La sinistra europea sembrava riconoscere al PCI ciò che il PSI si rifiutava di fare

Ad animare la campagna elettorale [del 1989] contribuiva certamente lo spigoloso dibattito che tornò a svilupparsi in merito ai rapporti tra PSI e PCI <108: la dirigenza socialista sembrava apprezzare la strategia di Occhetto tendente a far entrare il PCI, in un’ottica di breve periodo, nell’IS e nel gruppo socialista al PE. Se apprezzamento e sostegno erano espressi sulla politica europea del PCI, rimaneva ampia e profonda la distanza esistente in Italia <109 sui temi e le prospettive della politica italiana: inoltre, in settori e correnti di entrambe le forze, una possibile convergenza fra i due partiti, per non parlare di un’ipotetica futura unità, non era sempre ben vista <110. Le due formazioni sembravano seguire strategie diverse difficilmente conciliabili: i socialisti volevano prima verificare le condizioni di un’eventuale convergenza in Italia, convergenza da intendersi come abbandono dell’ideologia comunista da parte del PCI e avvicinamento di quest’ultimo alle posizioni socialiste fino ad esserne così svuotato di significato e assorbito, e poi trasferirla in ambito europeo. Il PCI sembrava invece cercare in Europa una legittimazione come forza democratica e riformista per affrontare il confronto italiano in un ruolo più solido e meno isolato <111 – un incontro fissato per l’8 marzo con una delegazione dei socialisti europei venne tuttavia annullato pochi giorni prima <112.
Dal nostro punto di vista, ci interessa soprattutto evidenziare quanto questo scontro-incontro-confronto riguardasse anche le posizioni sull’integrazione europea, nel rapporto con altre forze socialiste e socialdemocratiche europee e quale il ruolo svolto dalla campagna elettorale; in altre parole, non si vuole ragionare tout court sui rapporti tra socialisti e comunisti in questo periodo storico, ma offrire un contributo a tale tema mediante il ricorso ad un terzo convenuto, raramente preso in considerazione: l’Europa e il suo processo d’integrazione.
Già nei primi giorni di aprile, quando ancora la campagna elettorale era lontana dall’entrare nel vivo, il PCI mandò chiari segnali ai socialisti italiani ed europei. Il segretario Occhetto, accompagnato da Napolitano, Cervetti e Segre, effettuando un ampio giro nelle capitali europee del quale aveva messo al corrente Craxi, a Parigi incontrò non il segretario comunista Marchais, bensì il socialista Mauroy, che al termine dell’incontro dichiarava: “i comunisti italiani hanno celebrato il loro congresso del cambiamento (…) Ci si rimette in discussione, siamo tutti in movimento. Occhetto lo ha fatto, noi lo stiamo per fare (…) Il contenuto riformistico della perestrojka fa cadere vecchie barriere. E i problemi dei comunisti italiani sono anche i nostri. Tutti dobbiamo evolvere e superare la nostra storia” <113.
Maurizio Caprara, giornalista del “Corriere della Sera”, riportando la dichiarazione di Mauroy, annotava che Occhetto si era sentito dire “quello che un domani vorrebbe sentirsi ripetere da Bettino Craxi” <114. Il nodo era proprio questo. La sinistra europea sembrava riconoscere al PCI ciò che il PSI si rifiutava di fare: la direzione socialista, approvando il documento precongressuale, riteneva più ardua l’unità a sinistra a causa delle responsabilità di comunisti e socialdemocratici <115.
L’investitura ufficiale ad Occhetto come figura di primo piano della sinistra moderata europea era resa dalla stessa stampa francese <116: su “le Monde” si sottolineava che “non è abituale in Francia sentire un dirigente comunista elogiare Jacques Delors e pronunciarsi con lui per un rafforzamento dei poteri del parlamento europeo, per la trasformazione dei poteri della Commissione nella prospettiva di un vero e proprio governo europeo, per la creazione di una banca europea e per il rafforzamento di un pilastro europeo di difesa in seno all’Alleanza atlantica” <117.
La tappa successiva del segretario PCI era a Barcellona, dove annunciò che già nel nuovo PE i comunisti italiani avrebbero potuto cambiare nome se non addirittura chiedere di entrare nel gruppo socialista: Napolitano dichiarava infatti che “il Pci entra in Europa come una grande forza della sinistra riformatrice, democratica, che congiunge ispirazione socialista e impegno di democrazia” <118.
A non condividere l’impronta data ai rapporti internazionali del PCI, fu Armando Cossutta che al comitato centrale del 9 maggio 1989, affermava: “è giusto sviluppare contatti, incontri, relazioni con i partiti della sinistra europea. Non si deve peraltro trascurare il rapporto con alcuni partiti comunisti che, seppure minoritari, sono tuttora forza politica, sociale ideale, consistente nei loro paesi (…) dobbiamo anzi favorire il mantenimento”, proseguiva l’esponente dell’ala più ortodossa del PCI, “di un polo comunista, sia pure differenziato e dialettico, nell’ambito del parlamento europeo” <119.
A peggiorare in parte i rapporti tra i due principali partiti della sinistra italiana giunse, a coronazione di un lungo corteggiamento, la disponibilità da parte di Maurice Duverger, celebre costituzionalista francese e consigliere di François Mitterrand, a candidarsi alle europee nelle liste dei comunisti italiani – rinunciando alla candidatura nel PS francese, che in uno stato dal forte orgoglio nazionale, destò un certo scalpore. Già nella prima metà di aprile, a Duverger era stato chiesto come avrebbe risposto di fronte ad una eventuale candidatura per quel partito di cui tanto aveva apprezzato il tentativo di modernizzazione in atto, avendone attentamente seguito i lavori congressuali <120. Nel volger di pochi giorni, Duverger rompeva gli indugi e annunciò la sua candidatura per il PCI <121 – per la firma d’accettazione a Parigi era volato Piero Fassino <122 – cercando nello stesso tempo di sminuirne il significato politico, che invece si confermò ampio e favorevole al PCI, confermato anche da una inusuale attenzione da parte della stampa. Il PSI, e alcuni esponenti del PCI <123, non condivisero la scelta: i socialisti reagirono anche attraverso una campagna stampa sull’“Avanti!”, nella quale si faceva riferimento a scritti giovanili dai quali si prendeva spunto, velatamente, per avanzare accuse di collaborazionismo al giovane Duverger, negli anni dell’occupazione nazista della Francia <124.
Era comunque chiaro che il rapporto tra PCI e PSI sarebbe stato in fase di stallo fino allo svolgimento del congresso socialista: in tal senso erano indirizzate alcune considerazioni di Napolitano, precedentemente discusse in sede di direzione nazionale <125, all’interno della relazione tenuta al comitato centrale sulla campagna elettorale per le europee. Napolitano dedicò un ampio spazio al triangolo PCI, PSI e sinistra europea: dopo aver stigmatizzato il brusco arresto imposto al dialogo dal PSI in seguito al congresso comunista, l’esponente del PCI affermava che “Noi comunisti proporremo comunque agli elettori la scelta dell’alternativa come scelta di una strategia europea, coerente con l’esigenza di sviluppare in Italia una dialettica politica democratica, una dialettica di confronto e di ricambio tra schieramenti progressisti e moderati, riformatori e conservatori, come quella che caratterizza i maggiori paesi dell’Europa comunitaria” <126. Napolitano metteva anche in evidenza la coerenza “tra il programma con cui ci presentiamo alle elezioni europee e la prospettiva politica che perseguiamo in Italia” <127.
Ad interrompere un dialogo, che seppur tra molteplici difficoltà e reciproche diffidenze, comunque si stava instaurando <128, arrivò il maggio cinese <129: la profonda partecipazione che scosse il mondo a causa della feroce repressione operata dal partito comunista cinese contro gli studenti in rivolta, unita alle prime decise crepe nell’Est europeo, portarono Craxi alla conclusione che il PCI avrebbe subito alle europee un tracollo elettorale. Per il segretario del PSI, sarebbe finalmente giunto il momento se non del sorpasso, quanto meno del conseguimento di un ridottissimo scarto elettorale tra i due partiti, che gli avrebbe permesso di dominare da una posizione di forza il problema dell’unità a sinistra ed assumerne la leadership.
Da parte socialista, in conclusione, il problema del rapporto con il PCI e tra questi e la sinistra europea sembrava soprattutto una questione di rapporti di forza e di equilibri di governo piuttosto che di convergenza su specifiche tematiche di politica interna ed internazionale. Il PCI scelse invece di affiancare al cammino intrapreso sulla strada del rinnovamento <130, un deciso impegno verso l’unificazione dell’Europa. Proprio sul terreno dell’integrazione europea si superavano le barriere fra il PCI e i grandi partiti del socialismo europeo e quindi, fra il PCI e i socialisti italiani.
[NOTE]
108 Il confronto tra i due partiti decollava a febbraio in vista del congresso comunista; si veda, M. D’Alema, Noi e i socialisti, in “l’Unità”, 3 febbraio 1989.
109 Il segretario socialista, intervenendo all’assemblea dei parlamentari socialisti europei, giudicava insufficiente la svolta compiuta dal PCI all’ultimo congresso: “Noi poniamo ai comunisti italiani questo problema, di una trasformazione in senso socialista, socialista democratico, socialista europeo, socialista occidentale, che a noi sembra lo sviluppo più logico dettato dall’esperienza della storia. Naturalmente, per essere socialisti bisogna anche chiamarsi socialisti (…) ci troviamo ad avere una risposta da parte dei comunisti italiani che giudichiamo assolutamente deludente (…) Abbiamo di fronte una formazione incerta e ambigua e noi continueremo a ricercare le condizioni per creare una situazione completamente nuova in Italia sotto il profilo della unità del movimento socialista. È un problema che non si risolve né a Bonn, né a Londra, né a Parigi, né a Madrid ma qui, in Italia”, B. Craxi, Spieghiamo all’Europa che cosa vogliamo, in “Avanti!”, 5 aprile 1989.
110 I nemici di un simile avvicinamento non erano pochi: su l’“Avanti!”, Antonello Trombadori, già parlamentare Pci, scriveva: “Vi sono a sinistra nemici guardinghi e ostinati di una simile ipotesi. Meglio, per tutti costoro, un PCI abbastanza forte da impedire una determinata avanzata socialdemocratica, ma ben imprigionato nell’inutile attesa di quelle che Togliatti dileggiava come ‘alternative globali’, che un PCI forte rivendicatore del suo quarantennale contributo riformista”, A. Trombadori, PCI in Europa assieme ai socialisti, in “Avanti!”, 7 febbraio 1989. La conferma era data da un articolo di Ugo Intini che stigmatizzava la proposta di Occhetto di rinnovare l’IS, affermando duramente: “quasi che, di fronte ad una casa dalle antiche tradizioni internazionali, un nuovo ospite di provincia potesse, chiedendo l’ammissione, chiedere anche la creazione di un nuovo edificio fatto apposta per lui”, U. Intini, Un malizioso guazzabuglio, in “Avanti!”, 5-6 marzo 1989. Anche Mario Didò affermava: “La ricomposizione della Sinistra in Italia e in Europa non può che passare da una scelta chiara del PCI nei confronti del solo vero schieramento di sinistra esistente nell’Europa occidentale, che è lo schieramento dei Partiti Socialisti e Socialdemocratici (…) si può unire a Bruxelles o a Strasburgo soltanto quello che è unito a Roma (non certo che è rotto)”, M. Didò, A proposito di “casa comune”, in “Avanti!”, 8 marzo 1989.
111 Scriveva Occhetto in un editoriale su “l’Unità”: “Noi siamo una forza riformatrice che ha confrontato queste sue idee con la Spd, con le forze socialiste europee e che si muove ormai oltre vecchie contrapposizioni, che guarda al futuro con sguardo nuovo e fresco, non offuscato da pregiudizi, né ottenebrato in vecchi rancori, e così deve essere se si vuole per davvero ricostruire una prospettiva per la sinistra”, A. Occhetto, Chiarezza con i socialisti, in “l’Unità”, 11 febbraio 1989.
112 Sulla vicenda si veda: V. Vasile, Il Pci incontra i socialisti europei, in “l’Unità”, 21 febbraio 1989, F. Rondolino, “Il Psi apre a polemiche artificiose”, in “l’Unità”, 4 marzo 1989.
113 La dichiarazione è riportata in M. Caprara, Occhetto: tappa a Parigi sulla strada dell’eurosinistra, in “Corriere della Sera”, 12 aprile 1989. Già al congresso comunista, anche Giorgio Napolitano aveva affermato: “un processo di ricomposizione unitaria fra diverse e disperse forze di sinistra in Europa, non sono un’esigenza che noi poniamo per un qualche interesse di partito, ma un’esigenza comune che risponde ad un interesse comune. Tanto noi quanto i partiti socialisti e socialdemocratici siamo impegnati a dare risposte nuove a problemi nuovi. Dobbiamo condurre questa ricerca senza farci più imbrigliare da vecchi lacci ideologici e complessi storici”, G. Napolitano, Il dibattito sulla relazione di Occhetto, cit.,. Si veda anche, M. Martini, intervista a G. Napolitano, La sinistra europea abita in Europa occidentale, in “Mondo Operaio”, n. 5/1989. Anche un altro esponente dei socialisti francesi, Fabius, si dichiarava
favorevole alla costituzione di un polo progressista al PE che comprendesse anche il PCI: “evidentemente per Fabius”, ribadiva Occhetto, “non bisogna farci quegli esami di maturità (…) che invece Craxi ancora ci chiede”, Tribuna politica. Conferenza stampa PCI, 13 giugno 1989, Archivio Multimediale RAI – AMRAI, M89164/02.
114 M. Caprara, Occhetto: tappa a Parigi sulla strada dell’eurosinistra, cit. A confermare questa interpretazione era una dichiarazione dello stesso Occhetto riporta sia dal quotidiano di partito che da “la Repubblica”: “se gli argomenti discussi a Parigi fossero alla base del confronto anche in Italia credo si farebbe un gigantesco passo avanti sulla base della ricomposizione”, A. Stabile, “Sì all’Eurosinistra”. Occhetto promosso dai socialisti francesi, in “la Repubblica”, 17 aprile 1989. Si veda anche, Occhetto: “Craxi sbaglia…”, in “l’Unità”, 14 aprile 1989.
115 Questa era la linea che si poteva desumere dal documento precongressuale della direzione del PSI riprodotto sul numero de l’“Avanti!” del 2-3 aprile 1989. Per la parte relativa alla politica europea si veda, Per una Europa unita, prospera, solidale, vivibile, democratica e aperta al mondo, alle pp. II-III.
116 Quella spagnola – “El Pais” – lo definì in occasione della visita a Barcellona, il politico europeo di moda.
117 Il pezzo di “le Monde” è riportato in Occhetto: “Le nostre scelte puntano a costruire la via dell’eurosinistra”, in “l’Unità”, 15 aprile 1989.
118 La dichiarazione di Napolitano è riportata in Napolitano: nessuno può chiuderci le porte d’Europa, in “l’Unità”, 18 aprile 1989.
119 A. Cossutta, Gli interventi alla relazione di Napolitano, cit.
120 Si veda a tal riguardo una sorta di intervista in A. Pancaldi, Candidarsi nel Pci. Duverger: “Perché no?”, in “l’Unità”, 14 aprile 1989.
121 Si veda, A. Guatelli, intervista a M. Duverger, Duverger: sarò in lista col Pci per favorire l’unità a sinistra, in “Corriere della Sera”, 28 aprile 1989. Per la presentazione ufficiale all’elettorato comunista si veda invece, G. Marsilli, intervista a M. Duverger, “Un’Europa a doppia velocità”, in “l’Unità”, 4 maggio 1989.
122 Lo stesso Fassino, arrivando a Parigi, aveva dichiarato che la candidatura di Duverger “dimostra come il Pci intenda rivolgersi a tutti gli uomini e a tutte le forze che possono concorrere a costruire quella nuova eurosinistra che sola può dare al processo di unificazione europeo un segno politico e istituzionale democratico e di progresso”, la dichiarazione è riportata in G. Marsilli, Duverger candidato col Pci. “Per una nuova eurosinistra”, in “l’Unità”, 3 maggio 1989.
123 Sulla candidatura di Duverger Cossutta sosteneva che “apprezzo i risultati ottenuti per la presenza nelle liste del PCI di eminenti personalità indipendenti, che segnalano il pluralismo, anzi l’eclettismo oggi esistenti nel PCI. Ma appunto per questo non comprendo e non giustifico l’assenza di personalità altrettanto eminenti di formazione marxista”, A. Cossutta, Gli interventi alla relazione di Napolitano, cit.
124 Si veda anche, G. Invernizzi, Candidato alzatevi, in “L’Espresso”, a. XXXV, n. 21, 28 maggio 1989.
125 Alla direzione del partito del 29 aprile, Napolitano aveva illustrato la relazione che avrebbe tenuto al comitato centrale. Sul rapporto con i socialisti, alla luce del lavoro svolto dal PCI per costruire la sinistra europea, auspicava, “una seria sollecitazione al PSI a collocarsi sullo stesso versante, a schierarsi in modo egualmente chiaro e positivo per una rinnovata unità delle forze di sinistra in Europa e in Italia”, G. Frasca Polara, “Unità dell’eurosinistra”. Il Pci in campagna elettorale, in “l’Unità”, 30 aprile 1989.
126 G. Napolitano, La relazione di Napolitano, cit.
127 Napolitano proseguiva questo tema affermando: “Se si prendono in esame gli indirizzi e le proposte del nostro programma da un lato, e del Manifesto dei partiti socialisti della Comunità, dall’altro, se ne può trarre la chiara conferma di un quadro di convergenze maturate via via nel Parlamento europeo (…) la costruzione di una piattaforma comune della sinistra europea, attraverso cui contrastare più efficacemente le politiche e le forze neoconservatrici (…) non è dunque un obiettivo velleitario. Non si deve partire da zero. Stiamo già raccogliendo i frutti delle esperienze e delle ricerche di un decennio critico”, Ibidem.
128 Ne costituiva un ulteriore esempio il convegno comune organizzato in febbraio dai movimenti femminili di PSI e PCI, dal titolo “Europa, la vogliamo così”, si veda il resoconto stampa in P. Cacianti, Il manifesto delle donne di sinistra, in “Avanti!”, 5-6 febbraio 1989.
129 Sui fatti cinesi Occhetto affermò: “Per noi non funziona nessuno di questi sistemi in cui non è considerata valida la concorrenzialità, il dibattito interno (..) la nostra critica si rivolge a tutto il socialismo reale compreso quindi anche Fidel Castro (…) sosteniamo tutte le forme riformiste che si battono per una riforma di tutti quei sistemi”, Tribuna politica. Conferenza stampa PCI, 13 giugno 1989, cit.
130 Nella conferenza stampa che chiudeva la campagna elettorale, fu posta al segretario del PCI una domanda relativa alla necessità di cambiare il nome del partito anche in seguito ai fatti cinesi e in prospettiva di un’unione a sinistra; Occhetto rispose: “Il nome è infangato dai regimi staliniani (…) ma noi abbiamo un cognome che è ‘italiano’. Un processo unificante non deve interrogare l’800 ma il 2000”, Tribuna politica. Conferenza stampa PCI, cit.
Massimo Piermattei, Dal vincolo esterno all’europeizzazione? Le culture politiche italiane e l’integrazione europea nella rincorsa alla moneta unica (1988-1998), Tesi di dottorato, Università degli Studi della Tuscia, 2009

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.