Nella notte del 15 febbraio 1944 la Gestapo accerchiò Celano

Celano (AQ) – Fonte: Mapio.net

A seguito delle intense nevicate dell’inizio del nuovo anno [il 1944] , i tedeschi ordinarono alla popolazione di collaborare con la Centuria Lavoratori allo sgombro del tratto stradale San Potito-Ovindoli [in provincia dell’Aquila]: alcuni patrioti, unitisi a loro con il pretesto di collaborare, svolsero invece attività di propaganda antinazista, convincendo infine 80 operai della Centuria ad allontanarsi dal lavoro; e poi in Contrada San Potito per iniziativa di Piccinini Gesualdo ed approfittando di una grande tormenta di neve, «un soldato tedesco che assisteva ai lavori [venne] fatto precipitare in un vicino burrone dove [trovò] la morte» <2011.
Agli inizi di febbraio, furono arrestati per rappresaglia e trasferiti al carcere di Tagliacozzo diciannove cittadini celanesi, tra cui il parroco don Di Cola e Luigi Cesare Barbati <2012 che «venne colpito mentre tentava di fuggire; ferito, morì cinque giorni dopo all’ospedale di Pescina» <2013. Il 7 febbraio 1944, informati del transito di un motociclista portaordini tedesco da e per Tagliacozzo [in provincia dell’Aquila], un gruppo di elementi della banda lo intercettarono, lo disarcionarono dal suo mezzo per poi ucciderlo «a colpi di coltello» <2014. La rappresaglia tedesca non si fece attendere: il giorno dopo diversi cittadini furono presi in ostaggio e rilasciati solo dopo 45 giorni di detenzione, tra loro il portaordini della banda, Costantino Morgante <2015 che riuscì a fuggire il giorno successivo da Tagliacozzo ed a tornare nella banda <2016.
Nella notte del 15 febbraio la Gestapo accerchiò Celano [in provincia dell’Aquila] e provvide all’arresto di 120 cittadini celanesi <2017 tra cui Loreto Di Renzo <2018, ed altri partigiani operanti nell’area marsicana <2019. Responsabili della delazione che condusse all’arresto del Di Loreto furono il rag. Edoardo Facello <2020 e il brigadiere Raffaele Siniscalchi <2021, che nei mesi precedenti erano riusciti a conquistare la fiducia dei partigiani non solo di Celano ma anche di Pescina <2022 e dei paesi in cui erano attivi gruppi della Patrioti Marsicani <2023, venendo a conoscenza «di tutto quanto accadeva nella Marsica in seno al […] movimento antitedesco» <2024. Dei 120 celanesi arrestati ed ammassati nelle aule dell’edificio scolastico di Celano e poi tradotti nelle carceri naziste de L’Aquila (site presso la Caserma Allievi Ufficiali), un primo scaglione fu rilasciato dopo pochi giorni, altri furono inviati al campo di concentramento di Ascoli Piceno, altri ancora a quello di Teramo, e un gruppo ristretto, tra cui il Di Renzo <2025, furono portati a Roma, prima in via Tasso, e dopo nel carcere di Regina Coeli, ove restarono in attesa di giudizio fino alla Liberazione da parte alleata del 4 giugno 1944 <2026.
A seguito dell’arresto del Di Renzo, la formazione partigiana passò sotto il comando del sottotenente Nicola Carusi <2027 e del suo vice sottotenente Agostino Paolini che ritennero di interrompere temporaneamente le attività «per dare ai tedeschi l’impressione che non esistesse nei paesi e dintorni alcun movimento partigiano» <2028, e per riorganizzare le fila a seguito anche dell’inserimento nella banda di nuovi elementi.
Il 2 marzo riprese l’attività di sabotaggio: primo obiettivo il taglio in più punti della linea telefonica «tedesca che collegava la zona adriatica dell’Abruzzo con il comando superiore di Massa d’Albe» <2029. Quindi in azioni successive fu realizzato lo spargimento di una cassa di vetri in precedenza preparati come da istruzioni di Radio Bari, «sulla strada che va dal passaggio a livello al crocevia Celano-Fucino-Aielli-Paterno» <2030; l’inversione di cartelli stradali; ed ancora sabotaggi ai pali ed ai fili telefonici, in seguito a quali i tedeschi affidarono la sorveglianza delle linee che da Celano passavano per Pietragrossa di Paterno, San Pelino, Falde del Monte Velino, per arrivare a Massa d’Albe, ai civili «per i quali, in caso di interruzione, era comminata la pena di morte» <2031.
Perdurante l’attività di propaganda antinazista, svolta dalla banda: gli inizi del mese di aprile, giunta a Celano una commissione di leva dell’esercito repubblichino per il reclutamento dei giovani delle classi di leva dal 1922 al 1925, i patrioti riuscirono a convincere molti di loro a trasferirsi alla macchia unendosi alla formazione, anche dopo aver presentato il proprio nominativo e ricevutene in cambio 50 lire <2032. Il 1° maggio Nicola Carusi, accompagnato da Ercole Di Renzo, affisse per tutto il paese manifesti di propaganda antifascista diretti alla popolazione e manifesti di minaccia diretti alle centurie del Lavoro, inviati dal comando Patrioti Gran Sasso <2033. Verso la fine del mese, intensificatesi i rastrellamenti di bestiame da parte dei tedeschi, la banda convinse e coadiuvò i contadini nel trasferire gli animali sul Monte Sirente ed organizzò un servizio di sorveglianza, in collaborazione con i paesi vicini <2034, grazie a cui si riuscì a salvare buona parte del patrimonio zootecnico della zona <2035.
Nella notte tra il 1° ed il 2 giugno, un gruppo di cinque patrioti <2036 appartenenti alla formazione fecero un’incursione in Aielli Alto presso la caserma dei paracadutisti «”San Marco” comandata dal Sottotenente Valfio Padovano» <2037: nello scontro a fuoco che seguì Antonio Milone fu ferito all’arto inferiore destro da colpo di fucile a mitraglia <2038, e quindi «fatto prigioniero dai tedeschi e dai soldati italiani repubblicani. Venne trasportato sotto il ponte di Cerchio, sulla Tiburtina e lì fu lì freddato con un colpo di pistola alla fronte, nella sera del 2 giugno»2039.
Il 5 giugno il partigiano Gino Vicaretti <2040, che già due giorni prima aveva provocato lo scontro di un treno merci con un autocarro carico di soldati tedeschi e repubblichini lungo la linea ferroviaria Pescara-Roma all’altezza del casello ferroviario II <2041, venne catturato mentre stava tentando di asportare una cassa di munizioni da un mezzo tedesco <2042 e condotto in località Ponte Negroni, dove venne ucciso con una raffica di mitragliatore <2043. Il suo cadavere fu rinvenuto in un burrone fuori dall’abitato di Celano <2044. Suo padre, Domenico Vicaretti per vendicarne al morte, attaccò con altri patrioti una pattuglia tedesca di retroguardia, facendo due vittime e quattro prigionieri <2045.
Il 7 giugno un gruppo di patrioti in località montagna Grandine fermò l’azione di tre razziatori tedeschi: due riuscirono a fuggire mentre il terzo fu ucciso e gettato «in un burrone alto circa 200 metri» <2046. Lo stesso giorno a pochi chilometri, fu vittima di una pattuglia tedesca in ritirata, Giuseppe Angeloni <2047 di Cerchio che accorso alle grida della moglie fu colpito a morte da colpi di fucile <2048.
Due giorni dopo, in una Celano da cui erano completamente evacuate le milizie tedesche e repubblichine, ed in cui era ormai prossimo l’arrivo delle truppe Neozelandesi dell’8a Armata comandate a liberare la zona <2049, si riversò l’intera formazione partigiana che: prese possesso della locale stazione dei Carabinieri arrestandovi le guardie repubblichine, procedette «al fermo di 150 persone, fra fascisti, spie e collaborazionisti» <2050, occupò la sede del comune, e presidiò tutte le strade di accesso al paese <2051.
Ad otto mesi dalla Liberazione, il partigiano della banda Ombrone, Salvatore Rinaldo Taccone <2052, cedette in seguito di malattia contratta in servizio: alla sua morte, avvenuta il 18 febbraio 1945, venne riconosciuto partigiano combattente caduto per la lotta di Liberazione <2053.

NOTE
2011 «Il cadavere trovasi ancora giacente in quel punto», ivi, banda Ombrone, relazione di Di Renzo Loreto.
2012 Nato a Celano (AQ) l’11 novembre 1913, soldato di Artiglieria, ha svolto attività partigiana come isolato dal 01/10/43 al 06/02/44, giorno in cui morì in seguito al ferimento per mano tedesca. Riconosciuto partigiano combattente caduto per la lotta di Liberazione. Cfr. ivi, schedario partigiani e schedario caduti e feriti.
2013 Ad eccezione del Parroco, liberato dopo venti giorni, i restanti cittadini furono adibiti dai tedeschi a lavori duri e pericolosi per circa due mesi. «[…] a Celano, le operazioni di deportazione ai campi di lavoro obbligatorio dei nazisti riguardarono quattrocento persone di varia età e condizione sociale», in http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=2997.
2014 ACS, Ricompart, Abruzzo, Banda Ombrone, relazione di Di Renzo Loreto.
2015 Nato a Celano (AQ) il 2 gennaio 1920 ha svolto attività partigiana nella banda Ombrone dal 15/10/1943 al 15/08/46, giorno in cui morì a seguito di malattia polmonare contratta durante la militanza. Riconosciuto partigiano caduto per la lotta di Liberazione. Cfr. ivi, schedario partigiani e schedario caduti e feriti.
2016 Cfr. ivi, Banda Ombrone, relazione di Di Renzo Loreto.
2017 Cfr. ivi, atto notorio del Comune di Celano (AQ) del 24 aprile 1946. Tra essi i partigiani della banda: Cantelmi Felice nato a Celano (AQ) il 10 marzo 1897, ha svolto attività partigiana nella banda Ombrone dal 15/09/1943 al 10/06/1944 e Ranieri Enrico nato a Celano (AQ) il 5 novembre 1894, ha svolto attività partigiana nella banda Ombrone dal 15/09/1943 al 10/06/1944. Cfr. ivi, schedario partigiani e relazioni e comunicazioni di Di Renzo Loreto.
2018 Tratto in arresto con la moglie, rilasciata poi il giorno successivo dopo aver subito un interrogatorio. Cfr. ivi, relazione di Di Renzo Loreto.
2019 Tra cui Ferrante Emilio comandante della banda Fontamara non riconosciuta come formazione partigiana. Cfr. ivi, Banda Fontamara.
2020 «[…] mandato da Roma (Partito d’Azione) per collaborare con me [Di Renzo Loreto] e che improvvisamente si vendette ai tedeschi per 10.000 Lire», ivi, Banda Ombrone, relazione breve di Di Renzo Loreto. Fuggito da Pescina, il Facello fu arrestato a liberazione avvenuta e «traditore dei compagni, degli ospiti e degli amici attende in carcere la immancabile punizione, che ci auguriamo esemplarmente severa per la sua opera di rinnegato», ivi, documento volante. Anche Santucci Manfredo, capo del nucleo Ovindoli della Banda Ombrone, conferma l’opera delatoria del Facello. Cfr. ivi, Banda Ovindoli, relazione di Santucci Manfredo.
2021 «[…] ucciso del 14 febbraio la sera nei pressi di Pescina da comunisti locali ai quali venne segnalato dal Patriota Cantelmi Vittorio», ivi relazione di Di Renzo Loreto. «[…] ucciso dai patrioti in località Marinacci, Pescina», ivi, Banda Ombrone, relazione breve di Di Renzo Loreto. Conferma dell’uccisione del Siniscalchi per mano partigiana si rinviene anche nella testimonianza di Cantelmi Vittorio del 25 luglio 1946, ivi, e nella relazione di Santucci Manfredo, capo del nucleo Ovindoli della Banda Ombrone. Cfr. ivi, Banda Ovindoli. Cfr. ivi, anche la Banda Saetta. L’intera vicenda viene descritta anche ne La Saetta/Fontamara. Per ulteriori informazioni cfr. ivi, Patrioti Marsicani.
2022 Cfr. ivi, Banda Ombrone, nella testimonianza «partecipazione all’uccisione del brigadiere fascista Raffaele Siniscalchi» presentata dal Cantelmi Vittorio viene riferito che lui stesso provvide a recarsi in diversi paesi marsicani per informare dell’azione delatoria di Facello e Siniscalchi, i partigiani Corbi Bruno, Sebastiani Italo e Di Gianfilippo Eleuterio della banda Patrioti Marsicani; don Nazzareno Baroni Parroco di Pescina e capo della banda La Saetta; e Ferrante Emilio capo della banda Fontamara. Cfr. ivi, Patrioti Marsicani e Bande La Saetta-Fontamara.
2023 Cfr. ivi, Patrioti Marsicani.
2024 Ivi, Banda Ombrone, testimonianza di Cantelmi Vittorio del 25 luglio 1946.
2025 Dopo la carcerazione in L’Aquila, durante la quale fu più volte torturato, il Di Renzo fu trasferito a Roma nelle Carceri di via Tasso «a disposizione della Polizia Scientifica S.S.» in cui rimase per 50 giorni subendo una nuova serie di torture. Il 17 maggio fu nuovamente trasferito, stavolta presso il Carcere di Regina Coeli, cella n. 261 del Terzo Braccio. Cfr. ivi, relazione breve di Di Renzo Loreto.
2026 Cfr. ivi, comunicazione di Di Renzo Loreto.
2027 Nato a Celano (AQ) il 27 marzo 1919, sottotenente, ha svolto attività partigiana nella banda Ombrone come sottotenente e vicecomandante di battaglione, dal 15/10/1943 al 15/06/1944. Cfr. ivi, schedario partigiani. All’interno della formazione il Carusi mantenne contatti con la banda Patrioti Marsicani comandata dal Tenente Salvadori Adriano, mentre il Di Renzo fino al suo arresto curò i collegamenti con la banda Viola e la banda Alberti. Cfr. ivi, Banda Ombrone, relazione breve di Di Renzo Loreto.
2028 Ivi, relazione di Di Renzo Loreto.
2029 Cfr. ibidem.
2030 Ibidem.
2031 Ibidem.
2032 Cfr. ibidem.
2033 Vengono attaccati anche alla porta del comune, alla porta della casa del Fascio Repubblicano e davanti alla casa privata del commissario politico repubblicano Cantelmi Augusto. Mentre Carusi e Di Renzo «si accingono a ritornare alla banda vengono fatti segno a colpi di moschetti sparati dai tedeschi in servizio di coprifuoco ma riescono ugualmente a sganciarsi», ibidem.
2034 Tra cui il paese di Ovindoli. Cfr. ivi, Banda Ovindoli, relazione di Santucci Manfredo.
2035 «I tedeschi tentano una prima volta di accedere alla montagna ma vengono fatti segno di fucilate da ogni direzione per cui desistono dall’impresa e tutto il bestiame è salvo», ivi, Banda Ombrone, relazione di Di Renzo Loreto.
2036 «Milone Antonio, D’Alessandro Ernani, Cornelio Quirina e un Ceko-Slovacco», ivi, schedario caduti e feriti, scheda di Milone Antonio. D’Alessandro Ernani, nato a Celano il 20 agosto 1921, sergente, ha svolto attività partigiana nella banda Ombrone dal 15/09/1943 al 15/06/1944. Cfr. ivi, schedario partigiani. Sull’azione ed i partecipanti riferì anche il D’Alessandro Ernani nella sua relazione. Cfr. ivi, Banda Ombrone. Per le fonti dell’Atlante stragi trattavasi di «Ernani D’Alessandro, Quirico Cornelio e Antonio Milone, mentre per il quarto non furono accertate le generalità ma si seppe solo che si trattava di un maresciallo cecoslovacco Ignaz», in http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=3013. Secondo quanto riferito nella relazione De Feo-Salvadori, responsabili militari della Patrioti Marsicani, il maresciallo Ignaz cadde sotto il fuoco tedesco durante l’azione. Cfr. ivi, Patrioti Marsicani.
2037 In: http://www.atlantestragi.it/?page_id=38&id_strage=3013.
2038 Cfr. ACS, Ricompart, Banda Ombrone, referto medico del dott. Caruso Michele del 27 aprile 1946.
2039 Ivi, atto di notorietà del 27 aprile 1946 del comune di Celano. Cfr. ivi, anche relazione di Di Renzo Loreto. Secondo le fonti dell’Atlante stragi, il Milone nella «mattinata del 2 giugno però fu scoperto durante un rastrellamento. Curato dal medico condotto Dottor Tattoni che ne consigliò un immediato ricovero all’ospedale di Celano, Milone non vi arrivò mai. Il suo corpo, infatti, fu rinvenuto il 3 giugno 1944 in località “tre ponti di Cerchio” in territorio del comune di Aielli (località “Morrone” proprio al confine tra Aielli e Cerchio); la morte fu causata da un colpo di arma da fuoco alla nuca (Alvaro Salvi)», in http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=3013. L’episodio venne descritto con le sue tragiche conseguenze, anche nella relazione De Feo-Salvadori. Cfr. ACS, Ricompart, Abruzzo, Patrioti Marsicani.
2040 Nato a Celano (AQ) il 25 febbraio 1925, soldato, ha svolto attività partigiana nella banda Ombrone dal 15/09/1943 al 05/06/1944, giorno in cui fu catturato e fucilato dai tedeschi. Riconosciuto partigiano combattente caduto per la lotta di Liberazione. Cfr. ivi, schedario partigiani e schedario caduti e feriti.
2041 Cfr. ivi, Banda Ombrone, relazione di Di Renzo Loreto, secondo cui l’azione fu compiuta in collaborazione con Buccari Giuseppe e provocò la morte di 5 soldati.
2042 A causa della delazione di Narcisi Lidia, «spia al soldo dei tedeschi», ibidem.
2043 Cfr. ibidem.
2044 Cfr. ivi, atto di notorietà del 23 aprile 1946 del Comune di Celano.
2045 Che vennero successivamente consegnati agli Alleati. Cfr. ivi, relazione di Di Renzo Loreto.
2046 «Dalla località S. Vittorino, con binocolo se ne possono ancora osservare le spoglie. Non è possibile rilevare il cadavere perché la località dove giace è inaccessibile», ibidem.
2047 Nato a Cerchio (AQ) il 3 settembre 1913, riconosciuto civile caduto per la lotta di Liberazione. Cfr. ivi, schedario caduti e feriti.
2048 L’Atlante stragi riporta come: «Il 7 giugno 1944 durante una visita ai propri animali nascosti in località denominata Fosso Santo Stefano […] Giuseppe Angeloni sentì provenire dalla propria abitazione sita a Cerchio in contrada Ripe […] le grida disperate della moglie Ciaralli Maria Grazia Domenica. Temendo che dei malviventi stessero abusando della propria consorte immediatamente l’uomo corse armato di una vecchia pistola a sincerarsi dell’accaduto. I tedeschi vedendolo arrivare in gran carriera e armato gli spararono uccidendolo sull’istante», in: http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=2993.
2049 Cfr. ACS, Ricompart, Abruzzo, Banda Ombrone, relazione breve di Di Renzo Loreto.
2050 Ivi, relazione di Di Renzo Loreto. Tra essi, il podestà Celestino, il maresciallo dei Carabinieri Repubblichini Gattling Mario e l’appuntato Curione Vito. Cfr. ivi, Banda Ovindoli, relazione di Santucci Manfredo.
2051 Numerose le testimonianze su questi ultimi eventi, che furono percepiti da parte della popolazione come atti di aggressione arbitraria compiuti per ritorsioni personali. Si riportano di seguito alcuni stralci delle dichiarazioni dei cittadini. «[…] solo dopo la partenza dei tedeschi i cosidetti [sic!] partigiani furono visti circolare armati ed operare arresti e compiere azioni certo non rispondenti alla legalità», ivi, dichiarazione di tre celanesi. «[…] operarono vari fermi ed arresti che ancora oggi riteniamo arbitrari, contrari allo spirito della legge e tutt’altro che consoni a quanto voluto dalle libertà democratiche», ivi, dichiarazione di due celanesi. «[…] solo dopo che i tedeschi erano ormai ben lontano da Celano furono visti circolare questi presunti partigiani, i quali, per rappresaglia personale, operarono vari fermi ed arresti», ivi, dichiarazione di due celanesi. «[…] sopportare le prepotenze e le vessazioni che dovemmo invece subire da quegli stessi che si proclamano parigiani e che scorrazzarono per le piazze e le vie di Celano solo dopo che i tedeschi, ormai ben lontani, avevano evacuata la zona», dichiarazione di sette celanesi. «[…] solo ad avvenuta partenza dei tedeschi i cosidetti [sic!] partigiani furono visti circolare in Celano e, armi alla mano, operare fermi ed arresti di persone con le quali, a quanto sembra, avevano rancori personali da sistemare», ivi, dichiarazione di sette celanesi. «[…] Sia ben chiaro che solo dopo che i tedeschi erano ormai ben lontani da Celano […] furono visti circolare questi famosi partigiani i quali, armi alla mano, per dar sfogo a rappresaglie e vendette di carattere personale, operarono vari fermi ed arresti che ancora oggi noi riteniamo arbitrari e contrari allo spirito della legge», ivi, dichiarazione di 8 celanesi. «[…] I cosidetti [sic!] partigiani di Celano gli [sic!] abbiamo visti circolare solamente dopo che i tedeschi si trovavano già a parecchi chilometri di distanza da Celano stessa e tutte le loro azioni di valore trovano compendio vergognoso in una serie di fermi ed arresti di cittadini celanesi verso i quali dovevano sfogare i loro risentimenti personali», ivi, dichiarazione di 4 celanesi. «[…] fu solo la mattina dell’11-9-1944, che i così detti partigiani celanesi ai quali si erano uniti pregiudicati e loschi [sic!] figure di Celano, dopo essersi ben assicurati che le truppe tedesche avevano orma da molte ore evacuata tutta la zona di Celano si impadronirono della caserma dei carabinieri e, dopo avere disarmato ed arrestato il Comandante la stazione e i militari da esso dipendenti, diedero, armi alla mano, inizio ad una serie di rappresaglie personali che ebbero a compendiarsi in fermi ed arresti del tutto arbitrari ed illegali. Fu proprio durante il verificarsi di tali violenze che, freddato da un colpo di moschetto sparatogli contro da tale MASCITTI Osvaldo di Simplicio, trovò la morte PALUMBO Domenico fu Nunzio», ivi, dichiarazione di sette celanesi. Cfr. inoltre ivi, testimonianza della moglie di Palumbo Domenico, contro cui il 10 giugno il presunto partigiano Mascitti Osvaldo esplose «un colpo di moschetto che lo rese istantaneamente cadavere». Per maggiori informazioni, cfr. ivi anche verbale dei Carabinieri, verbale di interrogatorio di Mascitti Marianna, vedova del Palumbo.
2052 Nato a Celano (AQ) il 1° gennaio 1911, ha svolto la sua attività partigiana nella banda dal 15/10/1943 al 10/06/1944. Morto il 18 febbraio 1945 «in seguito a maltrattamenti subiti dai tedeschi», cfr. ivi, schedario partigiani.
2053 Cfr. ivi, schedario caduti e feriti.

Fabrizio Nocera, Le bande partigiane lungo la linea Gustav. Abruzzo e Molise nelle carte del Ricompart, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, Anno Accademico 2017-2018