Migliorini era legato all’anziano Maresciallo Caviglia

Finale Ligure (SV) – Fonte: Wikipedia

Il tenente di vascello Augusto Migliorini, capo ufficio operazioni del Comando Marina Genova, all’atto dell’armistizio, lasciato libero, aveva raggiunto la propria abitazione a Finale Ligure (Savona). Si mise in contatto con elementi della Resistenza ligure e cominciò subito a organizzare bande armate da impiegare nei sabotaggi. Per aver maggiore libertà di movimento finse di aderire alla Marina repubblicana senza ottemperare agli obblighi derivanti dalla promessa di giuramento in caso di richiamo. Nel marzo 1944 l’ammiraglio Maugeri inviò in Liguria il tenente di vascello Luigi Tomasuolo e il capitano del Genio Navale Dario Paglia a prendere contatto con Migliorini, perché assumesse la direzione del S.I.C. per la Liguria. Nonostante l’assoluta segretezza degli incontri, dopo qualche settimana dall’assunzione del nuovo incarico il contro spionaggio tedesco-repubblichino fece arrestare Migliorini dalle SS italiane che, non potendo trovare prove a suo carico, dopo un trattamento minaccioso, lo rilasciarono. Egli procedette all’organizzazione di una rete informativa le cui sezioni erano comandate da ufficiali o sottufficiali che vivevano in clandestinità in Liguria (capitano di vascello Giovanni Marabotto, capitano di corvetta Silvio Cavo, tenente di vascello Iginio Fetta, capitano del Genio Navale, direttore macchine, Natale Bossolino, sottotenente di porto Francesco Cartia, secondo capo segnalatore Briano, sergente carpentiere Percivalli). Non disponendo di una propria radio, le notizie raccolte erano portate dagli stessi informatori a Milano, al C.L.N.A.I.; Migliorini vi si recò di persona cinque o sei volte. Per cercare di migliorare il sistema di trasmissione delle informazioni, troppo lento, che faceva perdere di valore alle notizie reperite, nell’agosto 1944 entrò in contatto con il maggiore Mauri, che lo nominò proprio rappresentante in Liguria. Nel corso della conseguente attività fu arrestato tre volte, in varie località delle Alpi Liguri: la prima volta dalle Brigate Nere e riuscì a fuggire; la seconda volta dai tedeschi e, presentando documenti falsi, fu rilasciato; la terza volta ancora dai tedeschi, che avevano deciso di fucilarlo, e fu liberato grazie al provvidenziale fortuito intervento di un reparto partigiano. Con l’autorizzazione di Mauri, nel mese di agosto, prese contatto con il generale Farina, comandante la divisione di fanteria di Marina San Marco della RSI, cercando di convincerlo a disertare con tutta l’unità al suo comando. I contatti con Farina, in fondo contrario al fascismo, si mantennero su un piano di amicizia e consentirono al generale di salvare Migliorini quando questi fu arrestato dalla banda della contro guerriglia San Marco di Calice Ligure (Savona) per essere eliminato.
Alla fine del 1944 Migliorini si mise in contatto con la Missione Alleata del capitano Bell, che operava nella Liguria occidentale. Tale missione era costituita da due ufficiali, uno inglese e uno americano, un sottufficiale americano, due radiotelegrafisti inglesi, e tre ufficiali italiani. Organizzò anche un incontro fra il generale Farina e Bell, ma questo fu malauguratamente arrestato durante un rastrellamento.
Dopo l’arresto di Bell diventò capo della missione il maggiore Johnston, che affidò a Migliorini il compito di coordinare l’attività con il C.L.N. di Savona, coordinare e intensificare i compiti informativi, eseguire i sabotaggi. Agli inizi del 1945, Migliorini comunicò al generale Farina le condizioni che gli Alleati gli imponevano e questi le accettò fornendogli i piani delle fortificazioni, dei campi minati e dello schieramento delle truppe da lui dipendenti, ciò che consentì di catturare quasi intatte le opere esistenti nella zona occupata dalla divisione. Inoltre il generale provvide a sciogliere le sue unità anti guerriglia, fece sospendere le fucilazioni di partigiani catturati anche armati e fece liberare molti di quelli già imprigionati.
Il 12 marzo 1945 Migliorini fu catturato un’altra volta dai tedeschi, riuscendo ancora a fuggire. Nell’imminenza della liberazione, la Missione Alleata si portò a Savona per meglio controllare la situazione politica nella II Zona Ligure della Resistenza. Migliorini ebbe cinque dei propri collaboratori fucilati e una ragazza condannata a 24 anni di carcere; la Missione Alleata ebbe un prigioniero e tre feriti.
Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale – Anno XXIX – 2015, Editore Ministero della Difesa

La fobia anticomunista serpeggiante nelle stesse file resistenziali è ben esemplificata da una vicenda piuttosto oscura dipanatasi in parallelo alle trattative che la Quinta Brigata “Baltera” stava conducendo con gli ufficiali della “San Marco”. Il 30 ottobre 1944 si presentarono al Comando del generale Farina l’ex ufficiale sommergibilista Augusto Migliorini (a lungo sindaco di Finale Ligure dopo la guerra), e l’ingegner Galasso. Farina aveva già avuto modo di conoscere entrambi in Grecia, durante l’occupazione. I due scongiurarono il generale di non usare i comunisti (cioè i garibaldini) come tramite nelle trattative con “Mauri”, in quanto costoro tentavano di frapporsi cone interlocutori unici della “San Marco”. Di fronte alla precisa domanda di Farina se Migliorini e Galasso fossero gli intermediari di “Mauri” gli interessati tentennarono, passando quindi ad asserire di possedere armi e munizioni nascoste da utilizzare contro i comunisti, alla sola condizione di poter organizzare gruppi di partigiani anticomunisti “indipendenti”, vale a dire non inquadrati nella “San Marco”. A questo punto il generale Farina aveva le idee comprensibilmente molto confuse. Per chi volevano combattere i suoi ospiti? Per i tedeschi? Per gli inglesi? “Per l’Italia” risposero Migliorini e Galasso senza specificare altro. Poi misero al corrente Farina del fatto che il rappresentante del Regio Esercito nell’Italia occupata dai tedeschi non era il Maresciallo Giovanni Messe, bensì il generale Raffaele Cadorna, e che quest’ultimo veniva di fatto scavalcato da un comitato rappresentativo dei partiti (il CLNAI). Farina discusse subito la questione con Hildebrandt, l’ufficiale tedesco di collegamento, che suggerì di dare corda ai due. La faccenda finì presto in una bolla di sapone, in quanto i tedeschi erano stati precedentemente informati che in un discorso tenuto il 22 ottobre a Nizza Monferrato, “Mauri” aveva negato qualsivoglia spaccatura all’interno dell’antifascismo militante, attribuendo tale voce alla propaganda nazifascista. Per sbrogliare la matassa sarà utile fare luce su questo punto. Migliorini, nome di battaglia “Nereide”, era legato all’anziano Maresciallo Caviglia, che frequentava sovente; in più faceva parte dell’organizzazione “Franchi” del monarchico Edgardo Sogno, medaglia d’oro della Resistenza, coinvolto in trame golpiste vent’anni dopo (Piano Solo, Gladio, ecc.). Tramite l’organizzazione, Migliorini si rese molto utile per ottenere i lanci paracadutati di rifornimenti alleati, come vedremo. Questo quadro spiega in buona parte l’ambiguità delle sue risposte a Farina. In realtà in quei giorni, a mio parere, si assisteva ad un drammatico passarsi la patata bollente tra autonomi e garibaldini, timorosi dei rastrellamenti autunnali. I garibaldini trattavano con la “San Marco” nella speranza che questa indirizzasse le sue “attenzioni” verso la zona tenuta dai “maurini”; lo stesso facevano gli autonomi, con in più l’asso nella manica dell’anticomunismo. Il tutto aveva lo scopo di far spazzare via dal nemico lo “scomodo alleato” per poi prenderne militarmente e politicamente il posto. Ma Farina, Hildebrandt e camerati non si lasciarono allettare, e quando venne il tempo scatenarono i loro uomini contro entrambi gli schieramenti, con il risultato di mettere in grave crisi i garibaldini e costringere allo sbandamento gli autonomi. Altro che fraternità d’armi!
[…] La Sesta Brigata ”Bixio” venne progressivamente rafforzata dal ritorno di molti sbandati e dalla temporanea aggregazione del distaccamento “Minetto”, il cui comandante “Nilo” (il diciannovenne savonese Raffaele Calvi) rimase anche dopo la partenza della sua unità. La disposizione dei reparti era la seguente: l’”Astengo” tra Perlo e Priero, il “Giacosa” nella zona di Castelnuovo – Roccavignale – Montezemolo, mentre il “Minetto” si occupava della zona compresa tra Nucetto, in Val Tanaro, e il Colle dei Giovetti. La brigata non poté realizzare azioni militari di grande rilievo, ma la sua posizione a contatto con i garibaldini delle Langhe rimaneva di vitale importanza a causa della ricca produzione agricola langarola che animava un fitto mercato di scambi e baratti quasi sempre illegali (sale in cambio di cereali e legumi, borsa nera) e dei rifornimenti di armi aviolanciate dagli Alleati. Finalmente, il 28 e 29 gennaio 1945, il distaccamento “Astengo” ricevette rifornimenti per via aerea destinati ai garibaldini savonesi. Entrambi i lanci avvennero in località Bric Garassini (presso Castelnuovo di Ceva), un punto segnalato agli Alleati con estrema precisione fin dal lontano 11 luglio. Complessivamente i partigiani ottennero 48 sten e 4 bren con munizioni, 39 cassette di bombe a mano Sipe, 20 moschetti, 100 coperte, 93 maglie di lana, 83 camicie pesanti, 60 paia di calze, 44 paia di scarpe, e ancora pantaloni, bluse, cerate e cappotti. Una gran parte del merito di questi lanci va al già citato ufficiale sommergibilista Augusto Migliorini “Nereide”, di Finale Ligure.
Stefano d’Adamo, Savona Bandengebiet. La rivolta di una provincia ligure (’43-’45), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1999/2000

Il generale Amilcare Farina, comandante della divisione San Marco, una delle divisioni della cosiddetta Armata Liguria, è stato processato presso la Corte d’Assise straordinaria di Genova e condannato il 27 giugno 1947 a 10 anni di reclusione (per effetto delle attenuanti generiche e della diminuente per le decorazioni al valore); la sentenza è stata confermata dalla Corte di Cassazione il 7 aprile 1948. Intervennero poi le amnistie ed anche il Farina riacquistò la libertà, il giudizio sul processo non è compito di questa rassegna. Poiché tuttavia si discute sull’attività militare di queste forze come impegnate a difendere il suolo della patria che, salvo un fuggevole momento, nessuno dalla parte dove esse si trovavano si sognava di minacciare, crediamo opportuno pubblicare, la sentenza (limitatamente alle motivazioni di diritto) riguardante il Farina; da essa risulta quale fu per lunghi mesi l’unica attività e preoccupazione della Divisione «San Marco».
Nel periodo insurrezionale è poi caduto nelle mani delle forze partigiane, insieme con tutti i documenti di parecchi reggimenti che la costituivano, anche il diario della Divisione Fanteria Marina «San Marco» operante col grosso delle sue forze in Liguria. Essa era praticamente controllata dalla forze militari germaniche ed impiegata da queste per la protezione della costa oltre che delle vie di comunicazione e di accesso alla stessa.
[…] La figura del Farina è apparsa alquanto strana, incerta, contradditoria, non immune da quella psicosi che sarebbe stata causa del mal costume collettivo, da esso accennato nel suo memoriale a difesa.
Egli si trovò in una situazione certamente difficile e imbarazzante, di costante preoccupazione per la sua responsabilità sia verso i tedeschi sia verso le forze partigiane.
Cercò in sostanza di destreggiarsi con gli uni e con gli altri, come è dato rilevare, ad esempio dalle intese precorse con i componenti di una commissione alleata, Migliorini e Manzo, non trascurando tuttavia contemporaneamente la persecuzione partigiana, del che è riprova, fra l’altro, la mancata conclusione dapprima di un accordo sollecitato dai comandi partigiani, perchè le forze contrastanti catturate avessero trattamento di prigionieri di guerra, e allentando finalmente la pressione, grado a grado che le sorti volgevano favorevoli alla causa della liberazione.
Ciò stante, devesi ritenere che il Farina agì con coscienza e volontà, e che rimasero integrati tutti gli estremi soggettivi e oggettivi del reato di collaborazione militare ai sensi dell’art. 51 C.P.M.H. in concorso di uccisioni che si ricollegano alla sua azione positiva e idonea con rapporto di causalità materiale e psichica.
Mario Dal Pra, La Divisione fanteria marina ‘San Marco’ e la lotta partigiana in Liguria [La sentenza contro il gen. Farina e il diario della Divisione] in Italia contemporanea (già Il Movimento di liberazione in Italia dal 1949 al 1973), fascicolo 5, anno 1950, qui ripreso da Rete Parri