La collaborazionista era dunque una spia

In entrambi i paesi, durante il conflitto, il fenomeno della delazione aveva assunto un carattere di massa, tanto da poter essere considerato uno dei tratti distintivi del periodo di occupazione. La delazione fu utilizzata come principale strumento della “guerra ai civili” e promossa dalla propaganda come un “atto civico” nei confronti della patria: la Rsi, Vichy e i nazisti se ne servivano per combattere la Resistenza e i suoi fiancheggiatori, scovare gli ebrei e arrestare gli avversari politici. Se dunque tutte le lingue occidentali, come sottolineato da Joly, «ont distingué la “dénonciation” (fait de signaler un crime aux autorités) de la “délation” (dénonciation anonyme, méprisable et calomnieuse)» <467, per gli storici tale distinzione è poco pertinente: “tout pouvoir déclare rejeter avec horreur la délation, anonyme et abjecte, et ne retenir que la «bonne dénonciation», civique et franche. Et tout dénonciateur, lorsqu’il s’adresse à une autorité, prétend être animé des meilleures intentions”. <468
In Italia, già diffusa durante il Ventennio, con la costituzione della Repubblica di Salò la delazione si estese capillarmente in ogni ambito della vita quotidiana. Nel corso dell’occupazione, infatti, anche i tedeschi contribuirono a renderla sistematica, promuovendola attraverso bandi e manifesti che promettevano in cambio laute ricompense <469. Allo stesso modo, a partire dall’estate del 1940, in Francia si assistette a una vasta proliferazione dell’attività delatoria, segnalata dai prefetti della zona occupata e sottolineata dagli stessi tedeschi, che non mancarono di metterla in luce e talvolta enfatizzarla come il segno dell’«abaissement moral du pays vaincu» <470 e della loro superiorità morale sui francesi. Incentivata dai nazisti attraverso “avis à la population” <471 e premi in denaro, la denuncia degli oppositori fu parallelamente incoraggiata da Pétain e dagli apparati di Vichy, che dal luglio 1940 cominciarono a esortare i francesi a difendere la Rivoluzione Nazionale e a combattere il «vent mauvais» <472 degli oppositori interni. Nella zona libera, dunque, la Légion française des combattants si assunse l’incarico di costituire in Francia «les yeux et les oreilles du Maréchal» <473 , finendo per trasformarsi in un vero e proprio apparato di polizia politica. In zona occupata Vichy si affiancava poi all’occupante ed esortava la denuncia dei “terroristi” che dopo l’occupazione
avevano moltiplicato gli attentati contro i soldati della Wehrmacht: il 25 ottobre del 1941 una legge trasformò la delazione da dovere civile a obbligo legale, rendendo così la «nondénonciation» <474 un crimine perseguibile <475.
La delazione costituiva dunque a tutti gli effetti una forma di partecipazione al conflitto, e poteva avere conseguenze molto gravi per chi ne era vittima. Allo stesso tempo, tuttavia, essa si discostava dalla rappresentazione classica dello scontro tra combattenti, tradizionalmente di esclusività maschile.
L’idea stessa di un’insidiosa “quinta colonna” <476 celata tra la popolazione e pronta a favorire il nemico dall’interno non era infatti concepibile se non in relazione a nuove forme di conflitto che esulavano dal semplice confronto tra soldati al fronte <477.
La delazione presupponeva il coinvolgimento della popolazione civile nelle dinamiche della guerra e dell’occupazione: dunque anche delle donne, le quali, «meno sospette e sospettabili degli uomini» <478, seppero coniugare un’efficace attività delatoria con le quotidiane pratiche domestiche e femminili, muovendosi sul labile confine tra pubblico e privato e rimanendo così «sia fuori che dentro le categorie femminili tradizionali» <479.
Attraverso la denuncia, anche le donne trovarono spazio nello scontro, giocando ruoli cruciali pur senza avere accesso ai principali teatri di conflitto armato.
La maggior parte delle donne processate per collaborazionismo dalle Cour de Justice e dalle Corti d’Assise Straordinarie furono dunque accusate di delazione e spionaggio a favore del nemico.
L’80% delle collaborazioniste piemontesi presentava uno di questi reati tra i capi d’accusa; in Emilia le delatrici erano circa il 60% delle imputate, mentre in Francia tale incriminazione riguardava il 63% delle donne processate dalle Cour de Justice de la Seine e il 50% di quelle giudicate a Bourg-en-Bresse.
Riferendosi al caso francese, Philippe Burrin fa notare come le donne, pur costituendo una piccola minoranza sul totale degli imputati di collaborazionismo, nel dopoguerra fossero tuttavia percentualmente più numerose nei processi per delazione. Secondo l’autore, infatti, la delazione costituiva “l’arma dei deboli” per eccellenza: le donne vi ricorsero dunque «en tant que femmes et parce qu’elles appart[enai]ent à des catégories sociales défavorisées» <480 .
Secondo Cobb, inoltre, la segnalazione degli oppositori era il miglior servizio che le collaborazioniste, escluse dalla politica e dai campi di battaglia, potessero rendere al nemico sul territorio <481.
L’alto numero di denunce sporte dalle donne durante il conflitto contribuì così al delinearsi – nei tribunali del dopoguerra così come in tutta la società – di una vera e propria visione “sessuata” del tradimento e della delazione <482: in entrambi i paesi l’attività delle collaborazioniste fu automaticamente associata al segreto, all’intrigo e al complotto.
Connessa al mormorio e al pettegolezzo, la delazione era quindi considerata un crimine commesso soprattutto dalle donne: «les femmes qui dénoncent, c’est radio-pipelette après tout, rien de nouveau» <483, ha scritto ironicamente Christine Angot. La stessa propaganda di guerra accreditava questo stereotipo diffondendo manifesti che mettevano in guardia dal “chiacchiericcio” delle donne, incarnazioni in questo caso della “quinta colonna” e del nemico celato tra la popolazione <484.
La collaborazionista era dunque una spia, una “femme fatale” bella e seduttrice che “devirilizza” gli uomini che cadono nel suo tranello, «les renvoyant aux traits mythiquement féminins que sont la faiblesse, la crédulité, le bavardage» <485. Opposto simbolico della Madre, la rappresentazione della spia trovò così conferma sia in Italia che in Francia nell’«immagine – faticosamente costruita in secoli di elaborazione del pregiudizio – della donna subdola, traditrice, seduttrice, esperta in tutte le arti della simulazione, machiavellica acqua cheta che rovina ogni ponte possibile tra i due generi dell’umanità» <486.
Tuttavia, come sottolinea Simonin per il caso francese, la delazione non fu tanto un “crimine femminile”, quanto piuttosto un delitto legato alle circostanze della guerra: “À un moment où les hommes sont mobilisés, requis par la Relève puis le Service du travail obligatoire, si les femmes dénoncent plus que les hommes, c’est d’abord… parce que les femmes sont plus nombreuses que les hommes” <487.
Il contesto di guerra totale, inoltre, aveva annullato in entrambi i paesi le frontiere tra civile e militare e tra pubblico e privato: le donne dunque, da sempre associate alla domesticità, videro i propri ambiti tradizionali – la casa e la famiglia – investiti da una nuova valenza politica. Come scrive Diamond, infatti, “Women were present, in the households and in the streets, when the men were not, and they were sometimes privy to certain knowledge through privileged relations such as doing someone’s washing or cleaning. They were therefore more likely to notice and ask about the presence of strangers in a household, a sudden absence, or the fact that household members kept irregular hours” <488.
Queste informazioni, che da sempre componevano l’orizzonte quotidiano femminile, durante l’occupazione acquisirono un nuovo valore, e diventarono per le donne un inedito mezzo di trattativa con l’occupante <489.
Più frequentemente degli uomini, dunque, le donne si trovarono durante la guerra in circostanze che favorivano la delazione. Tuttavia, se è vero che la maggior parte delle collaborazioniste fu processata per questo motivo, l’equazione donne-delazione è uno stereotipo <490: il numero di uomini accusati di denuncia alla Liberazione rimane più alto di quello delle donne. In Francia, ad esempio, su 1595 persone processate dalla Cour de Justice de la Seine per delazione, il 55% era costituito da uomini e il 45% da donne, mentre alla Corte d’Assise Straordinaria di Torino solo il 23% dei 243 accusati di delazione era di sesso femminile.
[NOTE]
467 L. Joly, Dénoncer les Juifs sous l’occupation, CNRS editions, Paris, 2017, versione kindle, 7%.
468 L Joly, Introduction, in L. Joly (a cura di), La délation dans la France des années noires, Perrin, Paris,
2012, p. 17.
469 Eccone un esempio: AVVISO. 100.000 lire di ricompensa per l’arresto di Capi-Ribelli. Il Comando Superiore Germanico paga ad ogni cittadino una somma cospicua, e cioè dalle Lire 5000 in poi, per l’arresto di Capi-Ribelli, o per indicazioni che portano ad un tale arresto. La ricompensa viene pagata per Capi-Ribelli dal grado di Comandante un battaglione, ovverossia per Commissari politici d’un battaglione. Cfr. M. Franzinelli, Delatori, op. cit., p. 255.
470 L Joly, Introduction, in L. Joly (a cura di), La délation dans la France des années noires, op.cit. p. 29.
471 Per esempio: AVIS A LA POPULATION. Ces derniers temps, plusieurs attentats ont été commis contre les voies et le matériel des chemins de fer. Ces attentats mettent en danger des vies humaines et notamment celles des milliers des travailleurs qui empruntent chaque jour ce moyen de transport. […] en conséquence, la population tout entière, dans l’intérêt général, est invitée à s’associer à la répression et même à la prévention de ces attentats. UNE RECOMPENSE D’UN MILLION DE FRANCS EST OFFERTE A TOUTE PERSONNE QUI PERMETTRA D’ARRETER LES AUTEURS DES ATTENTATS COMMIS. La discrétion plus absolue sera assurée. […]. Cit in, A. Halimi, La délation sous l’occupation, A. Moreau, Paris, 1983, p. 16.
472 P. Pétain, Discours aux Français 17 juin 1940-20 août 1944, textes établis, présentés et commentés par Jean Claude Barbara, Albin Michel, Paris,1989, discours des 11 juillet 1940, 11 octobre 1940 et 12 août 1940, p. 70, 94, 164-67, cit. in L. Joly, Introduction, in L. Joly (a cura di), La délation, op. cit., p. 38.
473 L. Joly, Introduction, in L. Joly (a cura di) La délation, op. cit., p. 30.
474 Ivi, p.32.
475 Come sottolineato da Laurent Joly, nel 1940-1941 la zona libera fu particolarmente afflitta dalla delazione politica contro gli avversari della Rivoluzione Nazionale. A partire dal 1942, con l’occupazione tedesca della zona libera e la crescente fascistizzazione del regime di Vichy, la specificità della zona sud si attenuò e anche sul versante della delazione si privilegiò la collaborazione a oltranza e l’emulazione dell’occupante. Cfr. L. Joly, Introduction, in L. Joly (a cura di) La délation, op. cit., p. 32-33.
476 Il termine prende origine da un discorso del generale Mola, che in occasione della sollevazione militare a Madrid nel giugno del 1936, sperando che una parte della popolazione della città si unisse ai nazionalisti, annunciò che le quattro colonne del suo esercito che si dirigevano verso Madrid sarebbero state aiutate da una “quinta colonna” che si trovava già all’interno della città, generando nella popolazione un sentimento di sospetto generalizzato. Cfr. F. Virgili, Du traître à la «cinquième colonne» (France, 1939-1945), in S. Boulouque, P. Girard (a cura di), Traîtres et Thraison, op. cit. p. 48.
477 F. Virgili, Du traître à la «cinquième colonne» (France, 1939-1945), in S. Boulouque, P. Girard (a cura di), Traîtres et trahison, op. cit., p. 59.
478 R. Cairoli, Dalla parte del nemico. Ausiliarie, delatrici e spie nella repubblica sociale italiana (1943-1945), Milano-Udine, Mimesis Edizioni, 2013, op.cit. p. 98.
479 Ibidem.
480 P. Burrin, La France à l’heure allemande, op.cit., 32%.
481 R. Cobb, Vivre avec l’ennemi. La France sous deux occupations 1914-1918 et 1940-1944, Editions du Sorbier, Paris, 1985, p. 105.
482 F. Virgili, Du traître à la «cinquième colonne» (France, 1939-1945), in S. Boulouque, P. Girard (a cura di), Traîtres et trahison, op.cit., p. 59.
483 H. Schubert, Les Femmes qui dénoncent, préf. de Christine Angot, Stock, Paris, 2002, 1990, p. 16.
484 In un manifesto italiano, ad esempio, un’anziana madre ammoniva le donne a tacere per non “tradire suo figlio”, mentre in Francia un giornale clandestino dell’Union des femmes françaises pubblicava nel 1944 un articolo intitolato «mères françaises défendez vos fils contre les femelles de la Gestapo». Cfr. F.Virgili, Du traître à la «cinquième colonne» (France, 1939-1945), in S. Boulouque, P. Girard (a cura di), Traîtres et trahison, op.cit. p. 62-63. Nell’articolo Virgili riporta quattro immagini di manifesti, americani, giapponesi, svedesi e inglesi, che declinano in diversi modi il sospetto nei confronti delle donne.
485 Ivi, p. 87.
486 C. Covito, Prefazione a R. White, Violent femmes. Donna-spia da Mata Hari ad Alias, Odoya, Bologna, 2007, cit. in R. Cairoli, Dalla parte del nemico, op. cit, p.99.
487 A. Simonin, La femme invisible, op.cit. p. 1. Cfr anche J.Chassin, La délation sous l’Occupation dans le Calvados, in «Annales de Normandie», 54, 1, 2004, p. 83.
488 H. Diamond, Women and the Second World War 1939-1948, op.cit., 37%.
489 Ibidem.
490 L. Joly, Introduction, in L. Joly (a cura di) La délation, op.cit, p. 63.
Barbara De Luna, Le donne del nemico. I processi per collaborazionismo nel dopoguerra: Francia e Italia a confronto. 1944-1951, Tesi di Dottorato, Alma Mater Studiorum Università di Bologna in cotutela con Université Paris 1 Panthéon Sorbonne, maggio 2021