Miano!

Mio padre, mio zio, mio nonno di sicuro erano nati a Miano di Medesano in provincia di Parma, borgo più vicino a Fornovo Taro che al capoluogo. E chissà quanti altri avoli, prozii e lontani cugini!

Da qualche tempo con mio cugino abbiamo ripreso a scambiarci foto e ricordi di famiglia, ma riusciamo a ricomporre vicende soprattutto per la parentela legata alla nonna, radicata anch’essa a quei luoghi.

Altre volte ho evocato su questi temi certe atmosfere e certi aspetti mutuati dal film “Novecento” di Bernardo Bertolucci. In proposito, mi sono dimenticato di citare a mio cugino la scena in cui un bambino va a “pescare” le rane, una scena incantevole nel racconto di mio padre, analogo protagonista poco prima – data la sua età – della sua emigrazione.

Già, l’emigrazione. Emigrazione dovuta – di successione in successione – allo spezzettamento dei poderi; emigrazione che ha disperso di più i Maini; emigrazione che ha visto tutti rendersi onore nella vita; emigrazione che ha comportato per la mia famiglia un maggiore coinvolgimento dei cugini della nonna, come é stato per l’approdo definitivo – dopo una brevissima stagione francese a Le Cannet – a Ventimiglia (IM) nel 1932.

Copertina di pagella di mio padre per il suo brevissimo (pochi mesi!) soggiorno in terra francese

Solo nel dopoguerra le nostre terre di origine conobbero il benessere diffuso.

Lo zio Bruno

C’era anche lo zio Bruno, disperso nella seconda guerra mondale a dicembre 1942 nella Sacca del Don. Morto in Russia come il cugino Sergio, della famiglia che aiutò i Maini a stabilirsi definitivamente in Riviera. E lo zio Bruno era figlio del primo matrimonio di nostro nonno, che – lui, appena scampato agli orrori del conflitto e destinato ad una lunga vita! – al termine, appunto, della Grande Guerra si era visto portare via dalla spagnola la moglie ed una figlioletta: quando si dice il destino!

I bisnonni Maini

Queste note mi portano con la mente lontano, a curiosi aneddoti, pertinenti la vita in Miano dei nostri genitori e rinfrescati di recente con mio cugino.

29 luglio 1931, giorno del decimo compleanno di mio padre

Mio padre a cavallo proprio alla vigilia della partenza per la Francia; il toro dei Baccanelli, che faceva girare al largo le persone (e le espressioni, di alcuni malcapitati, in dialetto  – che non so rendere – sono di superbo plasticismo!); la lupa affamata che costrinse in un paesaggio innevato un nostro parente a passare la notte appollaiato su di un albero; i falò giganti, non ricordo più se di fine anno o se di Carnevale; il petrolio a Miano, che rappresentò occasione di lavoro – per uno sino in Sicilia – per due prozii e che mi fece dare dello smemorato da mio padre, quando qualche anno addietro – appena scoperta casualmente la notizia – gli chiesi spiegazioni; ancora più indietro nel tempo, la cascina Bessi, forse di famiglia, da cui il soprannome (in vernacolo) Besset, di cui non sono sicuro (anzi, mio cugino lo esclude!) se si prestava al gioco di parole di cui al prossimo episodio; il bisnonno Pietro Maini, da anziano ormai cieco da un’occhio, ma di una mira leggendaria con la “leggera di Parigi”, coltellaccio micidiale, che da lui infisso sul tavolo dell’osteria dove giocava a carte obbligò ad un certo punto i giovinastri, che a lungo, alludendo alla sua scarsa statura, gli avevano gettato – canzonandolo con l’epiteto dialettale di “scartuccen” – tappi di sughero, ad andarsene, passando da una finestra; l’altra bisnonna, costretta a subire l’amputazione di un arto, per l’infezione conseguente la puntura di una micidiale spina di acacia.

Lo zio tassista, la bisnonna sua madre, lo zio di Parigi…

Tutti ricordi – e ce ne sono tanti altri – di oltre novant’anni fa!

Quel cortile di Gignese nel 1964

Memorie delle rare occasioni di mie presenze in quei luoghi. Memorie di cari prozii e di cari cugini, alcuni dei quali mi fecero – e mi fanno tuttora – amare Milano. Perché pochi si radicarono in provincia di Parma. Ancora. Un piccolo taxi di Milano, nero e giallo (nel 1964!), il quale, condotto dal caro, adorabile prozio – che, tuttavia la residenza a Felegara di Medesano se l’era sempre tenuta, anche per passarvi in seguito la sua intensa stagione da pensionato – entra nel piccolo cortile di Gignese sopra Stresa: il conducente, che si é portato dietro moglie e figlio, vuole incontrare suo fratello più piccolo e la sua famiglia, lassù in abituale vacanza (casa avita di questa prozia, altra storia!), ma trova anche noi, compreso mio padre, così che ne sortisce anche una imminente discesa a Felegara per me, i miei fratelli e mia madre.

Il simpaticissimo prozio tassista con il cuginetto e mio fratello – io sono dietro! – nel 1965 nel cortiletto della nostra vecchia abitazione a Nervia di Ventimiglia (IM)

Prozio da sempre a Parigi, da me là visitato, da me – e da noi – rivisto a Ventimiglia. Un cugino del ramo Maini in Dordogna.

Le cugine di Dordogna

Il cugino della nonna – dalle mille storie – a Cap d’Ail, appena al di là del Principato di Monaco, lo “zio” incrociato anche in un borgo di Medesano quando era in visita dai parenti della moglie. Potrei continuare. Forse lo farò.

Quella casa a Cap d’Ail!

E chissà se il toponimo Miano ha a che fare con il nostro cognome? O viceversa?

Milano, anni 1930: il prozio, futuro militare di carriera, e suo fratello, futuro tassista, in quel momento e per molti anni ancora autista privato (sic!) di un generale, condizione sociale che di sicuro influi sulla destinazione del primo