Nella vicenda intervenne anche il Comando Alleato, nella figura del capitano Bob, capo della Missione Americana del Comando Supremo presso il Comando Unico parmense

Fin qui abbiamo visto i motivi avallati dal nuovo Comando unico, e dalle brigate, e quelli del CLN provinciale nella contesa questione sulla formazione del C.U.O; vediamo ora la questione osservata da una prospettiva super partes, rappresentata dalla relazione <121 di Marelli, Ispettore del Nord Emilia <122, inviata il 9 novembre 1944 al CLN parmense, nella quale riporta di una riunione avuta con il Comandante Generale; in tale riunione l’Ispettore fu invitato appositamente per riferire i fatti svolti nel parmense. Nella relazione emergono quali siano stati gli errori dall’una e dall’altra parte:
“Il Comandante Generale è giunto alle seguenti conclusioni […] nel dissenso verificatosi tra il C.L [Comitato di Liberazione] e il C.U. [Comando Unico] per la nomina del nuovo C.te U. [Comandante Unico] (Gloria o Arta) vi erano state delle manchevolezze da una parte e dall’altra. Il C.U ha errato nel procedere all’elezione di un Comandante non fornito degli indispensabili requisiti militari, il che pur riaffermando il principio democratico della elezione, è stato unanimemente dichiarato inammissibile. Il C.U aveva pure gravemente errato in precedenza nell’appesantire di tanto personale dirigente che lo aveva ingolfato […] il CLN d’altra parte se è stato assai più felice nella designazione di Gloria ha però esorbitato dalle sue funzioni col procedere di sua iniziativa alla nomina di un Comandante militare ed ha mancato di tatto e forma nel cercare di imporre d’ autorità un nominativo che ai reparti era sconosciuto”. <123
Il 12 novembre 1944 venne inviata una lettera a tutti i Comandi di Brigata da parte del Comandante Arta e del Commissario Poe, i quali riconfermavano il loro incarico nel Comando e annunciavano la costituzione in una Delegazione del Comando Unico, definita come “semplicemente una parte del comando unico distaccata in una zona che per ragioni topografiche e le comunicazioni rapide con il C.U. erano piuttosto difficili”. <124
Questo è l’ultimo documento relativo all’arco temporale in cui si svolse la diatriba per la nomina del Comando Unico e che la dichiara conclusa. Sebbene tale vicenda, pur trattandosi di una parentesi significativa nella storia del comando parmense, venga esposta in pochi passaggi nel libro di Leonardo Tarantini e nelle altre bibliografie <125, essa in realtà rivela un quadro molto interessante dei rapporti e delle dinamiche politiche e sociali all’interno del movimento. Si tratta quindi di un movimento che, per quanto unito nel fine ultimo della liberazione, al suo interno è composto da numerosi voci e caratteri che in circostanze come questa, tendono a portare avanti i propri principi e la propria autorità; di fronte alla “lotta per il potere” l’unica soluzione è quella del compromesso, che lenisce ma non spegne i dissidi.

  1. Questione della nomina del Comando Unico (febbraio 1945)
    Tuttavia tale dissidio con il Comando Unico, non si spense con la decisione di novembre, ma riaffiorò alcuni mesi dopo. I complicati rapporti tra Comando Unico, Comitato di Liberazione e Nord Emilia si fecero ancora più tesi verso il febbraio del 1945, quando la voce delle ipotetiche dimissioni di Arta (Giacomo Ferrari) dall’incarico di Comandante, riportarono alla ribalta le questioni, mai del tutto sopite, tra il Comando parmense e gli altri organi. Avvenne infatti che durante il rastrellamento invernale perse la vita il partigiano Franci (Brunetto Ferrari) Vice Commissario della 47° Brigata Garibaldi e figlio del Comandante Arta. Lo sconforto per la perdita subita e il peggioramento delle condizioni di salute di Ferrari, lo portarono a pensare all’ipotesi di dimettersi. Questa “occasione” fu colta al volo dalla Delegazione del CUMER, che inviò un’ordinanza il 22 febbraio 1945 <126 nella quale Arta veniva dichiarato destituito.
    A seguito della decisione presa dal Comando Nord Emilia di sostituire il Comandante Arta con Gloria, quest’ultimo una volta giunto alla sede del Comando della zona Ovest, si trovò di fronte al rifiuto di Arta a cedere il comando. Di questo fatto ne siamo a conoscenza grazie ad un documento <127 inviato dal Comandante del Nord Emilia, Bertola, al Comando Generale Alta Italia; si tratta di una lunga relazione, scritta il 3 aprile 1945, nella quale “lo scrivente ritiene doveroso segnalare d’urgenza la situazione creatasi nei riguardi del Comando Unico parmense”. <128 Dopo il rifiuto di Arta di cedere il comando, Gloria fece marcia indietro e informò il Nord Emilia, il quale inviò una copia dell’ordine di sostituzione e incaricò il Vice Comandante Aceti (Giovanni Vignali) di ispezionare la zona parmense e monitorare la situazione. Intanto il Colonnello Gloria informava il CMNE del fatto che il patriota Arta si era deciso ad essere sostituito. Pertanto il Colonnello ripartiva per assumere il Comando Unico. <129 Tuttavia, in una riunione tra i membri del Comando Unico, il Capitano della Missione Alleata e i rappresentanti del Nord Emilia, si decise di mantenere la situazione prima della crisi: Arta e Poe al Comando della zona Ovest e Gloria e Mauri operanti nella Zona Est della Cisa. Il Comando della zona Est venne riconosciuto come autonomo, non più delegato, per tanto non era più alle dipendenze del Comando Unico operativo della zona Ovest, ma sarebbe dipeso direttamente dal Comando Generale. Ancora una volta a essere contesa è la nomina per il Comando Unico, questione sulla quale poche tracce si trovano nella bibliografia, ma che risulta essere l’oggetto di molta documentazione.
    Il primo documento in cui si fa cenno alle dimissioni del Comandante Ferrari è del 6 febbraio 1945 da parte della Federazione Comunista di Parma <130; nello scritto in questione si dice che “il Comando attuale deve essere rimosso al completo per malattia di Arta” <131; segue poi la proposta da parte della Federazione di nominare il Colonnello Gloria Comandante. Forse potrebbe sorprendere il fatto che il Partito Comunista, come in novembre, appoggi la candidatura del colonnello Gloria, un democristiano, a Comandante di tutto il movimento parmense. Questo lascia avanzare due ipotesi, probabilmente valide entrambe; la prima è che il Partito preferisca affidare la conduzione della lotta ad un elemento di comprovata capacità militare, anziché ad un Compagno meno capace; questo viene dichiarato dallo stesso Triumvirato Insurrezione Nord Emilia in una lettera indirizzata ad Arta del 18 marzo 1945 <132 in cui spiega che la nomina di Gloria, non solo era approvata ma suggerita “dal nostro partito, la cui preoccupazione fondamentale è quella di potenziare la guerra per la cacciata degli invasori tedeschi”. <133
    La seconda ipotesi, è che la Federazione lasciando libero il posto di comando ad un membro della Dc, punti a inserire un comunista nel ruolo di Commissario Politico, incarico che meglio si presta alla propaganda. Per quanto voluto dal CLN di Parma, e dallo stesso partito comunista, la presenza di Gloria al Comando rappresenta un motivo di preoccupazione per la Federazione Comunista; questo emerge da un documento <134 inviato dalla Federazione ad Annibale (Luigi Rastelli) allora responsabile politico della Zona Est, dove si legge:
    “Quello che più ci preoccupa è che la loro influenza [di Gloria e Don Guido] fosse usata per sviluppare nel V.D.L [Volontari della Libertà] uno spirito al facilismo, al compromesso, ciò dovremmo vincerlo con ogni mezzo, facendo giungere ai partiti delle altre brigate, la propaganda atta fare comprendere la necessità della lotta”. <135 <136
    Ritornando alla dimissioni di Arta, il primo documento ufficiale indirizzato al Comando delle forze partigiane del parmense, da parte del Comando Militare Nord Emilia, risale al 22 febbraio 1945. <137 Il Comando informa le brigate che:
    “In considerazione che il Comandante Arta per motivi di salute non sia più in grado di disimpegnare le sue funzioni sin qui assolte, se ne impone la pronta sostituzione […] per quanto sopra si procede con la riorganizzazione del Comando Zona Parmense, costituito dal Colonnello Gloria, Comandante coadiuvato dal Commissario Mauri” <138.
    Il Nord Emilia conclude lo scritto rivolgendo ad Arta e Poe un vivo elogio per la passione dimostrata nel loro incarico; la sostituzione anche di Poe, ci informa il documento <139 dell’11 marzo firmato dal Vice Comandante Nord Emilia Aceti (Giovanni Vignali) e inviato al Comando generale alta Italia, era stata presa “allo scopo di equilibrare le correnti politiche nel C.U. essendosi il Colonnello Gloria dichiarato democristiano” <140.
    La questione si protrasse anche per il mese di marzo. La relazione dell’Ispettore del Nord Emilia Umberto (Umberto Pesatrini), inviata al Comando il 17 marzo, ripercorre l’andamento generale del movimento parmense e ci fornisce una narrazione anche sulla questione della crisi del Comando: <141
    “Vi furono accenni di crisi, nel C.U. nella prima metà di febbraio, a causa di una penosa indisposizione del Comandante Arta, aggravata dalla perdita in combattimento del suo figliolo. Ma questo eccellente uomo, non appena incominciò a superare il malessere, riprese con animo virile il suo ufficio[…] mediante un nuovo regolamento di disciplina, la riforma e l’arricchimento del corpo di staffette, la creazione di un ufficio informazioni […]si è conseguito una coesione pratica e spirituale mai raggiunta nelle nostre formazioni […] per queste ragioni non sembrò né opportuna né chiara una nuova crisi del Comando Unico manifestatasi attraverso le dimissioni del Comandante Arta nella seconda metà di febbraio. Pare che le dimissioni furono dovute allo scoramento determinato in Arta, da alcune critiche mossegli. Ne venne una reazione in favore di Arta, da parte di quanti componevano il Comando e da parte delle brigate stesse, che gli espressero la loro fiducia. Il Comandante Arta si indusse a ritirare le dimissioni e a riprendere l’opera sua che è sempre stata generosa e intelligente. Debbo aggiungere con onesta schiettezza, che non ha fatto buona impressione il recente provvedimento che esonera Arta dalle sue funzioni, ciò senza nulla togliere al suo successore”. <142
    Prosegue poi l’Ispettore Umberto trattando anche della sostituzione di Poe. Non si ha prova nella documentazione di quale siano le critiche mosse ad Arta; mentre sulla reazione in favore di Arta da parte dei comandi, ne abbiamo una testimonianza nel documento firmato da Annibale (Luigi Rastelli) Comandante della 31a Brigata Copelli e dal suo Commissario Maurizio (Aldo Bernini). <143 In questa lettera Annibale e Maurizio esprimono la stessa indignazione mostrata da Franco (Franco Franchini) nella lettera a Dragotte (Giuseppe Del Nevo) vista nel paragrafo precedente. <144 Nella lettera inviata alla Federazione del Pci del 21 marzo 1945 si legge:
    “Il C.U è nuovamente in crisi, il Nord Emilia ha inviato una lettera in cui dall’alto rimuove Arta per motivi di salute e quindi anche Poe e impone il nuovo comando nella persona di Gloria e Gracco <145. Desidererei sapere se vige ancora il principio democratico o se si è ritornati alla gerarchizzazione di tipo fascista”. <146
    Lo scritto breve ma incisivo di Annibale oltre che dimostrare una certa reazione nei comandi, come riportava Umberto, dimostra come anche in questo caso la crisi del Comando Unico venga avvertita dalle brigate come una messa in discussione del legittimo principio di elezione democratica e della propria indipendenza.
    È sempre dell’Ispettore Umberto la relazione datata il 26 marzo e inviata al Comando del Nord Emilia <147, nella quale si riprendendo in maniera più articolata gli andamenti della crisi in seno al Comando sorta in seguito alla lettera del 22 febbraio, vista in precedenza, nella quale il Nord Emilia dispensava dal loro incarico Arta e Poe. L’ispettore Umberto riporta di come:
    “L’atto di autorità del Nord Emilia, fosse da tutti giudicato (e non si può negare che così fosse) illegale, non essendo ancora pubblicato, quando esso fu emanato, e nemmeno quando giunse al C.U, il nuovo ordinamento della Milizia Volontaria abolente le elezioni delle cariche e istituente le nomine dall’alto […] tutto ciò determinò vivo malessere e scontento nei capi delle brigate e nei Commissari Politici venuti a conoscenza dell’ordine del Nord Emilia”. <148
    La validità del provvedimento del Comando regionale viene messa in discussione non solo da un punto di vista “consuetudinario”, l’elezione dei capi da parte dei partigiani era un prassi convalidata nel movimento, ma anche legale, dal momento che non era ancora stata ufficializzato il nuovo ordinamento emesso dal Comando Generale per l’Alta Italia occupata del Corpo volontari della libertà che, come spiega Umberto, aboliva l’elezione dal basso in favore della nomina da parte delle autorità competenti.
    La seconda parte del documento ci informa del fatto che in questa vicenda intervenne anche il Comando Alleato, nella figura del capitano Bob, capo della Missione Americana del Comando Supremo presso il Comando Unico parmense:
    “A tagliare i nodi intervenne domenica 18 una energica e netta comunicazione del Comando Superiore Interalleato, il quale si manifestava contrario ad ogni cambiamento dell’attuale comando. Il Capitano Bob […] illustra la comunicazione del Comando Supremo con altissime parole di lode per l’azione del Comando Unico Parmense, che disse il migliore di quanti esistono in Alta Italia, dicendo che l’energia e l’attività che esso ha dimostrato durante e dopo l’ultimo rastrellamento riacquista vano il pieno plauso dei Comandi Interalleati. Questa fu la situazione che io trovai tornando al C.U la sera del 21”. <149
    Nell’ultima parte della sua relazione l’Ispettore Umberto (Umberto Pestarini) riferisce di una riunione nel mese di marzo, tenutasi alla presenza del Capitano Bob, dei membri C.U parmense, degli ispettori per il Nord Emilia Umberto e Bertini e del Vice Comandante del Nord Emilia Aceti (Giovanni Vignali). Nel corso dell’adunanza:
    “non si poté disconoscere che l’ordine del Nord Emilia era tempestivo ed illegale. Si aggiunga che fu da tutti lamentata la carenza di codesto Comando [il Nord Emilia] il quale senza mai avere avuto contatto diretto con le formazioni volontarie, e senza quindi aver mai esercitato un’azione effettiva e benefica su di esse, produceva con interventi tardivi e quindi privi di opportunità, conseguenza: disordine e scontento”. <150
    Conclude il documento, dichiarando che venne approvata, nel corso della riunione, con unanime consenso l’elevazione della Delegazione a Est della Cisa a Comando Est Cisa affidato al Colonnello Gloria, mentre restava immutato l’assetto del Comando a Ovest della Cisa. <151
    La relazione del rappresentante del Nord Emilia, ci dimostra che la crisi del Comando non interessò solo il movimento parmense e gli organi del CLN e del CMNE, ma vide coinvolto anche un quarto componente, quello Alleato, che emerge dai documenti saltuariamente e solitamente per le questioni più pratiche relative agli accordi per gli aviolanci.
    Con questo documento la vicenda sembra chiudersi con una sostanziale regolamentazione di una realtà già in atto, cioè l’autonomia del Comando della zona Est, rispetto a quello della Zona Ovest della Cisa; questo avvenne a discapito di quanto affermavano Arta e Poe nella lettera <152 inviata il 12 novembre 1944 ai Comandi di brigata, dove li informava del fatto che la Delegazione del Comando Unico, allora appena costituita, non sarebbe stato un organo autonomo ma dipendente dal Comando Unico. Il fatto che il Comando di Gloria agisse già di fatto come Comando indipendente viene espresso nella relazione del Vice Comandante del Nord Emilia dell’11 marzo 1945, nella quale si legge:
    “Fu il Gloria a proporre la soluzione che fu adottata e che rappresenta un felice compromesso. Egli espone chiaramente la tesi che nella provincia di Parma non solo potevano ma dovevano essere creati due Comandi Unici in quanto già di fatto le due zone Est e Ovest della Cisa agivano e si amministravano come se esistessero già due Comandi Unici. Aggiunse poi altre considerazioni di carattere tecnico e militare che confortavano la sua tesi”. <153
    Ulteriore conferma dell’effettiva autonomia della Zona Est, proviene non solo dalle direttive generali inviate alle formazioni dipendenti, paragonabili a tutti gli effetti con quelle inviate da Arta e Poe, ma anche dal fatto che non ci siano documenti che testimonino un rapporto gerarchico tra i due comandi. Il fatto che non ci sia nessuna direttiva da parte di Arta verso il Comando della zona Est indica che quest’ultimo già godeva di un’autonomia che nella riunione di marzo viene solo ufficializzata.
    Anche il Vice Comandante del Nord Emilia, Aceti lo stesso giorno (26 marzo 1945) inviò una relazione <154 al CMNE e al Comando Generale Alta Italia confermando quanto riportato da Umberto. Viene precisato il fatto che il Comando non abbia voluto dimettersi perché considerava l’ordine della Delegazione del CUMER, illegale dal momento che “non vi è ancora nessuna disposizione che autorizzi detto comando a nominare i comandanti unici” <155. A suffragare la tesi di Arta e Poe fu il radiogramma inviati dal comando Alleato, in contrasto con le direttive del Nord Emilia. Per queste ragioni, venne approvata la risoluzione che di fatto lasciava le cose come stavano. Secondo il Vice Comandante, la soluzione di compromesso individuata risulta essere soddisfacente sia da punto di vista militare che politico. Sul piano politico, i due Comandi mantengono l’equilibrio politico tra le brigate democristiane e le garibaldine; sul piano militare, “nella zona Ovest il Comandante Arta non può considerarsi all’altezza di Gloria, [ma] è però validamente coadiuvato dal Colonnello Ottavio che è indubbiamente un valente Capo di S.M. <156.
    Se nella realtà dei fatti la questione si concluse nel marzo 1945, così non avvenne nei documenti: nel successivo mese di aprile continua il carteggio relativo alla crisi del comando, crisi che lascerà ancora degli strascichi anche fino alla fine di aprile, a Liberazione quasi ormai avvenuta.
    [NOTE]
    121 AISRECP, Fondo Lotta di liberazione, busta 3 OD, fasc. OP a, f.39.
    122 Cfr. F. Cipriani, Guerra Partigiana, p.262.
    123 AISRECP, Fondo Lotta di Liberazione, busta 3 OD, fasc. OP a, f.39.
    124 Ivi, busta RI, fasc. QC, f.5.
    125 Cfr. L. Tarantini, Resistenza armata nel parmense, p. 192-193; Una stagione di fuoco, a cura di Centro Studi Movimenti p. 260-261; P . Savani, Antifascismo e guerra di liberazione, p. 153.
    126 AISRECP, Fondo Lotta di Liberazione, busta 1 OD, fasc. OC d1, f. 108.
    127 Ivi, busta RI, fasc. QC, f.15.
    128 Ibidem
    129 Ibidem
    130 AISRECP, Fondo Lotta di Liberazione, busta 3 OD, fasc. OP b2, f. 45.
    131 Ibidem
    132 AISRECP, Fondo Privato “Ferrari Giacomo”, busta 11 f. 22.
    133 Ibidem
    134 AISRECP, Fondo Lotta di Liberazione, busta 3 OD, fasc. OP b2, f. 39.
    135 Ibidem
    136 Tale documento non reca datazione, ma per i fatti che riporta può essere collocato tra dicembre 1944 e gennaio 1945.
    137 AISRECP, Fondo Lotta di Liberazione, busta 1 OD, fasc. OC d1,f. 108.
    138 Ibidem
    139 Ivi, busta RI, fasc. QA, f 1.
    140 Ibidem
    141 Ivi, fasc. QC, f.19.
    142 Ibidem
    143 Ivi, busta 3 OD, fasc. OP b3, f. 90.
    144 Ivi, busta 6 BR, fasc. 1J d, f. 38.
    145 Come si vedrà nel paragrafo seguente, Mauri (Primo Savani) nello stesso periodo viene destituito dall’incarico perché accusato di alto tradimento, e per questo sostituito da Gracco (Leris Luigi)
    146 Ibidem
    147 AISRECP, Fondo Lotta di Liberazione, busta 1 OD, fasc. OC d2, f.27.
    148 Ibidem
    149 Ibidem
    150 Ibidem
    151 Ibidem
    152 Ivi, busta RI, fasc. QC, f.5.
    153 Ivi, fasc. QA, f.1.
    154 Ivi, fasc. QC, f.12.
    155 Ibidem
    156 Ibidem
    Costanza Guidetti, La struttura del comando nel movimento resistenziale a Parma, Tesi di laurea, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Anno Accademico 2017-2018