Un gruppo di amici, fra cui Alex Langer, decide scendere in campo per avvicinare le diverse anime del Sudtirolo

Bolzano: Via Duca d’Aosta. Fonte: mapio.net

Benché risieda ancora a Firenze, l’analisi storica a cui Langer sottopone il quadro generale degli eventi lo riporta alle proprie radici: il sud Tirolo. Proprio dall’Alto Adige riparte la sua iniziativa, il tentativo di questo giovane giornalista di cambiare gli eventi, di modificare la storia. Siamo negli anni 60, nascono i primi movimenti di dissenso tirolese, i giovani studenti universitari sono sparsi nelle diverse città italiane ed austriache per la mancanza di strutture in Sudtirolo; cresce il desiderio di comunicare l’insoddisfazione della minoranza tedesca. <57
La società altoatesina è fortemente coesa intorno ad un unico partito, il Volkspartei <58 ed un unico giornale, il “Dolomiten” <59. Entrambi sostengono un nazionalismo estremista, a difesa di cultura e tradizioni tedesche.
Michael Gamper, canonico, direttore della casa editrice Athesia e caporedattore del quotidiano “Dolomiten”, a partire dal 1950 dedica sempre maggiore attenzione al fenomeno dell’immigrazione italiana. Prospettando un prossimo “Volkstod”, etnocidio, Gamper afferma: “È una vera e propria marcia della morte, in cui noi sudtirolesi ci troviamo, se all’ultimo momento non giunge la salvezza.” <60 La paura della sommersione etnica, la campagna giornalistica incentrata sulla “marcia della morte” fomenta gli animi, spingendo verso radicalismi che non si spegneranno neppure dopo la morte del direttore nel 1956. Nel 1957 a capo del Volkspartei troviamo Sylvius Magnago <61 il cui slogan elettorale inneggia al separatismo. “Los von Trient”, “via da Trento” è lo slogan del Volkspartei, mentre 35000 sudtirolesi manifestano, a Castel Firmiano (BZ), per rivendicare l’autonomia provinciale al posto della regionale concessa nel 1948. Il “Dolomiten” ricostruisce la storia dei decenni di ingiustizie vissuti dalle minoranze dell’Alto Adige. L’atmosfera si scalda, lo stato italiano non rispetta le promesse d’indipendenza fatte al Sudtirol e gli attentati dinamitardi iniziano. In una prima fase, dal 1959 al 1961, colpevoli di questi atti scellerati sono principalmente personaggi sovversivi locali. La cosiddetta “notte dei fuochi”, tra l’11 e il 12 giugno 1961, vide ripetuti attacchi contro i tralicci dell’alta tensione. In un secondo momento dal 1962 al 1967 il terrorismo allarga i propri orizzonti, alle manifestazioni armate di dissenso partecipano elementi neonazisti, che attaccano in maniera sempre più violenta istituzioni e forze dell’ordine. Immediata la reazione dello stato, con repressioni, rastrellamenti e pestaggi. Vige il coprifuoco ed aumentano le limitazioni alla libertà personale; tra le imposizioni la necessità di tenersi ad una distanza di almeno cento metri da centrali elettriche ed edifici pubblica tra le ventidue e le sei <62.
Alexander in quegli anni è fisicamente lontano, a Firenze, ma segue comunque le vicende della propria terra. Lui, che crede fortemente nel dialogo e nella comunicazione, nel dicembre del 1964 pubblica un intervento sul giornale degli studenti italiani dell’Alto Adige a sostegno di una produzione giornalistica bilingue. Langer, infatti, crede sempre più nella reciproca conoscenza e nello scambio culturale, a partire da un’approfondita conoscenza linguistica del tedesco per gli italiani e dell’italiano per i tedeschi. <63
Un gruppo di amici, fra cui Alex Langer, decide scendere in campo per avvicinare le diverse anime del Sudtirolo. Sono una quindicina di ragazzi, appartengono a diversi gruppi linguistici e sono uniti dai valori universali della fede cristiana. Ad accomunare questi giovani anche la curiosità di approfondire la conoscenza storica del Sudtirolo, sondando le responsabilità di ogni gruppo etnico e le comuni sofferenze partite nel corso dell’ultimo cinquantennio. Spinti da ideali di così ampia portata, Langer ed altri studenti fondano “Die Brücke”, di cui scriverà egli stesso in Minima Personalia:
“I nostri temi principali sono la battaglia per la democratizzazione e il pluralismo ideale e politico nella comunità di lingua tedesca. Non ci basta lo “skolast”, la rivista degli universitari. Con Siegfried Stuffer e Josef Schmid fondiamo “die Brücke” il ponte, nel 1967. Non sempre siamo d’accordo su tutto: quando scrivo della necessità di una “nuova sinistra” (novembre 1967) e di arrivare all’organizzazione pluri-etnica nella politica sudtirolese (1968), il collettivo redazionale vuole sottolineare che si tratta di idee solo mie. Sul “pacchetto” si delinea una posizione comune: fare presto e andare oltre. Nel 1969 “die Brücke”, che dal 1968 aveva cominciato a ospitare articoli anche in lingua italiana, cessa le pubblicazioni, Le strade dei redattori si dividono: chi approda alla socialdemocrazia sudtirolese, chi al partito comunista, chi alla sinistra extra-istituzionale.“ <64
I giovani che costituiscono la redazione di “Die Brücke”, non hanno visibilità, ma grande iniziativa e forte determinazione. Per evitare che i compagni in questa avventura italianizzino il suo nome, Alexander Langer decide di farsi chiamare Alex. Questo il primo ponte fra due culture, un nome, una via di mezzo tra Alexander ed Alessandro, il primo compromesso, la prima mediazione tra anima tedesca ed anima italiana.
Proprio da “Die Brücke” nascerà un’amicizia – “intensa, affettuosa, calda, anche se saltuaria, fatta spesso solo di incontri nelle stazioni dei treni per raggiungere riunioni, dibattiti” <65 – lunga vent’anni, tra Alex Langer e Lidia Menapace <66. La prima cooperazione tra Alex e Lidia lo coinvolgerà in una serie di incontri a Roma, a Innsbruck, a Vienna. Questa donna, ex militante della Resistenza, negli anni ’60 insegnò alla nuova generazione di attivisti che: “chi vuole lottare per la liberazione dell’umanità deve mettersi alla scuola del femminismo” <67. Nel descrivere Langer ricorda:
“Non sempre fu capito, anche se fin da giovanissimo si imponeva per la ricchezza della cultura, la velocità della idea-azione, la straordinaria limpidezza etica. La più parte dei fraintendimenti derivavano nono sola delle posizioni talora estreme, o dal celere ragionare, ma soprattutto da una grande capacità di previsione[…].” <68
Anche quando “era affannato […] non lo si è mai visto, calmo, sorridente[…] ma quando non riusciva a nascondere tutto sotto un preciso, forte, ironico sorriso?” <69 Aiutati dal Mir (Movimento internazionale di riconciliazione) i due porteranno all’attenzione del pubblico le difficoltà e le rivendicazioni del Sudtirolo.
Il giovane affronta questi nuovi impegni con determinazione:
“introduce nelle relazioni con il prossimo un ché di informale, diretto, senza troppe concessioni ai ruoli e all’ufficialità […] E’ magro e porta un semplice golf scuro a girocollo; il volto da ragazzo concentrato nel discorso, pare ancor più teso verso gli ascoltatori per i capelli, folti e castani, con l’attaccatura rivolta all’indietro e il profilo come slanciato: il naso prominente ed il mento un poco sfuggente. Gli occhiali dalla montatura spessa gli conferiscono un’aria di laboriosa serietà, confermata dai foglietti di appunti e dalla penna trattenuti dalle mani grandi e scure.” <70
Questo giovane uomo diventa uno dei redattori “del Ponte/Die Brücke”. Lo scopo è quello di superare le nette divisioni tra tedeschi ed italiani, ed altresì, tra conservatori e progressisti. Al suo fianco, in questo viaggio, altri redattori partecipi delle vicende politiche locali: Siegfried Stuffer, Josef Perkmann e Josef SchmId.
L’editoriale del primo numero di “Die Brücke” esce nel novembre del 1967.
“Die Brücke era concepito come un forum per alimentare una politica culturale aperta e l’incontro dei gruppi linguistici. Si trattava inoltre di una rivista che doveva fungere da “paraurti” contro il monopolio mediatico dell’Athesia e doveva ospitare contributi scritti in lingua italiana.” <71
Ai temi di attualità si affiancano proposte culturali riguardanti musica, teatro e prime pubblicazioni di poeti e scrittori. Nel giugno del 1968 il giornale deciderà di pubblicare i primi articoli in italiano, ma nel frattempo Alex abbandona Firenze e torna a casa e gli anni universitari sono un capitolo ormai chiuso. Egli porta con sé l’affetto ed il ricordo di molte figure, più o meno rilevanti, della vita pubblica, che hanno fortemente segnato la sua personalità e l’amore solido e continuativo di Valeria. <72
[NOTE]
57 Id., Minima Personalia: Dissidenti Sudtirolesi; il ’68 in provincia, cit., pp. 36-39; Id., I possibili malintesi di un discorso sulla pace, intervento al convegno dell’Azione cattolica, giugno 1967, poi in Id., Il viaggiatore leggero, cit., pp. 49-50; Id., Segni dei tempi, cit., pp. 51-58; S. Bauer, G. Mezzalira, W. Pichler, La lingua degli altri, cit., 98-107; M. Boato, A Trento vent’anni prima, 1968-1988, Trento, Alcione, 1988, pp. 20-75; A. Langer, Zum Terrorismus, Institutionalisierte Polarisierung, aus G. von der Decken (Hg.), Teilung Tirols. Gefahr fur die Demokratie?, Innsbruck, 1988, pubblicato in Baur, Dello Sbarba,. Scritti sul Sudtirolo, cit., pp. 127-134; Id., Zum Selbstverstandnis der Sudtiroler, cit., pp. 51-60.
58 Il partito nasce su iniziativa di Hans Egarter e Erich Amonn, come continuazione della lega di Andreas Offer, coalizione che nel corso della Seconda Guerra Mondiale si era battuta contro la politica di fascismo e nazismo e contro la politica di emigrazione in Germania durante il periodo delle opzioni etniche. Nel periodo del regime, il partito fu protettore delle Katakombenschulen. Paradossalmente a metà degli anni ’50 il partito passa sotto il controllo dei “Falchi”, corrente costituita da optanti pro emigrazione in Germania. Il partito gode della maggioranza assoluta nel consiglio provinciale dal 1948. Le linee guida del Volkspartei sono: difesa dell’autonomismo; difesa delle minoranze tedesca e ladina e sostegno del cristianesimo. La partecipazione al partito non è concessa a cittadini di lingua italiana. La Sudtirol Volkspartei (SVP), Partito Popolare Sudtirolese è un partito regionale italiano, della provincia di Bolzano, centrista, che ha partecipato alle seguenti coalizioni di governo: con la Democrazia Cristiana dal 46 al 92; con L’Ulivo dal 96 al 2001; con Uniti nell’ulivo nel 2004; con l’Unione nel 2006 ed con il PD dal 2008 al 2009. (F. Boiardi, La Südtiroler Volkspartei 1945-1994, in “Grande enciclopedia della politica 3”, n. 10, Roma, Ebe editore, 1994, pp. 15-160; A. Langer, Il potere istituzionale nel Sudtirolo, cit., 183-188.)
59 Quotidiano cattolico conservatore in lingua tedesca pubblicato in Alto Adige. Il quotidiano nasce nel 1882 con il nome “Der Tiroler”, a causa del revisionismo fascista, nel 1923 la testata è obbligata a cambiare il nome in “Das Landsman”, il compatriota. Il giornale nel 1925 viene chiuso, ma nel 1926, grazie al sostegno cattolico, riapre con il titolo “Dolomiten”. Nel 1943 la redazione viene deportata a Dachau ed il giornale cessa la pubblicazione. L’attività viene ripresa a partire dal 19 maggio 1945, sotto il protettorato degli alleati. Il Dolomiten si pone a di fesa dell’identità etnico culturale della popolazione di lingua tedesca e ladina. (E. Webhofer, Die “Dolomiten”, Uni Innsbr. 1983).
60 S. Bauer, G. Mezzalira, W. Pichler, La lingua degli altri, cit., p. 89.
61 Sylvius Magnago (Merano, 5 febbraio 1914 – Bolzano, 25 maggio 2010) è stato un politico italiano, altoatesino di lingua tedesca. Laureatosi a Bologna nel 1940 presso la facoltà di giurisprudenza, nel 1948 si candidò nelle file del Südtiroler Volkspartei e divenne vicesindaco di Bolzano, fino al 1952 e, successivamente, Presidente del consiglio provinciale fino al 1960. Suo il tanto discusso slogan “Los Von Trient” (via da Trento), per una politica di autonomia provinciale dal governo di Roma. Dal 1957 al 1991 fu Presidente del Südtiroler Volkspartei.(A. Langer, Uber Magnago, in “FF Die Südtiroler Illustrierte”, 2.1.1994, pubblicato in S. Baur, R. Dello Sbarba , Scritti sul Sudtirolo, cit., pp.100-105; Id., Le Alpi più basse, in “Micromega”, n.2, aprile 1989, poi in Scritti sul Sudtirolo, pp. 217-223; H.K. Peterli, Sylvius Magnago. Das Vermächtnis, Edition Raetia, Bolzano, 2007).
62 S. Bauer, G. Mezzalira, W. Pichler, La lingua degli altri, cit., 108-172; A. Langer, Zum Terrorismus, cit., pp. 127-134; Id. La lettera è blindata, lo spirito è leggero, in “Alto Adige”, 16.10.1988, poi in Scritti sul Sudtirolo, cit., pp. 215-216.
63 Id., Conoscerci, in “Bi-Zeta”, dicembre 1964, poi in Il viaggiatore leggero, cit., pp. 38-41; Id., Cari studenti tedeschi: qualcuno ci chiamerà perfino traditori, in “Bi-Zeta”, dicembre 1964, poi in Il viaggiatore leggero, cit., pp. 42-44.
64 A. Langer, Minima Personalia: Dissidenti sudtirolesi, cit., p.36-37.
65 L. Menapace: Un albicocco per svegliarsi, “Il manifesto”, 6 Luglio 1995, p. 1
66 Lidia Menapace nasce a Novara il 3 aprile del 1924, fa parte della Resistenza e successivamente della FUCI. Insegnante presso l’università Cattolica di Milano, si trasferisce nel 1964 a Bolzano, dove entra a far parte del consiglio provinciale. Dal 1969 inizia a collaborare con Il Manifesto. Decisa sostenitrice dei diritti delle donne, nel 2006 entra a far parte del Senato, tra le file del partito di Rifondazione Comunista. Autrice di diversi libri tra cui: Il Futurismo, Ideologia e linguaggio (1968); l’Ermetismo, ideologia e linguaggio (1968); Per un movimento politico di liberazione della donna (1973); La Democrazia Cristiana (1974); Resisté (2001), Nonviolenza (2004), etc. Di idee profondamente contrarie ad ogni forma di violenza, dal 6 febbraio del 2007 al 28 aprile del 2008 è stata presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito. (P. Sini, Alex, Lidia, Gigi e le lacrime delle cose, in “La non violenza in cammino”, on line in “il dialogo”, 6/07/2006; L. Menapace, Un albicocco per svegliarsi, cit., p. 1)
67 Come ricorda Peppe Sini, amico di Lidia e Alex dagli anni della rivoluzione giovanile, “per i militanti maschi questo significava e significa che la prima lotta da condurre è quella contro il fascista che è in noi.” (P. Sini, Alex, Lidia, Gigi e le lacrime delle cose, cit., p. 2).
68 L. Menapace: Un albicocco per svegliarsi, cit., p. 1.
69 Ibidem.
70 F. Levi, In viaggio con Alex, cit., p. 41.
71 S. Bauer, G. Mezzalira, W. Pichler, La lingua degli altri, cit., p. 107.
72 A. Langer, Minima Personalia: il ’68 in provincia, cit., pp. 38-39; F. Levi, In viaggio con Alex, cit., pp. 33-49; G. Grimaldi, Alexander Langer: speranze e proposte per un’Europa Federale, cit., pp. 2-3; M. Valpiana, Alexander Langer, un facitore di pace, cit., p. 8-10; Fondazione Langer, Breve biografia di Alexander Langer, cit., p. 1; G. Fofi, Alexander Langer: fare ponti e viaggiare leggeri, cit., p. 1; M. Boato, Le parole del commiato, cit., pp. 5-14; C. Manenti, Nota biografica, in Lettere dall’Italia, cit., pp. 210-213; Comitato Bergamasco per la pace, Una bibliografia di Alex cit., p. 1; A. Papuzzi, Alex Langer. La fatica di costruire ponti, cit., pp. 1-2; Sergio Sinigaglia: In viaggio con Alex, cit., p. 1-2; Goffredo Fofi: chiarezza e dedizione, cit., p. 1; V. Riccardi, Alexander Langer tra “conversione ecologia” e “cultura della convivenza, cit., p. 1-7.
Cristina Pongiluppi, Il giornalismo militante di Alexander Langer, Tesi di laurea, Università degli Studi di Genova, Anno Accademico 2012/2013