Situazione ancora peggiore per i partigiani si presenta in val Casotto

Uno scorcio di Val Casotto. Fonte: Mapio.net

In Valle Pesio i primi gruppi confluirono rapidamente nella banda comandata da Piero Cosa che, sul piano militare, si impegnò in frequenti azioni di sabotaggio, soprattutto lungo le vie di comunicazione tra Piemonte e Liguria che rendevano la valle di forte interesse strategico. Tedeschi e fascisti risposero a queste azioni con ripetuti rastrellamenti e sanguinose rappresaglie che, tra gli effetti, ebbero però anche quello di accrescere i giovani che salirono in montagna e si affiancarono alla banda. Già alla fine del febbraio 1944 agiva in tutta la provincia una efficiente rete di informazioni, denominata “servizio X”. Tra il marzo e l’aprile 1944, però, un ampio rastrellamento tedesco che coinvolse le valli Corsaglia, Ellero e Pesio – e che culminò in quella che viene ricordata la “battaglia di Pasqua” – mise a dura prova la capacità militare della brigata.
Chiusa Pesio Museo della Resistenza

Fonte: Giampaolo De Luca. Op. cit. infra

Il richiamo alla tradizione militare è una delle principali caratteristiche dei contenuti e del linguaggio dei documenti partigiani di “Mauri” [Enrico Martini].
Espressioni tipo “abbiamo salvato l’onore delle armi”, in occasione della tremenda disfatta in val Casotto, richiama a un valore militare che è rimasto immutato nonostante lo sfacelo dell’esercito.
La dignità di ufficiale si fa sentire in particolare nei confronti del CLNRP, con cui “Mauri” intrattiene durante la guerra di liberazione un rapporto al confine tra lo scetticismo e la formale cordialità, che non impedisce al maggiore di rivolgersi anche con toni duri nei confronti dei «diplomatici di Torino»:
“Colgo l’occasione per rendere noto a cotesto Comitato che io sono un ufficiale superiore dello S.M.R. esercito e non un capo banda”. <458
Dai documenti emerge una personalità molto forte ed energica, un ufficiale degli alpini sicuro di sé e dei suoi uomini (“[…] io posso contare sui miei uomini in ogni contingenza, sicuro interprete dei loro sentimenti; del loro ardire della loro volontà”) <459 che non manca di punte di autonomismo politico e militare […] Nella relazione sul rastrellamento nazista avvenuto in val Casotto nel marzo ’44, “Mauri” spiega con molta chiarezza le difficoltà che i comandanti devono fronteggiare durante l’inverno per evitare di essere scoperti dalle truppe tedesche: La neve caduta abbondantemente nei primi giorni di marzo, tornò immediatamente più dannosa a noi che al nemico; con l’osservazione aerea questi poté agevolmente rilevare le nostre tracce ed i nostri movimenti nella neve fresca […] nonostante tutti gli accorgimenti e benché io facessi effettuare gli spostamenti esclusivamente di notte. Una constatazione che “Mauri” riaffermerà anche a guerra conclusa, quando il maggiore ricorda come «la montagna e le valli abbiano esaurito il loro compito. Esse offrono, è vero, delle posizioni dominanti estremamente favorevoli alla difesa, ma è ormai anche provato che di fronte alla strapotenza nemica non c’è posizione e valore individuale che possano tenere indefinitamente». Con lo spostamento nelle Langhe, a cambiare non è solo lo scenario ma anche la modalità di guerra, abbandonando cioè quel «concetto di resistenza ad oltranza», che aveva nuociuto gravemente ai partigiani della val Casotto e Corsaglia nel marzo ’44. Con il labirinto «dei loro boschi e dei loro valloni, le Langhe rendono possibile una resistenza organizzata come una manovra organica».
[NOTE]
458 “Richiesta ragguagli”, Comunicazione di “Mauri” al CLNRP, 25.10.44 in AISRP, B 45 a
459 “Relazione sull’attività svolta dalla Divisione Langhe nel periodo 1° luglio – 15 agosto 1944”, EILN al CLNRP, “Mauri”, 16.8.44, B 45 b
Giampaolo De LucaPartigiani delle Langhe. Culture di banda e rapporti tra formazioni nella VI zona operativa piemontese, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2012-2013

“Diario” del colonnello Ilario Bologna: “In previsione della reazione nazifascista, la mattina del 10 [marzo 1944], onde poter controllare la provenienza da Imperia, si provvide ad occupare alcuni costoni tra Pieve di Teco e i Forti di Nava. Il nemico, preannunciato da un forte rumore di autocarri, non si fece attendere molto. Pochi colpi sparati lo costrinsero a fermarsi ed ad abbandonare celermente gli automezzi…La posizione più elevata… consentì un’azione efficacissima, che bloccò sul posto i tedeschi… Iniziò allora la caccia al nemico nascosto, con rabbiose riprese di fuoco seguite da silenziosi intervalli. Con tale andamento la lotta continuò per tutto il giorno. La mitragliatrice pesante catturata il giorno prima… piazzata in posizione predominante… poté battere tutto lo schieramento avversario portandovi un notevole scompiglio. Verso l’imbrunire i nazifascisti, con il loro orgoglio alquanto malconcio, ci voltarono la schiena sparendo dalla nostra vista”.
Renzo Amedeo, Storia partigiana della 13^ brigata Val Tanaro, Artistica Savigliano, 2010

A partire dai primi di marzo [1944] iniziò infatti una generale offensiva tedesca che investì tutte le aree partigiane dell’Italia settentrionale e centrale. I reparti che nell’Alessandrino ed in Liguria avevano  fino ad allora provveduto al mantenimento della sicurezza nelle retrovie – Feldgendarmerie, polizia, GNR – si rivelarono inadeguati ad eseguire i rastrellamenti necessari. Il problema delle forze poteva facilmente essere risolto nel settore d’operazione lungo la Riviera sottraendo per brevi periodi di tempo i reparti necessari alla difesa costiera […] All’interno della zona di operazione era stata costituita una fascia della profondità di circa 30 chilometri nella quale erano le divisioni stesse a farsi carico – su ordine dei comandi superiori d’armata o di corpo d’armata ed in collaborazione con le truppe territoriali e con le forze di polizia – della repressione antipartigiana. Nel suo settore nord-occidentale la linea seguiva, grossomodo, il confine amministrativo tra le province del Piemonte e della Liguria e comprendeva la valle del Tanaro da Case di Nava a Ceva […] Fu qui dove si svolsero i principali rastrellamenti messi in atto in quest’area da reparti della 356^ divisione in collaborazione con le forze della RSI: a marzo in val Casotto nel Cuneese […]
Carlo Gentile, La Wermacht tra il Mar Ligure e il Po. Difesa costiera e repressione antipartigiana, in Quaderno di Storia Contemporanea, 17/18, 1995
 
Situazione ancora peggiore si presenta in val Casotto, che Mauri stesso si accorge fin da subito essere indifendibile, in quanto i nemici possono giungere da ogni dove. Ed è proprio qui che si consuma la tragedia più grande del gruppo di militari, che con più di 1000 uomini da armare e coordinare (giunti dopo la scadenza del bando di leva nel febbraio) non riescono a respingere l’attacco tedesco. Inoltre, non avendo predisposto un ripiegamento generale, organizzato su piccoli gruppi, la maggior parte dei partigiani viene chiusa in una morsa dai tedeschi senza avere via di scampo. Si conteranno più di 100 morti e lo sfaldamento completo delle bande. Circa un mese dopo, anche i partigiani della val Pesio subiscono un rastrellamento della Wehrmacht, che li costringerà a passare in val Tanaro.
Mario Torsiello (a cura di), Le operazioni delle unità italiane nel settembre-ottobre 1943, Stato maggiore dell’Esercito, Ufficio storico, Roma, 1975
I primi partigiani autonomi avevano costituito, poco dopo l’8 settembre 1943, il Gruppo Bacchetta (nome cospirativo del comandante Giuseppe Dotta) il cui comando era stato posto tra Rocchetta di Cairo e il Monte Bricco. Il gruppo Bacchetta agisce in provincia di Savona tra Piana Crixia, Santuario di Savona, Giusvalla e Varazze. … Adriano Gianni Voarino… Il 9 marzo 1944, di ritorno da un’azione condotta vittoriosamente, il suo reparto viene intercettato a Pamparato (CN) da un consistente gruppo di soldati tedeschi. Voarino, anche allo scopo di proteggere i propri compagni, non esita ad affrontare, con lancio di bombe a mano, un autocarro nemico nel tentativo di fermarlo e continua la propria azione finché non cade a terra crivellato di colpi… Il comandante Mauri così scrisse alla famiglia: Adriano è con noi e lo sarà ancora di più quando marciando in testa ai nostri ci guiderà nelle battaglie per la Liberazione della nostra Patria. Il Reparto sarà degno del suo nome … Il giorno 10 marzo 1944, “Martinengo” [Eraldo Hanau] delle Formazioni “Mauri”, con gruppi di badogliani fatti affluire da Garessio, unitamente a partigiani di Ormea disarma il presidio dei carabinieri di tale località. Il giorno successivo gruppi di badogliani e gruppi di resistenti del posto, non ancora collegati ad alcuna organizzazione, combattono nella zona di Pornassio contro i tedeschi che vengono respinti ai Forti di Nava. Nel corso del combattimento cade Olivio Fiorenza, al quale successivamente verrà intestato un Distaccamento della IV^ Brigata “Domenico Arnera” della VI^ Divisione “Silvio Bonfante”.
Renzo Amedeo, Op. cit.
 

Al 7 di marzo, l’operazione investì la Valle di Lanzo, al 13 la Valle Casotto e si spostò quindi sulla Valle del Varaita, condotta da forze tedesche varianti dagli effettivi di una a due divisioni di manovra (3-4.000 uomini). Nella Val Casotto, presidiata da circa 600 partigiani al comando del cap. Enrico Martini (Mauri) e dove era stata adottata la difesa rigida frontale, i volontari subirono un rovescio senza precedenti perdendo due terzi degli uomini in combattimenti o nei massacri di rappresaglia e nelle retate degli sbandati; quasi tutti gli ufficiali caddero e il resto della formazione fu disperso, salvo una esigua schiera di superstiti che, guidata dal cap. Martini, riuscì a rompere l’accerchiamento portandosi oltre il fiume Tanaro e guadagnando il territorio delle Langhe (9). In Val di Lanzo, le perdite partigiane furono di gran lunga minori, ma le bande uscirono dagli scontri scosse e disarticolate (10). Lo stesso accadde in Valle Varaita, dove la brigata garibaldina che vi stazionava non ebbe un bilancio di morti proporzionalmente così alto come in Val Casotto, ma vide scompaginarsi i suoi trecento effettivi e salvò soltanto l’unità di poche decine d’uomini respinti sui crinali verso la Valle del Macra, costretti ad abbandonare l’armamento pesante ed a nascondersi in posizioni da cui non potevano recare alcun disturbo al nemico (11).
Erano stati fatali ai partigiani sia in Casotto che in Varaita che, in forma meno grave, in Val di Lanzo, l’errore tattico, l’inesperienza individuale, la deficienza di servizi d’informazione sui concentramenti e sui movimenti nemici; la solita folla di reclute – in buona percentuale disarmate – che s’ammassava in spazi angusti, senza previste vie di ripiegamento affidate alla difesa di contingenti in grado di reggere alla pressione avversaria, ed era in preda al panico dopo i primi urti delle colonne che avanzavano facendo «terra bruciata» sul loro cammino. Ne erano scaturiti esempi sanguinosi e disgregatori dei pericoli che le formazioni correvano non cambiando metodo, non selezionando i quadri, non attenendosi in definitiva ai consigli che il Co.Mi. trasmetteva e che aveva riassunti nel suo foglio del 1° marzo.
Direttive ed esortazioni furono ribadite allora, alla luce di quanto era tragicamente accaduto, ed ebbero un completamento con disposizioni ancor più particolareggiate sulla tecnica della guerriglia.
In data 25 marzo, una circolare sull’argomento specificava […]
(9) Si confr.: Mauri (Martini E.), Con la libertà e per la libertà – SET, Torino 1947. – Dello stesso autore: «6a Zona: Langhe», in 25 Aprile – La Resistenza in Piemonte, a cura dell’ANPI Comitato Provinciale di Torino – ORMA, Torino
1946, pp. 179-200. Si confr. anche: Roberto Battaglia: Storia della Resistenza Italiana – seconda edizione riveduta ed integrata, 1953, Giulio Einaudi Editore, Torino; le citazioni a p. 271.
(10) Confr. Giovanni Dolino: «3a Zona: Val di Lanzo e Canavese» – nel cit. volume 25 Aprile. Le citazioni da p. 125 a p. 130.
(11) Confron. Roberto Battaglia, op. cit., p. 271. L’autore del presente studio raccolse dalla viva voce di volontari garibaldini sfuggiti al rastrellamento e riparati in Valle Stura, il racconto dei combattimenti di marzo del 1944 e, successivamente, ebbe conferma delle testimonianze da altri volontari appartenenti alla Brigata Garibaldi di Valle Varaita «Morbiducci» che vi parteciparono.
Mario Giovana, Il Comitato Militare del C.L.N. regionale piemontese nei primi mesi del ’44 in Italia contemporanea (già Il Movimento di liberazione in Italia dal 1949 al 1973) n. 41 anno 1956, Rete Parri

Tra il 13 marzo 1944 e il 5 aprile 1944 si consumò tutto il terribile rastrellamento [cui partecipò anche la GNR Imperia, Compagnia OP] contro i partigiani di “Mauri” in valle Casotto e dintorni (Bagnasco, Frabosa Soprana, Garessio, Lisio,  Montaldo  Mondovì,  Ormea,  Pamparato,  Viola,  Ceva,  Roburent,  Torre  Mondovì,  Battifollo, Monasterolo Casotto, Priola) che causò la morte di 26 civili e 98 partigiani, di cui molti catturati  e  fucilati  a  Ceva. Nella  “battaglia  di  Pasqua”,  rastrellamento  contro  le  formazioni  autonome “R” di valle Pesio protrattosi dal 7 al 12 aprile 1944, caddero nei comuni di Peveragno, Chiusa  Pesio,  Roccaforte,  Briga  Alta,  Limone,  Pianfei,  6  civili  e  13  partigiani… Dal  conflitto  uscirono  pesantemente  danneggiate  le  due  principali  linee  ferroviarie,  quella  per  Savona  e  la  Cuneo-Ventimiglia  (con  diramazione per Nizza), venuta a trovarsi a ridosso del fronte eretto dai tedeschi contro gli Alleati sbarcati in Provenza.
Redazione, Il Piemonte nella guerra e nella Resistenza: la società civile (1942-1945)di cui alla Deliberazione della Giunta Regionale [del Piemonte] 31 luglio 2015, n. 2-1929

Solo ora posso rendermi esatto conto dell’entità del disastro subito. Tutto il lavoro di lunghi mesi di preparazione e di sacrifici sanguinosamente pagati è andato distrutto. Ma non importa; basta avere la volontà e la forza per ricominciare da capo. Nella guerra partigiana non sono i successi che contano. Si può anzi affermare che in tale campo i valori si possono considerare completamente rovesciati. È dopo le prove più aspre e più cruente che si è creato realmente qualcosa di degno.
I ragazzi che mi sono rimasti sono ormai provati, temprati. Sono quasi tutti di Ceva: Picchio, i fratelli Bruno, Piero Nurisio, Mariolino, Ezio, Cesco, Ettore, Vincenzo, Beppe Ruffino… Vengono le mamme a trovarli, passano furtive attraverso i posti di blocco tedeschi, salgono nei boschi e portano cibo e notizie. Noi attendiamo più le notizie che il cibo. Raccontano del martirio dei nostri fratelli catturati dal nemico e condotti a Ceva al supplizio; ogni giorno ne trascinano quattro, cinque, sei lungo il greto del Tanaro, alla fucilazione. Prima di morire si abbracciano gridando: “Viva l’Italia”. Vanno alla morte con il passo fermo e non tremano lanciando l’ultimo grido. Le mamme raccontano e piangono. I tedeschi non vogliono che si sappiano i nomi dei martiri. Ma il vicario che li assiste viene a dirceli e a raccontarci come sono morti. Giacobini ha guardato con sprezzo i carnefici. Valvassura ha sorriso. Wolf, Berto, Zambetti, Luciano, Zanotti non hanno mosso ciglio. Aramis ha baciato Athos e Athos ha respinto sdegnoso la benda con cui uno sgherro voleva chiudergli gli occhi. Il dottor Re ha gridato: “Saremo vendicati. E l’Italia presto sarà libera”.
Enrico Martini Mauri, Partigiani Penne Nere. Boves, Val Maudagna, Val Casotto, le Langhe, Edizioni del Capricorno, 2016