Sindona e Calvi si piacquero subito

Grazie proprio ai capitali della Paribas, nel 1968 Sindona riuscì nell’impresa di acquisire la maggioranza di uno dei santuari della finanza italiana, la Sviluppo del gruppo Cini-Gaggia-Volpi, tre uomini di punta della finanza e dell’industria veneziana ingrossatasi all’ombra del regime fascista e oramai giunti al tramonto della loro avventura imprenditoriale.
Vittorio Cini, considerato ultimo vero doge di Venezia, nel 1949 aveva patrocinato con la Fondazione Giorgio Cini, creata in onore del figlio morto in un incidente aereo, numerose iniziative culturali nel tentativo di far dimenticare la sua contiguità col regime fascista, di cui era stato anche Ministro per le Comunicazioni. Alla morte del socio Achille Gaggia, nel 1953 assunse la presidenza del gioiello del gruppo, la società elettrica SADE, che mantenne fino all’incorporazione nella Montecatini, promossa nel 1964 da Enrico Cuccia dopo la nazionalizzazione del settore elettrico e avvenuta nel 1966. La Sviluppo era l’altro gioiello del gruppo veneto in disarmo, proprietaria dei più lussuosi alberghi italiani, dal Gritti di Venezia al Grand Hotel di Roma, all’Excelsior di Firenze <728.
Con l’aiuto di Tito Carnelutti, spesso ospite a Palazzo Cini, Sindona riuscì a conquistarsi la simpatia del vecchio imprenditore veneto, riorganizzandogli l’Istituto Editoriale Italiano di sua proprietà. In quel frangente si assicurò un consistente pacchetto della finanziaria veneziana dai Trabaldo Togna, proprietari della compagnia di assicurazioni Milano, per poi corteggiare tanto Giuseppe Volpi che Vittorio Cini, finché, quando il primo decise di vendergli le sue azioni, il finanziere di Patti ebbe gioco facile ad assicurarsi anche il pacchetto del “doge”, al quale non dispiacque che la sua finanziaria finisse in mano a un uomo sveglio come Sindona <729.
L’operazione fu importante per Sindona non solo perché gli permise di entrare finalmente nel cuore del sistema finanziario italiano e di sedere da pari nel cda della Sviluppo con alcuni dei più blasonati finanzieri dell’epoca, ma anche perché consolidò agli occhi di tutti il proprio rapporto con la COMIT di Mattioli e Bombieri, che a differenza del resto del sistema finanziario che faceva capo a Cuccia non lo aveva messo al bando, benché si guardasse bene dall’affidargli soldi, patrocinando la scalata alla finanziaria veneta <730.
Roberto Calvi e il Banco Ambrosiano
L’artefice dell’incontro, e del successivo sodalizio, tra Michele Sindona e Roberto Calvi verso la fine del 1969 fu Giuliano Magnoni, consuocero e socio in affari del finanziere di Patti <731. I due si piacquero subito, parlavano la stessa lingua ed entrambi erano interessati a scalare i vertici del sistema finanziario italiano. In quel momento, mentre Sindona era impegnato a porre le basi per le sue scalate alla Centrale, alla Bastogi e alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, Roberto Calvi lavorava per diventare direttore generale dell’Ambrosiano, nomina che arrivò nel 1971, e aveva bisogno di potenti alleati per realizzare il suo progetto di trasformazione della banca dove era entrato da impiegato nel 1947 in una merchant bank in stile anglosassone <732.
Sindona favorì l’incontro tra Calvi e Marcinkus nel 1970, che portò all’inizio delle relazioni tra lo IOR e il Banco Ambrosiano, che acquistò tramite la controllata Compendium una partecipazione di 33.500 azioni della Banca Unione per un totale di 2,5 milioni di dollari. Di contro, lo IOR, che fino a quel momento non aveva mai avuto particolari relazioni commerciali con il Banco, aumentò la sua partecipazione nel capitale della banca cattolica milanese, passando dallo 0,12 del 1° gennaio 1970 allo 0,93% del 1° gennaio 1971 <733. Fu l’inizio di una girandola di partecipazioni azionarie in società estere come la Cisalpine Overseas Bank, fondata il 23 marzo 1971 a Nassau, primo Presidente Marcinkus, anche se quasi subito lasciò la carica a Calvi <734. Sempre in quei mesi, la Banca Rasini, diretta da Luigi Berlusconi, padre di Silvio, entrava in rapporto con la Cisalpine attraverso la Brittener Anstalt <735, una società con sede a Mauren, in Liechtenstein, creata da Herbert Batliner, il re della finanza off-shore del piccolo stato europeo che nel 1998 avrebbe ottenuto da Giovanni Paolo II il titolo di Gentiluomo di Sua Santità, il più alto rango che un laico può raggiungere in Vaticano <736. Nel cda sarebbe entrato più tardi anche Licio Gelli <737, Gran Maestro della Loggia P2, alla quale Calvi si tesserò nell’agosto 1975, qualche mese prima la nomina a presidente del Banco Ambrosiano <738. Il collaboratore di giustizia Francesco Marino Mannoia disse al riguardo il 15 luglio 1991 <739: «Avevo sentito dire da Stefano Bontate e da altri uomini d’onore della nostra famiglia (sempre prima della morte di Bontate) che Pippo Calò, Salvatore Riina, Francesco Madonia e altri dello stesso gruppo avevano somme di denaro investite a Roma attraverso Licio Gelli che ne curava gli investimenti. Si diceva anche che parte di questo denaro era investito nella “banca del Vaticano”. La stessa notizia era riferita anche a padre Agostino Coppola. Di queste cose io parlavo solo con Stefano Bontate e Salvatore Federico che erano i “manager” della nostra “famiglia”. In sostanza, come Bontate Stefano e Salvatore Inzerillo avevano Sindona, gli altri avevano Gelli».
Quando fallì la scalata alla Bastogi e gli Hambro decisero di liquidare le proprie partecipazioni in Italia, Calvi fu fondamentale nel rilevare le azioni della Centrale dei banchieri londinesi, utilizzando la liquidità della Cisalpine, che prestò i soldi necessari alla Compendium. Sindona lasciò la carica di Consigliere nel cda della Centrale e al suo posto entrarono Carlo Canesi, l’ex-presidente del Banco e nume tutelare di Calvi, che fu nominato Presidente, e lo stesso Calvi, che ne divenne vicepresidente <740.
Secondo un piano concordato, Sindona avrebbe spostato le sue attività negli USA e il Banco Ambrosiano ne avrebbe curato gli interessi in Italia <741, così fu costituita la Zitropo il 9 giugno 1972 in Lussemburgo, con cui il finanziere di Patti si liberò delle sue partecipazioni in Italia, in particolare nel Credito varesino, nella Banca Cattolica del Veneto, nella Pacchetti, una società che produceva macchine agricole, nonché il diritto di opzione Invest e Toro Assicurazioni, vendendole a Calvi per 110 milioni di dollari, con l’obbligo a salvaguardare il controllo dei beni che gli erano stati ceduti742. Con i soldi ottenuti dall’operazione Zitropo Sindona comprò la Franklin negli USA.
Quando il Banco si defilò dall’operazione di salvataggio dell’impero di Sindona, per decisione principalmente di Gelli e Ortolani che lo avevano impiegato nell’operazione Rizzoli per acquisire il Corriere della Sera, il finanziere di Patti si sentì tradito e nel novembre 1977 fece tappezzare il centro di Milano con manifesti a caratteri cubitali in cui si accusava Calvi di truffa, falso i bilancio, appropriazione indebita, esportazione valutaria e frode fiscale, con tanto di numeri di conti bancari svizzeri sui quali il Presidente dell’Ambrosiano aveva versato i guadagni illeciti relativi all’operazione Zitropo743. Esecutore materiale dell’operazione, che continuò con una lettera-pamphlet indirizzata al governatore della Banca d’Italia Baffi e la pubblicazione sul periodico “Agenzia A” dei dettagli dell’operazione, fu tale Luigi Cavallo e l’obiettivo era convincere Calvi a intervenire per salvare le banche di Sindona. Alla fine, tramite la mediazione di Gelli che temeva che la questione degenerasse, Calvi versò estero su estero mezzo milione di dollari a Sindona, nell’ambito di una vendita immobiliare fittizia <744. Con quella transazione si chiusero i rapporti tra il Maestro e l’Apprendista, che nel mentre era divenuto il nuovo finanziere di riferimento non solo del Vaticano ma anche della P2 per penetrare nel tessuto industriale italiano.
[NOTE]
728 Panerai, De Luca, op. cit., p. 66.
729 Ivi, p. 67.
730 Ivi, p. 69.
731 Bellavite Pellegrini, op. cit., p. 180.
732 Ivi, p. 185.
733 Ivi, p. 182.
734 Commissione Parlamentare D’inchiesta Sulla Loggia Massonica P2 (1984). Relazione di minoranza del senatore Pisanò, IX Legislatura, Roma, 30 luglio, p. 17
735 Citato in PINOTTI, F., GÜMPEL, U. (2009). L’unto del Signore, Milano, BUR.
736 Citato in Ferruccio Pinotti e Udo Gümpel, Gli uomini d’oro del Vaticano: il finanziere nella cappella Sistina, la Repubblica, 10 giugno 2010.
737 Citato da Gianni Barbacetto, nella prefazione alla nuova edizione di TOSCHES, N. (1986). Il mistero Sindona: le memorie e le rivelazioni di Michele Sindona, Milano, SugarCo.
738 Bellavite Pellegrini, op. cit., p. 228.
739 INGARGIOLA, F. (Presidente). (1999). Sentenza n. 881/99 contro Andreotti Giulio, Tribunale di Palermo, 23 ottobre, p. 1778. Corsivo nostro.
740 Bellavite Pellegrini, op. cit., pp. 189-190.
741 Magnani, op. cit., p. 116.
742 La ragione della clausola che obbligava a salvaguardare i beni ceduti, ipotizza Maria Antonietta Calabrò in “Le mani della mafia”, p. 90, è che quegli investimenti italiani di Sindona non fossero in realtà suoi, ma affidati a lui da un’organizzazione terza di cui fu il fiduciario. Sindona, dopo la morte del banchiere milanese a Londra, invitò più volte al silenzio la vedova e il figlio di Calvi sui finanziamenti iniziali della Zitropo, su cui aveva indagato anche Giorgio Ambrosoli prima di essere assassinato l’11 luglio 1979. L’avvocato in particolare aveva avviato specifici accertamenti sul Kredietbank Luxembourg, che risultava essere uno dei principali azionisti del Banco Ambrosiano, come risultò anche dall’istruttoria del pubblico ministero sulla bancarotta, a p. 555.
743 Ivi, p. 118.
744 Ivi, p. 119.
Pierpaolo Farina, Le affinità elettive. Il rapporto tra mafia e capitalismo in Lombardia, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno Accademico 2019-2020