto di scegliere e riordinare le carte di una corrispondenza reale, ha un che di romanzesco. Il caso Calvino-De Giorgi si presta di per sé ad essere il soggetto per un possibile romanzo epistolare perché del romanzesco ha tutte le caratteristiche.
Un romanzo epistolare può nascere così dal montaggio di documenti autentici la cui sequenza autorizza lo sviluppo del racconto, ed è proprio per questo che, il più delle volte, si presentano dei vuoti (che possono ben corrispondere ad importanti ellissi narrative) in corrispondenza dei ricongiungimenti dei due amanti, che smettono di scriversi quando si vedono.
Il genere perciò, sembra di per sé poco compatibile con l’espressione della felicità, non tanto perché quest’ultima non ha storia, quanto perché non c’è bisogno di avvisare chi la condivide con noi. Il ricongiungimento cui tende lo scambio epistolare segna e coincide anche con la fine di quest’ultimo, che è quindi sempre segnato dall’esperienza della mancanza. Generata dall’assenza, la lettera rimane ad un livello sottostante rispetto alla presenza fisica e a un livello superiore rispetto al silenzio, in uno stato intermedio di sostituto della persona e della parola <188. Questo però non vale allo stesso modo per Calvino che scrive lettere all’amata sempre, sia estenuato dalla lontananza, sia subito dopo aver passato degli splendidi giorni d’amore; sia tristissimo sia al culmine della sua felicità.
Lo scrittore che vive con il tormento l’attesa al telefono o l’attesa di un’altra lettera diventa un’efficace metafora dell’uomo moderno, o meglio postmoderno, che si confronta con i paradossi del progresso. Per questo Maria Corti ha letto nelle lettere un cambiamento di giudizio dello scrittore riguardo al telefono e al treno, oggetti prima di allora da lui odiati. Insufficiente per natura, la lettera ricerca sempre qualcosa in più, e qualcosa d’altro – anche soltanto un’altra lettera -, o meglio un appuntamento.
Detto questo, dopo aver analizzato e letto gli stati d’animo di Calvino e i turbamenti che lo segnarono in quegli anni, contrariamente a chi dice (compresa la moglie Chichita) che le lettere siano ciò che di più inattendibile si potrebbe leggere di qualcuno, perché chi le scrive adegua la sua scrittura allo stile di chi le riceve, si può affermare, a mio avviso, che le lettere si sono invece rivelate espressione intima dell’animo del loro autore. Si può restituire in tal modo per un momento il valore letterario a loro tolto, che invece secondo me hanno senza ogni dubbio. Se ciò infatti non vale per tutti i casi di carteggi, in questo caso vale moltissimo. Resta, inevitabile una domanda: può l’erede dei diritti di un autore negare una autorizzazione che lo scrittore aveva accordato? Può l’erede negare la lettura di un carteggio così importante come questo? Lo può in un piano strettamente giuridico, conferma Maria Corti: «Dal momento in cui l’autore muore la volontà che conta è quella degli eredi. È come se Calvino fosse vivo ed avesse deciso di revocare l’autorizzazione perché ha cambiato idea». Il 1955 è molto lontano e la moglie non sa nulla di quel Calvino innamorato della De Giorgi, ma in base al Calvino che tutti conoscono, quello riservato, schivo e timido, le lettere d’amore di Calvino devono restare, almeno per ora, inedite. Una cosa però è chiara da quello che abbiamo potuto leggere del carteggio: Calvino si mostra come un Calvino nuovo, diverso, segreto e inedito come le lettere che ne serbano la sua testimonianza. Le lettere non solo sono espressione di un pensiero indifeso e per questo attendibile e autentico, ma dimostrano anche come ogni persona sia composta di tutto quello che ha pensato, ha fatto, di tutte le scelte prese, ma anche di quelle scartate. Ciascuno di noi infatti si mostra per ciò che è, ma anche per quello che l’Altro non vede, non ha visto o non sospetta che possa appartenergli. Solo perché da innamorato pazzo Calvino sembra diverso, a tal punto da sembrare un anticalvino, non vuol dire che proprio in questo amore non abbia trovato un antibiotico contro sé stesso.
Alla luce di quello che abbiamo detto in questa trattazione, analizzando i contatti tra alcuni lavori di quel giovane Calvino e la sua vita di allora, risulta difficile se non impensabile dire che Il barone rampante sarebbe stato lo stesso anche se Calvino non avesse incontrato l’amata contessa com’è impossibile stabilire se Viola sarebbe stata Viola se non fosse stata Elsa De Giorgi o se La nuvola di smog avrebbe trovato ragione d’esistere anche senza la stanzetta e la signora Margariti o senza Claudia. Questo vale per Gli amori difficili, vale per la dedizione alle Fiabe che hanno risolto un po’ del rebus senza soluzione su chi sia il vero Calvino e quale la sua vera natura, di realista o di favolista. Se non possiamo escludere le influenze dell’Oulipo, di Parigi, di New York, del Pci, dell’Einaudi nella definizione di tutto quello che è Calvino, non possiamo neanche farlo per quanto riguarda il suo amore per Elsa De Giorgi, come non lo si fa per la sua infanzia nel giardino botanico o le sue estati sugli scogli. Il Calvino che venne dopo sarebbe stato d’accordo nel dire che il vero Calvino è fatto di tutti i Calvino possibili, compreso il Calvino innamorato di Elsa De Giorgi, e c’è da rassicurarsi su una cosa: “l’attributo della situazione amorosa è l’irrealtà”. <189
[NOTE]
42 Maria Corti, Ombre dal Fondo, Einaudi, Torino 1997, pag. 91 e seguenti
43 Da Calvino, L’amore elettronico che non leggeremo mai di Sergio Trombetta del 7/01/1995 si legge la notizia: “All’Universita il fondo De Giorgi. Pavia. L’appello di Maria Corti sta per essere accolto, l’ultimo tra i tanti lanciati in questi anni affinchè i documenti legati alla vita e al lavoro dei grandi protagonisti della vita e della cultura italiana non escano dal nostro Paese. Il fondo Elsa De Giorgi, composto da circa 2000 lettere di intellettuali di ogni settore, da Strehler a Fellini, e con un blocco molto importante di lettere di Italo Calvino, non andrà all’estero, acquistato come si temeva da un forte sponsor svizzero, ma sarà conservato presso il Fondo Manoscritti di Pavia. Il rettore dell’Università dovrebbe annunciarne l’acquisto nei prossimi giorni: 300 milioni, a quanto sembra, per testimonianze, anche politiche, di grande rilevanza. Cifra da nulla ma, ancora una volta, quanto faticosamente racimolata, grazie soprattutto alla magnifica “cocciutaggine” di alcuni nostri studiosi.”
44 “Riferire con precisione il contenuto di queste lettere sarebbe arduo, forse inutile dato che l’attributo della situazione amorosa è l’irrealtà; e sarebbe anche inopportuno in quanto ormai le lettere di argomento amoroso e strettamente privato sono chiuse sotto sigillo per venticinque anni” da M. Corti, Ombre dal Fondo, Einaudi 1997, pag. 93
45 M. Corti, Vuoti del tempo, Bompiani, Milano 2003
188 Da Deviazione della lettera di Christine Planté p. 213-235 in F. Moretti, Il romanzo IV: Temi, luoghi, eroi, Einaudi, Torino, 2001
189 Con queste parole Maria Corti suggella la situazione amorosa di Calvino e la De Giorgi vissuta e custodita nella letteratura nascosta del carteggio.
Eugenia Petrillo, Italo Calvino ed Elsa De Giorgi: l’itinerario di un carteggio, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2014-2015