Mare, mare, mare

A me – ma posso sbagliarmi – certi scogli di Sant’Ampelio di Bordighera (IM) paiono ora alquanto sprofondati nel mare, a distanza di più di cinquant’anni da quelle volte, insomma, le uniche paradossalmente per uno come me che ha sempre vissuto in zona, con cari amici passavo interi pomeriggi a tuffarmi.

Tanti tuffi, uscendo dall’adolescenza, anche dai moli di Nervia di Ventimiglia, dove abitavo. E lunghe nuotate. E grandi letture su quelle spiagge sassose mentre mi asciugavo al sole. Ho scoperto da poco che molti chiamavano “porticciolo” quell’angolo di acqua salmastra delimitato da pietroni.

In effetti, alla base di quella sorta di triangolo risultava ormai pressoché sommerso un paletto di ferro dalla testa tagliente. C’era un leggero moto ondoso che lo nascondeva quella mattina in cui era venuto colà con noi dal centro città B. Che si tuffò appena giunti, senza dare a noi il tempo di fiatare e di avvisarlo. E si procurò un brutto squarcio all’altezza, per sua fortuna, solo del torace, taglio prontamente ricucito al vicino ospedale, un edificio già sede, per alcuni di noi presenti quella mattina, delle scuole elementari.

Si faceva un lungo giro per andare là, poco a ponente della foce del torrente Nervia, foce in quella stagione completamente chiusa da una specie di diga di ghiaia, ammucchiata dai marosi. Se c’era già verso la metà dei ’60, ignoravamo in ogni caso la scorciatoia in terra battuta sulla sponda destra, ma sarebbe meglio dire sul greto, di quel corso d’acqua. In genere, prima, quando eravamo ancora accompagnati a fare i bagni, ci si recava dall’altra parte, in Camporosso Mare.

Fonte: Alessandra Maini

Passato il cavalcavia, rasentata, prendendo Vico del Pino, la nostra vecchia scuola elementare, fatta un piccola deviazione a levante in Via Nervia, più o meno davanti alla casa dove ero nato, si entrava in un viottolo in mezzo alle campagne. Esiste una foto degli anni ’30, che cattura quei luoghi come erano ancora al momento del mio racconto. Capitava di salutare V., altro compagno, ma delle primarie, intento con il padre a bagnare le carote nella sabbia. Subito dopo si facevano con gioia due parole con il nonno paterno, che restaurava con maestria o costruiva seggiole di vimini nella casa dei R. Intanto, R., che era venuto da Roma a Nervia presso i cugini, mi canticchiava canzonette di Elvis Presley, che ancora non conoscevo: non si portò mai dietro un’estate successiva qualche disco da farmi ascoltare; me ne comprai diversi da adulto, forse per ingenua rivalsa.

Fonte: Alessandra Maini

In prossimità del lido c’era un campeggio, un cantiere navale per piccoli natanti, gozzi a secco, altre persone da salutare.

Fonte: Maria Pia Viale
Fonte: Maria Pia Viale

E pensare che la prima volta, che mi recai al mare con coetanei senza sorveglianza di adulti, mi capitò ai Piani di Borghetto di Bordighera, transitando per il letto dell’omonimo torrente, oggi sovrastato non solo da quello della ferrovia, ma anche dal ponte di una veramente comoda passeggiata. Che a ponente è stata costruita invadendo il vecchio lido, comunque adesso ben allargato verso meridione. Là c’era anche un po’ di sabbia, se rammento bene. Avevo base per una settimana o due, come facevo spesso a più riprese d’estate, dalla nonna materna, la quale, stranamente, mi aveva dato il via libera. Ma, forse, se già avevo avuto il permesso di scorrazzare a destra e a manca, siccome al mare avrei dovuto accompagnare anche mio fratello più piccolo, non mi si riteneva a dodici anni già in grado di fare il bagnino.

Adriano Maini