Riassume Pietro Neglie, in Il pericolo rosso: “Il Msi prese atto che alla destra era inibita la possibilità di arrivare democraticamente al governo, il Pci si convinse che l’appoggio determinante del Msi al governo rappresentava la prova che il parlamentarismo non era in grado di impedire un ritorno al potere della destra radicale” <63.
E cosí Miguel Gotor, in L’Italia nel Novecento: “La sconfitta di Tambroni segnò la fine del monopolio missino sull’estrema destra neofascista, già indebolito dalla scissione di ON al congresso di Milano del 1956, costituì la premessa per la nascita nel 1960 di movimenti extraparlamentari come Avanguardia Nazionale di Delle Chiaie. <64”
Anche se la ricerca a destra aveva fallito sul piano parlamentare, questo non comportò un riallineamento verso il centro delle forze che avevano promosso il governo Tambroni. Gran parte di quegli ambienti politici rimase saldo nel proprio estremismo. Anzi, semmai radicalizzò ancor più le proprie idee e i propri mezzi, abbandonando le vie legali e istituzionali. Inoltre, la distensione internazionale e la socialdemocrazia erano dei processi che continuavano ad essere guardati con sospetto dall’intero sistema di sicurezza atlantico.
I prossimi paragrafi tratteranno proprio i rapporti tra il servizio segreto italiano, fedele al blocco atlantico ancor prima che alla Repubblica, e gli ambienti di destra che avevano scelto la via della lotta extraparlamentare.
“Le trasformazioni degli anni Sessanta, sul piano internazionale, determinarono una significativa crisi in seno alle sfere d’influenza statunitense e sovietica, producendo effetti politici non solo sul piano internazionale o delle formule di governo ma soprattutto del ruolo delle masse all’interno dei conflitti che, in forme nuove, si manifestavano come fattori caratterizzanti della dimensione pubblica nelle società contemporanee” <65.
In L’Italia nel Novecento, Gotor cita una riflessione di Togliatti riguardo il tessuto sociale della destra in Italia: “Secondo il segretario del Pci Palmiro Togliatti, il radicamento e la sopravvivenza degli ambienti neofascisti rappresentavano l’inevitabile conseguenza politica di una “sostanziale struttura reazionaria della società italiana, che limita tutte le manifestazioni di democrazia; una specie di trama nera sulla quale rapidamente si logora il ricamo a colori delle proclamate riforme democratiche” <66.
L’Ufficio Rei e la figura di Renzo Rocca
Per comprendere da chi era formata, tra gli anni Cinquanta e sessanta, quest’Italia reazionaria a cui fa riferimento Togliatti; e come fosse in relazione con l’ambiente militare e soprattutto che ruolo abbia avuto nel celebre tentativo di golpe del 1964 noto come “Piano Solo” (che tratteremo nello specifico al cap. 3.4), riteniamo necessario dedicare una sezione alla particolare figura del colonnello Rocca, direttore del Rei.
L’Ufficio Ricerche Economiche e Industriali (Rei) era “il settore più delicato del Sifar <67”. La sua funzione ufficiale era quella di tutelare la segretezza dei brevetti industriali italiani e di sorvegliare il commercio delle armi, ma, in realtà, il suo direttore, Renzo Rocca, fu impiegato sin dagli anni cinquanta per raccogliere fondi “anticomunisti” nel mondo della grande industria <68. Il compito del Rei era anche un lavoro di lobbying: mantenere contatti solidi con la cosiddetta “destra reale” espressione dei grandi gruppi capitalistici del Paese, al fine di ottenere finanziamenti e di alimentare la formazione di gruppi di pressione che avrebbero chiesto misure di emergenza al governo e al capo dello stato al fine di una stretta autoritaria, nella logica del golpe. Una delle strutture che operava in tal senso fu il Centro Internazionale per la lotta contro il Comunismo (Interdoc), fondato agli inizi degli anni Sessanta dalla collaborazione tra servizi segreti francesi, olandesi e tedeschi e che aprì una filiale anche in Italia tramite l’amministratore delegato della Edison Vittorio De Biasi. L’Interdoc italiana, che veniva “quasi interamente finanziata dagli stabilimenti Philips collegati con la Edison” <69, ottenne facilmente l’appoggio economico della Confindustria. Purtuttavia, già nel 1964, un appunto dell’UAR registra una certa insoddisfazione dei dirigenti confindustriali in merito all’azione “accademica” dell’Interdoc, esprimendo la necessitá di iniziative “pratiche” <70. Iniziative che non mancano nell’elenco delle attività svolte dal Rei di Rocca, che seppe farsi interprete sotterraneo di queste paure in seno alla classe dirigente. Di fatti, ritroveremo poi De Biasi, in questo percorso di escalation, come relatore, un anno più tardi, del convegno dal titolo “La guerra rivoluzionaria” (v. par. 3.2), che in maniera esplicita pose le basi della strategia della tensione e dell’arruolamento di civili ed ex militari in squadre clandestine, parallele alle forze dell’ordine.
Renzo Rocca, nella lotta anticomunista in Italia, fu il pioniere di questa attività di arruolamento. In questa attività era sostenuto da Vittorio Valletta, amministratore delegato della Fiat (nominato senatore a vita nel 1966). Il sodalizio Rei-Fiat lavorò attivamente nel biennio 1962-63 per finanziare, organizzare o armare gruppi che provocassero incidenti di piazza nelle manifestazioni della sinistra. Gruppi di civili, di ex militari, di ex carabinieri […] di congedati della marina militare <71. Per esempio, a Genova, nell’autunno del 1963, il responsabile del controspionaggio del Sifar si rivolse al locale comandante dei carabinieri colonnello Taddei per organizzare un gruppo di ex militi repubblichini, della X MAS ed ex marittimi. Taddei si rifiutò di aderire e venne per questo allontanato dal comando del gruppo di Genova. Egli, davanti alla commissione che indagò sul golpe del ’64, confermò nella sostanza questi fatti. Possiamo già intravedere, in un progetto del genere, i presupposti della strategia della tensione, che, come noto, verrà messa in atto soltanto qualche anno più tardi. Ma prima di sfociare nello stragismo, questi “gruppi paralleli” lavorarono all’oscuro dell’opinione pubblica per ancora degli anni, allargando il proprio raggio d’azione e la propria influenza in seno alla struttura organica e ufficiale dell’Esercito, e fondendosi sempre più con essa. La questione che ancora oggi non appare sufficientemente chiarita è la seguente: “Che fine hanno fatto i volontari che il colonnello arruolò nel 1964? Tutte queste centinaia, o migliaia di uomini – molti dei quali, per forza di cose, non erano certo degli angeli – sono tutti disciplinatamente rientrati nei ranghi, tornando alle loro frustranti occupazioni dopo aver accarezzato il sogno di un’avventura dannunzianamente esaltante? Tra i fatti del luglio ’64 e la strage di piazza Fontana passano soltanto cinque anni e mezzo; un anno ancora per giungere al tentativo insurrezionale di Borghese. Anche lì troviamo centinaia di uomini che, dopo essere stati addestrati chissà dove, tornano poi disciplinatamente alle proprie case. È davvero poco credibile.” <72
Ossia: quale fu il filo di continuità tra questa “prima generazione” di possibili fiancheggiatori (quella del ’64 sulla quale abbiamo scarsissime informazioni) e la “seconda”, che invece giocò un ruolo attivo nello stragismo degli anni seguenti e sulla quale si è spesa un’ampia letteratura?
[NOTE]
63 P. Neglie, op. cit., pg. 280
64 Miguel Gotor, L’Italia nel Novecento, pg. 205
65 D. Conti, L’Italia di Piazza Fontana, pg. 1
66 Miguel Gotor, L’Italia nel Novecento, pg. 206, Einaudi
67 G. De Lutiis, op. cit., pg. 65
68 Ibidem
69 Inchiesta Salvini, appunto 3 febbraio 1964 indirizzato all’UAR. Citato in D. Conti, op. cit.
70 Ibidem
71 G. De Lutiis, op. cit., pg. 69
72 G. De Lutiis, op. cit, pg 69
Claudio Molinari, I servizi segreti in Italia verso la strategia della tensione (1948-1969), Tesi di laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2020-2021