Un sabato qualsiasi…

Ieri mattina, arrivando da Bordighera (IM), telefonavo a M. per sapere se per caso era ancora al centro di Ventimiglia (IM) e poterci, quindi, incontrare. Non era così, per cui la conversazione risultava un po’ più lunga del normale. Ne emergeva, tra altre considerazioni, che M. si ricordava che intorno al 1950, ancora piccolino, era stato portato dal padre in motocicletta (anche in una famiglia abbiente come la sua l’automobile all’epoca era ancora considerata un lusso!) ad ammirare al campo d’aviazione in zona Braie di Camporosso (IM), prima che partissero per Savona, da dove sarebbero tornati a casa in nave, diversi aeroplani da caccia statunitensi, ancora colà stazionanti dalla fine del secondo conflitto mondiale. Un particolare inedito, credo, ai più, riguardante una struttura molto piccola, di cui ho vaghi ricordi, che mi riprometto, tuttavia, prima o poi di rinvangare ancora una volta.

Poco dopo, anche per fornire inediti alla mia buona, temporanea compagnia nel frattempo formata, stimolavo in disponibile ed esuberante persona pennellate di ricordi che spaziavano dalle brutte frequentazioni ad un certo punto subentrate al Bar Irene, di cui ho già scritto, all’arricchimento di particolari circa un tragico mitragliamento aereo di civili (con il che mi riprometto di evidenziare prima o poi analoghi episodi che mi sono stati nel tempo narrati) avvenuto nell’estate del 1944 sulla spiaggia in località Latte, verso il confine con la Francia, all’esperienza dei giovani “Pionieri” di Ventimiglia, un’ormai tramontata sorta di giovanissimi boy scout ad impronta progressista. Delle cui foto C., l’allora anima fondatrice in città e circondario, mi vuole tuttora negare non dico l’uso, ma la semplice visione. In più non rammenta un particolare per me fondamentale circa una lontana gita di quegli adolescenti al di là di Nizza, nella quale in vari modi ero stato coinvolto.

Più tardi ancora F., che, a ben guardare, avevo conosciuto sempre al Bar Irene (o alla vicina Camera del Lavoro) mi diceva delle sue esperienze lavorative tra il 1962 ed il 1969 circa in diversi stati dell’Africa più o meno affacciata sul Golfo di Guinea. Delineandomi con lucidità la realtà socio-economica di nazioni appena decolonizzate e citandomi alla perfezione nomi d’epoca ed attuali di tante città, mi faceva emergere aspetti singolari, quali in Camerun il fenomeno di numerosi abitanti che, a cinquant’anni dal forzato abbandono del paese, causa la prima guerra mondiale, da parte della Germania, parlassero ancora il tedesco ed in Ciad la presenza di tanti italiani che, arrivati in qualità di prigionieri di guerra (del secondo conflitto globale!), vi erano rimasti, divenendo quasi tutti imprenditori attivi e dinamici.

Un sabato qualsiasi…