
Contestualizzazione storica: l’adattamento della criminalità ai nuovi scenari dell’economia mondiale e nazionale
L’operato delle organizzazioni criminali incomincia con i sequestri di persona a scopo estorsivo, il primo rapimento per mano dell’‘ndrangheta avviene nel 1945, per poi proseguire per oltre 50 anni. I riscatti fruttano miliardi di lire: tra il 1969 e il 1990 il guadagno è di 484.849.680 lire e tra 1990 e il 1997 si attesta a 381.650.00 di lire (Gratteri e Nicaso, 2017).
L’accumulazione di queste ricchezze segna l’inizio degli investimenti in attività sia illecite (traffico di stupefacenti, rapimenti, smaltimento illegale di rifiuti, traffico di esseri umani, riciclaggio, frodi finanziarie e corruzione) che lecite in cui si infiltrano le organizzazioni criminali.
La mafia calabrese, ad esempio, investendo i proventi dei sequestri in asset mobili come case, camion, autocarri, pale meccaniche inizia ad infiltrarsi nel settore dell’edilizia con lo scopo di far partecipare le imprese mafiose ai vari appalti pubblici del settore edile. Poiché sono sostenuti da ingenti finanziamenti, i grandi appalti sono oggetto di un forte interesse da parte della criminalità organizzata.
Secondo i dati della relazione sulla attività dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), in Italia il valore economico del mercato degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture si è attestato su 289,8 miliardi di euro nel 2022.
L’internazionalizzazione dell’ndrangheta ha inizio negli anni 2000. Con l’adozione del Patrioct Act in risposta agli attentati dell’11 settembre 2001, gli Stati Uniti cominciano a controllare tutte le transazioni in valuta americana effettuate nel mondo, per contrastare non solo il terrorismo ma qualsiasi attività criminale che potrebbe servirsi di denaro “ripulito” (Gratteri e Nicaso, 2017).
La sezione del Patrioct Act che comporta questo cambiamento è il Titolo Terzo denominato “Legge per il contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo del 2001”. Le finalità del Titolo sono enunciate nel comma 2 del art. 302: “Aumentare l’efficacia delle misure statunitensi al fine di prevenire, individuare e perseguire coloro che praticano il riciclaggio internazionale e finanziano il terrorismo”.
L’atto ha importanti effetti per gli istituti bancari stranieri, in quanto viene prevista la necessità di sottoporre a maggiori controlli tutti gli istituti finanziari operanti fuori dai confini statunitensi e tutte le categorie di transazioni e di conti bancari che forniscono determinate opportunità per scopi criminosi. L’atto si pone come fine l’incremento degli standard di trasparenza bancaria e tracciabilità delle transazioni tramite il “know your client”, standard secondo cui ogni istituto finanziario o soggetto che intenda svolgere attività finanziarie negli Stati Uniti è obbligato a fornire informazioni sulla propria identità.
Tali restrizioni portano molti investitori arabi a collocare ingenti somme di denaro non più negli Stati Uniti ma in Europa, date le condizioni più favorevoli. Anche i narcotrafficanti iniziano a preferire l’euro al dollaro: il motivo principale è la banconota da 500 euro, che permetteva il trasporto di ingenti somme di denaro. Un dato che spiega il fenomeno viene fornito dalla Guardia di Finanza, secondo cui tra il 2001 e il 2004 il riciclaggio di denaro è incrementato del 70% (Gratteri e Nicaso, 2017).
Questa concatenazione di eventi, che ha inizio con la stipula del Patrioct Act, permise alle cosche criminali di instaurare rapporti con i narcotrafficanti americani e far circolare ingenti quantità di capitali nel territorio europeo.
In questo periodo la criminalità organizzata inizia ad operare investendo nella ristorazione e nel settore immobiliare e in molti altri settori dell’economia legale, come si approfondirà nel seguente capitolo.
La violenza del periodo stragista degli anni Novanta non appartiene più a questa mafia avanguardista, che punta al radicamento in tutto il territorio italiano e all’espansione in Paesi con ordinamenti e legislazioni opache, utili per riciclare il denaro mediante operazioni sofisticate e sicure, con l’intento di confondersi nel tessuto sociale ed economico adottando condotte di basso profilo.
L’evoluzione della presenza di organizzazioni criminali nei settori economici
La ricerca di Parbonetti (2021) evidenzia che la presenza della criminalità non è circoscrivibile a specifici settori e che tutte le attività economiche dal 2010 al 2017 hanno risentito di una crescita della presenza della criminalità.
Grazie all’uso di un indicatore che stima la probabilità di coinvolgimento di un’azienda con la criminalità organizzata sulla base di comportamenti operativi anomali quali l’usura, il riciclaggio, frodi fiscali ed estorsioni, è possibile visualizzare nella Tabella 1.1 l’andamento evolutivo della presenza di aziende criminali in diversi settori.
Ponendo come base 100, nel 2010 si osserva un incremento medio del 78% della presenza di aziende criminali in tutti i settori analizzati fino al 2017. La crescita risulta particolarmente elevata nei settori alloggio e ristorazione (dove le elevate disponibilità liquide favoriscono il riciclaggio del denaro illecito), informazione, comunicazione, attività estrattive.
Da un’ulteriore elaborazione dei dati raccolti per l’analisi di Parbonetti (2021) si evince che il settore dell’edilizia e delle attività immobiliari riporta la maggiore concentrazione di aziende criminali (rispettivamente 31,2% e 10,4%). Inoltre, è più elevata la concentrazione di attività produttive criminali rispetto a quelle non criminali anche nei settori dei servizi, acqua, rifiuti, trasporti.
Le organizzazioni criminali operano in modo differente in base al settore di interesse e al contesto geografico in cui si trovano, ma il fine rimane sempre il riciclaggio e la prospettiva di ulteriori guadagni; le mafie, infatti, si adattano alle regole del mercato e della finanza per addentrarsi in ogni settore economico.
Tra le principali ragioni per cui il crimine organizzato investe nei mercati legali vi sono l’occultamento di attività criminali, tramite il riciclaggio e l’utilizzo dello schermo di aziende infiltrate per effettuare transazioni che altrimenti risulterebbero sospette e sono invece mascherate come costi di produzione. Se il motivo di infiltrazione nel mercato legale è questo, allora verrà prediletto un settore emergente, la cui regolamentazione non è stabile o ben definita.
L’organizzazione criminale non si cura delle possibilità di crescita o della continuità della attività aziendale in quanto ciò che conta è: – massimizzare i profitti criminali; – ripulire i proventi delle attività illegali; – minimizzare i rischi di sequestro dei beni.
Per questi motivi i settori a rischio infiltrazione sono quelli con prospettive di ulteriori guadagni per le organizzazioni, ossia che ricevono sussidi, tra cui quello delle energie rinnovabili, o che partecipano ad appalti pubblici (settore dei rifiuti, della sanità, delle infrastrutture, dei servizi pubblici e dei trasporti) (Transcrime, 2015).
Oramai il fenomeno mafioso non si può più considerare come emergenziale, ma strutturale sia a livello nazionale che internazionale. I confini tra legale ed illegale sono sfocati e spesso indistinguibili. Le mafie sono delle vere e proprie organizzazioni strutturate, che muovono risorse, sfruttano competenze e conoscenze di diversi attori economici come imprenditori, giudici, politici e liberi professionisti. Esse svolgono all’interno del territorio attività sia lecite che illecite. Il loro obbiettivo principale è accumulare ricchezze ed esercitare la propria influenza sulla realtà in termini di condizionamento sociale, politico ed economico.
Le stime dell’Istat indicano che le attività illegali, spesso gestite da organizzazioni criminali con un significativo reinvestimento nell’economia legale, nel 2019 costituivano l’1,1% del PIL. Tuttavia si ritiene che questo dato sottostimi le effettive dimensioni delle attività mafiose. Ciò è dovuto al fatto che i dati dell’Istat comprendono solo alcune tipologie di attività illegali, escludendo altre importanti fonti di ricavi per le organizzazioni criminali. Infatti, i proventi derivanti da attività illegali non costituiscono l’unico reddito delle mafie, l’infiltrazione nelle imprese permette altresì il riciclo del denaro “sporco” e la generazione di ulteriori ricchezze. Transcrime (2015) stima che il reale volume degli affari, comprendente tutte le attività criminali, superi il 2% del PIL italiano, ossia circa 38 miliardi di euro l’anno (Transcrime 2015, Istat 2021).
Camilla Rosa Vergine, L’infiltrazione criminale nell’economia legale, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2022-2023