Circa il ruolo mitologico dell’iconologia legata all’assassinio di John Fitzgerald Kennedy

“The need in contemporary society for cultural models to reflect and represent the fast-changing nature of the world has often resulted in the complex process of mythologization by which events, personalities and ideas acquire additional cultural gravity, a new and intricate web of interrelated meanings and an altogether more condensed sense of importance to the society which creates them”. <1
L’incessante e multiforme iter dell’iconologia legata all’assassinio di John Fitzgerald Kennedy all’interno del panorama artistico e visuale negli ultimi decenni presenta una tale forza pervasiva da portare a riflettere sulla possibile idea di mito contemporaneo. Nonostante l’enorme mutamento che le pratiche artistiche visuali hanno attraversato nel corso del ventesimo e ventunesimo secolo, la shifting performativity delle immagini legate al 22 Novembre 1963 non ha mai arrestato il suo percorso, seguendo il cambiamento e continuando ad adattarsi ad ogni forma espressiva, dai dipinti alle installazioni di arte contemporanea, passando per prodotti cinematografici e televisivi, videoclip, videogiochi, in una costante e perseverante reiterazione. Per via della capacità di tali immagini di rimanere vive, inserirsi in qualsiasi tipo di narrazione e mantenere non solo la loro identità, al punto da divenire allegoriche, ma anche la potenza del loro impatto sullo spettatore, è possibile sostenere che la rappresentazione di quest’evento sia, ormai, un prototipo assimilabile ai più importanti episodi dei maggiori cicli epici della storia. La cristallizzazione del significato di tali fotogrammi – e, in maniera predominante, dello Zapruder movie – all’interno della coscienza collettiva, infatti, rende il loro impatto emotivo, storico e sociale un linguaggio universale e immutabile, “[…] endowing them with a life of their own, beyond their historical, documentary function, detaching them from the strict rule of narrative, and releasing them into a world of verbal and visual associations.” <2
Allo stesso modo di racconti ormai archetipici, come l’episodio del rapimento di Elena nel ciclo troiano, o la classica tematica shakespeariana di Romeo e Giulietta, l’identità delle immagini legate all’assassinio è così nitida da permettere il loro inserimento all’interno di qualsiasi narrazione, esplicitamente, implicitamente <3 e trasversalmente, senza alcuna necessità di delucidazione sulla complessa stratificazione di significati insita all’evento.
E, al pari degli episodi mitologici, la storia viene costantemente reiterata e reinterpretata, assumendo una funzione diversa in ogni racconto, da qualsiasi punto di vista, ma la realtà dell’avvenimento rimane invariata ed imperitura, ed è allo stesso tempo sia frammento di un istante congelato nel tempo, sia continua replica di sé stessa. E, se nell’antica Grecia, il metodo per raggiungere chiunque e lasciare un segno nella coscienza collettiva era tramite la narrazione orale, gestita dalla figura dell’aedo, nella società contemporanea è l’immagine ad avere un potere comunicativo assoluto e livellante.
“Principally, in the form that is registered by cameras, it flares up, is shared by many people, and fades from view. In contrast to a written account – which, depending on its complexity of thought, reference, and vocabulary, is pitched at a larger or smaller readership – a photograph has only one language and is destined potentially for all”. -4
Per quanto la travagliata storia dello Zapruder movie a livello giuridico, forense e politico lo abbia reso oggetto di continua frustrazione per via della sua illeggibilità, e le insistenti analisi tecniche non abbiano mai portato ad un tanto agognato definitivo chiarimento sulle precise dinamiche dell’assassinio, “Kennedy’s death seems to resist narrativization, and yet only inspires more of it; it threatens to atomize any model theory of narrative” <5
La difficoltà che si incontra nella lettura pragmatica del prodotto originale contrasta in maniera netta con il modo in cui le stesse immagini continuano, decenni dopo, ad ispirare, facilitare e spingere verso una continua narrazione, divenendo il fulcro di una perenne estensione ed interpretazione artistica.
“Images are not just a particular kind of sign, but something like an actor on the historical stage, a presence or character endowed with legendary status, a history that parallels and participates in the stories we tell ourselves […]”. <6
L’intento della tesi è dimostrare come il ruolo mitologico dell’iconologia legata all’assassinio permette a tali immagini di percorrere il panorama di cultura visuale degli ultimi decenni in varie forme, cambiando continuamente declinazione narrativa, ma rimanendo intrinsecamente fedeli alla loro identità.
[…] In prima istanza viene preso in considerazione l’enorme impatto di un prodotto cinematografico, “JFK” di Oliver Stone, nella diatriba sociale e politica causata dalle teorie cospirative sull’assassinio. A seguire viene esaminato il modo in cui la continua analisi e dissezione dei fotogrammi, parallelamente all’impatto dell’evento, ha portato quasi immediatamente ad uno spostamento in ambito artistico, tramite le opere di Andy Warhol, e, prendendo in riferimento un videoclip della cantante Lana Del Rey, come questa posizione estetica all’interno del panorama pop sia tuttora causa di una continua reiterazione.
[NOTE]
1 “La necessità, all’interno della società contemporanea, di modelli culturali che riflettano e rappresentino la natura mutevole del mondo ha spesso portato ad un elaborato processo di mitizzazione per cui eventi, persone ed idee acquisiscono ulteriore peso culturale, una nuova complessa rete di significati interconnessi tra loro e un complessivamente più ricco senso di rilevanza per la società che li ha creati.” Uroš Tomić, The truth, the spectacle, the legend: the assassination of JFK as represented in media, film and literature through the process of cultural appropriation and transformation, in The JFK Culture: Art, Film, Literature and Media, curato da Simona Čupić, Faculty of Philosophy, University of Belgrade, Belgrado (RS), 2013, pp. 129 – 148, p. 129
2 “[…] dotandoli di vita propria, oltre la loro funzione storica e documentaristica, scollegandoli dalle rigide strutture di narrazione, e liberandoli in un mondo di connessioni verbali e visuali.” W.J.T. Mitchell, The Unspeakable and the Unimaginable: Word and Image in a Time of Terror in ELH, Vol. 72, No. 2, Summer, 2005, pp. 291 – 308, p.305
3 Il grado di permanenza dello Zapruder movie all’interno della cultura visuale è tale da portare a riferimenti sottilmente accennati eppure immediatamente riconoscibili senza alcuna comunicazione esplicita e carichi di significato. Nel quarto episodio della prima stagione della serie The Man in the High Castle, il principe ereditario del Giappone, Akihito, durante un discorso pubblico, viene colpito da un proiettile. Sua moglie, la principessa ereditaria Michiko, indossa un kimono dello stesso rosa del completo di Jackie Kennedy a Dallas, che viene macchiato del sangue di suo marito. La scelta è in riferimento al fatto che il principe ereditario Akihito, si scoprirà in seguito, è stato vittima di una cospirazione, e che è l’uomo sbagliato ad essere arrestato per il suo attentato. Lo Zapruder movie è così sedimentato nell’immaginario collettivo da poter permettere una citazione che, tramite la mera selezione del colore di un abito, lascia spazio a una serie di connotazioni implicite estremamente stratificate.
4 “Principalmente, nella forma in cui viene colta dalle fotocamere, si illumina, viene condivisa da tante persone e scompare dalla vista. A differenza di un resoconto scritto – che, a seconda della sua complessità di riflessione, riferimento e lessico, è diretto a un pubblico più o meno ampio – una fotografia ha un solo linguaggio ed è potenzialmente destinato a chiunque.” Susan Sontag, Regarding the Pain of Others, Picador, New York (US), 2014, p. 19
5 “La morte di Kennedy sembra opporsi alla narrativizzazione, eppure ne ispira ancora; minaccia di distruggere ogni teoria modello di narrazione.” Øyvind Vågnes, Zaprudered: The Kennedy Assassination Film in Visual Culture, University of Texas Press, Austin (US), 2012, p.14
6 “Le immagini non sono semplicemente uno specifico tipo di segno, ma qualcosa di simile ad un attore sul palco della storia, una presenza o un personaggio dotato di uno status leggendario, una storia che va in parallelo e partecipa alle storie che raccontiamo a noi stessi.” W.J.T. Mitchell, Iconology, University of Chicago Press, Chicago (US), 2013, p. 8
Elena Maiolini, Lo Zapruder movie: viaggio di un mito contemporaneo. L’assassinio di John Fitzgerald Kennedy nel panorama della cultura visuale, Tesi di Laurea, Università Ca’ Foscari Venezia, Anno Accademico 2020/2021