Non solo Salgàri

Ruderi della Via Iulia Augusta, riposizionati sul cavalcavia di Nervia a Ventimiglia (IM)

Sono stato fortunato nel mio personale processo formativo.

Vorrei spendere qualche parola sul mio ambiente familiare, che è stato di stimolo alla mia curiosità sin da bambino e sempre tollerante con i miei esperimenti. Dai nonni materni rinvenivo libri scolastici degli zii, che leggevo con avidità, consolidando una mia naturale propensione per la storia, ma fissando nella mente quei fondamentali di quelle materie scientifiche che poi a scuola mi sarebbero sempre state ostiche. Era di grande interesse, poi, la vecchia enciclopedia (pur con le immancabili tirate fasciste di cui ho imparato subito a diffidare) comprata alla vigilia della seconda guerra mondiale dal nonno con un esborso economico notevole per quei tempi. Dei nonni paterni, invece, il ricordo nitido è per l’amorosa cura con cui conservavano riviste contenenti inserti su grandi pagine dell’arte e della storia. Ed è così che mi innamorai, e lo sono tuttora, de “La tempesta” di Giorgione: una sorta di strana magia! Rivista poco tempo fa una serie di foto d’epoca, ho provato una forte emozione vedendo in una il Presidente Lincoln ritratto in un accampamento unionista della guerra di secessione americana: l’avevo scorta la prima volta da bambino ed allora mi sono ritrovato chino su uno di quei settimanali conservati con diligenza dai nonni paterni, avido di letture di grandi eventi del passato, corredati con i primi reportage fotografici della storia. Né posso dimenticare i racconti di guerra (che ho già citato in un precedente post) della nonna materna e i rimandi a storie avite (di ribelli a Maria Luigia, Duchessa di Parma, di garibaldini, di emigranti), compiuti dal nonno paterno, che a quelle, più che alla Grande Guerra, che pur aveva combattuto, preferiva, in dialetto parmense stretto, riandare nelle sue affabulazioni con il sottoscritto. E ancora devo ricordare con quale tolleranza e preveggenza mi venisse concesso di leggere a nove anni durante una vacanza a Gignese, incantevole balcone sul Lago Maggiore, in versione integrale “I tre moschettieri” e tanto Salgàri, in rare, antiquarie edizioni che mi forniva un’altra meravigliosa figura di anziano, il nonno del mio coetaneo cugino di papà.

Sono stato fortunato per l’ambiente geo-fisico, per così dire, che mi circondava. Dal secondo mese di seconda elementare sino al compimento del Liceo, a piedi o con i mezzi pubblici, ogni mattina passavo in mezzo alla zona archeologica (l’antica Albintimilium) della zona Nervia di Ventimiglia (IM). Ma già in prima elementare l’immagine che mi accompagnava era stata quella della Cattedrale romanica del centro storico, sempre di Ventimiglia, con il suo bel Battistero. Ed anche i nomi forse hanno aiutato un certo gioco della mente. Dalle medie intitolate a Giuseppe Biancheri, il ventimigliese, già deputato del Parlamento Subalpino e Presidente della Camera dal 1870 al 1876 e poi ancora in successive occasioni, a quel Liceo Classico, dedicato al nome di Girolamo Rossi, il primo a scavare e studiare in modo serio la Ventimiglia romana. E quando il Liceo Classico é stato accorpato, non molti anni fa, una certa ironia del caso ha voluto che lo fosse nel Liceo Scientifico Angelico Aprosio, dal nome di un frate erudito del ‘600 che a Ventimiglia donò un’importante Biblioteca dotata di libri di raro valore.

E potrei fare altri esempi.

Sono stato fortunato per come funzionavano, anche se erano veramente di classe, le scuole nel loro complesso: imperava quello che si può definire conservatorismo, a volte illuminato dalle testimonianze di singoli insegnanti, ma il dato prevalente era quello della professionalità. In un modo o nell’altro quel sistema scolastico ha reso tanti giovani capaci di dotarsi comunque di autonomi metodi critici per continuare a cimentarsi con la cultura e per interpretare la realtà.