I “mandati vincolati” di Saragat

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Il II governo Moro entra in crisi il 20 gennaio 1966, in seguito alla mancata approvazione, in sede di votazione finale svolta a scrutinio segreto, di un disegno di legge disciplinante l’ordinamento della scuola materna statale, che il governo dichiara essere un punto essenziale del programma. Il Capo dello Stato, ritenuto che il rinvio del governo Moro alle camere fosse contrario alla volontà delle forze parlamentari, svolge le consultazioni di rito – nel corso delle quali tuttavia gli ex presidenti della Repubblica vengono sentiti due volte – e incarica nuovamente Moro, in quanto i gruppi della maggioranza convergono sull’indicazione di Moro quale incaricato alla formazione di un nuovo governo. Tuttavia, manca la convergenza delle forze politiche sulla formula e sul programma e Moro opta per una rinuncia all’incarico <182. Il Capo dello Stato invita Moro a soprassedere dalla sua decisione e procede a un nuovo breve ciclo di consultazioni, limitato tuttavia ai presidenti delle camere e dei gruppi parlamentari (4 e 5 febbraio). Nonostante le nuove consultazioni svolte, Moro conferma la propria volontà di rinunciare all’incarico. Saragat, quindi, decide di riaprire le consultazioni (terzo ciclo), secondo la prassi, lasciando tuttavia qualche giorno di pausa ai gruppi parlamentari per dare loro la possibilità di riunirsi e confrontarsi. Al termine delle consultazioni, l’11 febbraio, affida a Moro un mandato esplorativo <183, in quanto permangono le incertezze sulla formula e sul programma di governo. Il 23 febbraio, svolte le indagini e presi ulteriori contatti, Moro accetta l’incarico.
Anche in questo caso, in linea con la prassi inaugurata da Gronchi, il Presidente firma i due decreti, quello di accettazione delle dimissioni e quello di nomina (oltre a quello, ovviamente, di nomina dei ministri). Il governo Moro, che vede ancora una volta Nenni vice-presidente del consiglio, è, come i due precedenti, un governo dalla composizione quadripartita (Dc-Psi-Psdi-Pri). Il 15 marzo ottiene la fiducia delle camere. Tra gli obiettivi programmatici fissati, vi è quello di indire le prime elezioni regionali nel 1968 <184.
La mancata parlamentarizzazione della crisi e la gestione della crisi governativa da parte del Presidente della Repubblica non rimangono estranee a critiche. Tralasciando le questioni relative alla parlamentarizzazione, già ampiamente affrontate nel paragrafo relativo al settennato di Gronchi (2.1.), giova soffermarsi sul secondo punto. Da più parti, nei quotidiani di quei mesi, si evidenzia infatti come Saragat si sia incaponito sulla necessità di affidare un incarico a Moro nell’intento di escludere altre soluzioni governative e di promuovere il mantenimento dell’alleanza di centro-sinistra. In particolare, si sottolinea la novità del comportamento del Capo dello Stato, che chiede a Moro di soprassedere nella decisione di rifiutare l’incarico e procede a un breve ciclo di consultazioni coinvolgente i soli presidenti delle camere e dei gruppi parlamentari <185. In realtà, come avviene sempre quando si tratta di commentare la prassi del procedimento di formazione del governo, che è interamente affidata alle valutazioni discrezionali del Presidente della Repubblica, si tratta di considerazioni dalla rilevanza meramente politica, dal momento che, almeno nel caso di specie, non si verifica alcuna violazione del dettato costituzionale.
Anche sul piano della correttezza, peraltro, se da un lato è noto che le convinzioni personali di Saragat si muovono nella direzione del mantenimento dello status quo, dall’altro lato dalle note diffuse dal Quirinale emerge che le stesse forze politiche di maggioranza, già nel corso delle prime consultazioni, manifestano uniformità nell’indicare Moro quale personalità voluta per la direzione del nuovo governo. In quest’ottica, il modus operandi del Presidente non sembrerebbe contestabile, dal momento che l’unico punto da affinare è quello relativo al programma e alla formula di governo, su cui è di certo necessaria la convergenza dei gruppi parlamentari (che infatti vengono consultati), ma non quella di ex Presidenti della Repubblica, ex Presidenti del Consiglio, e così via. Tuttavia, se la correttezza costituzionale, da un punto di vista formale, non può dirsi intaccata, d’altro canto non si può trascurare la constatazione che in seno alla Dc matura in questi anni un contrasto tra la segreteria di partito, detenuta dal doroteo Rumor, e lo stesso Moro, di idee troppo tendenti a sinistra per la nuova dirigenza: Moro quindi, seppure gradito ai principali fautori del centro-sinistra, si trova in contrasto con gli organi direttivi di partito, che tentano di ridurre la spinta riformista rendendo sempre più necessario l’intervento del Presidente della Repubblica nel tentativo di mantenere la coalizione <186.
In questo contesto, l’insistenza di Saragat nel voler conferire l’incarico a Moro potrebbe sembrare non soltanto il risultato delle indicazioni della maggioranza, come indicato nelle note diffuse dal Quirinale, ma anche, e soprattutto, il tentativo di evitare lo spostamento in senso centrista auspicato dalla segreteria.
Nel corso del mandato del governo Moro interviene la tanto agognata riunificazione socialista, fortemente voluta da Saragat e Nenni, approvata dai congressi dei rispettivi partiti tra il novembre del ’65 e il gennaio del ’66 e propiziata dall’elezione di Saragat alla presidenza della Repubblica. Il 30 ottobre 1966 nasce il Partito socialista unificato (Psu), di cui Nenni viene eletto presidente. In realtà, nonostante l’unificazione, i due partiti originari mantengono la propria autonomia organizzativa: infatti, i socialdemocratici temono di vedere diminuita la posizione di forza che in questi anni hanno acquisito con una costante partecipazione ai governi; i socialisti, invece, devono fare i conti con la corrente autonomista di sinistra (peraltro a sua volta divisa in due movimenti, riconducibili a due diversi leader: Riccardo Lombardi da un lato e il segretario di partito, Francesco De Martino, dall’altro) <187.
[NOTE]
182 Sul c.d. “caso Scelba”, ossia sul contrasto tra democristiani e socialisti circa l’inserimento di Scelba nella compagine ministeriale, cfr. M. G. Rodomonte, op.cit., pp. 18-19. Per un’interpretazione del caso Scelba nel senso di tentativo della segreteria democristiana, retta da Rumor, di rovinare l’alleanza di centro-sinistra guidata da Moro, cfr. F. Damato, op.cit., p. 84.
183 Invero, utilizzando la distinzione tra “preincarico” e “mandato esplorativo”, che fa leva sull’effettiva assunzione dell’incarico, si tratterebbe di un pre-incarico. Inoltre, a differenza delle missioni esplorative affidate da Gronchi a Merzagora e, più avanti, a Leone, in questo caso le indicazioni circa il contenuto del mandato sono più specifiche, dal momento che esiste già una convergenza delle forze politiche sulla personalità da porre alla guida del nuovo governo.
184 Per la ricostruzione della crisi di governo cfr. ASPR, Ufficio per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali, Crisi di governo-Diari, busta 20; M. G. Rodomonte, op.cit., pp. 18-22; I. Montanelli – M. Cervi, op.cit., 1991, pp. 25-27.
185 I commenti sulla natura extra-parlamentare della crisi (pp.1-5) e sulla gestione delle consultazioni (pp. 5-11) sono riportati in un fascicolo curato dalla Presidenza della Repubblica sulla crisi di governo. Il fascicolo è consultabile in ASPR, Ufficio per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali, Crisi di governo-Diari, busta 20.
186 Cfr. F. Damato, op.cit., pp. 83-85. In questa direzione andrebbe anche la decisione della segreteria di inserire Scelba, notoriamente avverso al centro-sinistra, nella compagine governativa.
187 Cfr. G. Mammarella – P. Cacace, op.cit., p. 140; I. Montanelli – M. Cervi, op.cit., 1991, pp. 28-32, dove viene svolta una ricognizione anche delle prime avvisaglie di fallimento della formula socialista unificata, in seguito alle elezioni amministrative tenutesi nel giugno e nel novembre del 1966; 32-34, dove si rende conto dei problemi di politica interna ed estera del 1967: lo scandalo Sifar, i primi dibattiti sulla legge sul divorzio, il disegno di legge per l’istituzione del referendum abrogativo, la guerra tra Egitto e Israele, ecc. Sullo scandalo Sifar e la presa di posizione di Saragat, cfr. G. Mammarella – P. Cacace, op.cit., p. 139; F. Damato, op.cit., pp. 85-87.
Elena Pattaro, I “governi del Presidente”, Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum Università degli Studi di Bologna, 2015