La caccia nazifascista agli ebrei in provincia di Como

I principali centri brianzoli furono sede di presidi di Brigate Nere. In Alta Brianza, una compagnia della Brigata Nera, “Cesare Rodini”, di circa 148 uomini era situata ad Erba, al comando del Maggiore Alberto Airoldi. Le Brigate Nere, furono occupate soprattutto nelle azioni di rastrellamento, durante le quali razziavano beni e generi alimentari con la scusa di reprimere il mercato nero e l’accaparramento <58.
Negli archivi di alcuni Comuni Brianzoli si trovano ancora oggi le disposizioni e i provvedimenti contro gli ebrei. Forse i segni più minacciosi di ciò che si preparava furono l’obbligo di registrazione presso l’anagrafe e l’annotazione della razza sulla carta d’identità. L’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, segnò una tappa decisiva nella politica antiebraica: tutti gli ebrei di origine straniera furono arrestati e inviati al confino. In Italia si erano rifugiati molti ebrei di origine germanica o slava, ingannati dalla propaganda di Mussolini che fino al 1936 si era proclamato amico della Palestina (in competizione con gli inglesi). Nel 1941, la politica antiebraica nazista passò alla fase dello sterminio chiamata: la “soluzione finale”. Un documento scritto dal regio Questore di Como al podestà di Lambrugo, testimonia il crescente e forte odio razziale tra le fila dei seguaci di Mussolini: “[…] gli ebrei stranieri internati, usando i mezzi propri della loro razza, in occasione dei rapporti che intercorrono tra loro e la popolazione, cercano e talora ottengono di muovere a compassione suscitando in chi li ascolta e li vede quel senso di “pietismo” dal quale tutti devono rifuggire. Ciò assolutamente non deve ulteriormente verificarsi; a parte i necessari contatti con la popolazione per ovvie ragioni, non devono avere dimestichezza con altre persone tanto più che, sfruttando la loro situazione di internati e rappresentando ad altri la loro situazione economica, tentano di fare presa sull’animo di chi ascolta a mezzo di discorsi di tenore sovversivo ed antinazionale. Pertanto pregasi sottoporre ad assidua vigilanza gli internati, […], diffidandoli ad astenersi dallo avere contatto con le popolazioni a scanso di invio in campi di concentramento” <59.
Quando i tedeschi si installarono nel nord Italia la fase dello sterminio era nel suo pieno sviluppo. Dopo la caduta del Fascio, l’8 settembre 1943, nella gioia del momento, a nessuno venne in mente di distruggere, come per i simboli del regime fascista, gli schedari con le liste di censimento dei cittadini ebrei presenti nei vari Comuni e nelle Prefetture; in questo modo i nazisti, ben coadiuvati dai nuovi fascisti della neonata R.S.I., ebbero il lavoro facilitato.
Con l’inizio della guerra, la persecuzione antiebraica si era aggravata e gli ebrei di origine straniera che, come abbiamo visto, si erano rifugiati in Italia per sfuggire alla persecuzione nazista, furono arrestati e inviati al confino. Erba fu luogo di confino per un gruppo di ebrei croati che risultavano essere circa una ventina <60. La documentazione si ferma agli inizi del 1943 e non si hanno più notizie degli ebrei croati di Erba dopo l’8 settembre 1943, quando ci fu l’occupazione nazista, con la quale iniziò la vera e propria persecuzione contro gli ebrei. Emblematico del clima in cui vivevano gli ebrei stranieri ed italiani di Erba, fu l’episodio che ebbe come protagonista il Podestà Airoldi. Nel 1938, quando Mussolini emanò i “Provvedimenti per la difesa della razza italiana”, Airoldi diffuse un opuscolo con l’elenco di cognomi ebraici corredato dai versi 80-81 del V° Canto del Paradiso di Dante, forzando il testo in senso antiebraico: “Uomini siate e non pecore matte, sì che ‘l giudeo tra Voi di Voi non rida” <61.
Negli archivi comunali di Lambrugo ed Inverigo è documentata la presenza di ebrei e di oppositori politici; elenchi di cittadini ebrei stranieri si ritrovavano inoltre, in quasi tutti i Comuni dell’Alta Brianza e della Vallassina come ad Alzate Brianza, liste poi trasmesse interamente alla Questura di Como per essere messe a disposizione degli alleati nazisti <62.
Quasi tutti gli ebrei scapparono tra il 25 luglio e l’8 settembre 1943. Non tutti riuscirono a salvarsi: numerosi ebrei stranieri saranno arrestati di lì a poco a Sormano, Magreglio, Civenna e inviati in Germania. Gli ebrei di Civenna-Magreglio-Barni (il Comune di Civenna comprendeva anche Magreglio e Barni), vennero catturati il 13 settembre 1944 in seguito alla rappresaglia per l’uccisione, il 7 settembre 1944, a Vassena di un Tenente tedesco dell’aeronautica di Bellagio, Hermann Weber. Il gruppo composto da 12 ebrei stranieri, residenti a Civenna e Magreglio, fu deportato e non si sa quanti si siano salvati <63.
Il 15 settembre 1944, una delegazione composta dai parroci di Magreglio e Civenna e dallo scrittore Albert Rausch, riuscì a convincere il Generale Zimmermann a non fare rappresaglie sulla popolazione. La deportazione degli ebrei poté bastare anche per Zimmermann. Per i profughi il Triangolo Lariano era un territorio accessibile; nei paesi della Vallassina si potevano trovare facilmente alloggi, luoghi in cui nascondersi per poi tentare la pericolosa fuga in Svizzera.
Un ruolo principale, per la deportazione dei prigionieri dell’Alta Italia in Germania nei campi di sterminio, lo svolse il carcere milanese di San Vittore, centro di raccolta della maggior parte dei prigionieri catturati. Nel carcere veniva loro riservato l’ultimo piano del 4° raggio, composto da 18 camerate contenenti dalle 8 alle 10 persone e l’autorità che lo governava era solo quella tedesca. Da San Vittore uscirono gli ebrei che formarono il primo convoglio di deportati per Auschwitz da Milano stazione Centrale binario 21, il 6 dicembre 1943 <64.
Il governo della nuova Repubblica di Salò emanò il 30 novembre 1943 un decreto di arresto ed internamento per tutti gli ebrei. I beni degli arrestati venivano confiscati e messi a disposizione dell’ “Autorità competente” per essere devoluti ai sinistrati dei bombardamenti. Almeno così fu stabilito ma non si sa quanto fu eseguito. Per i figli di matrimoni misti, si decise per la vigilanza speciale <65.
Ad Erba, si costituì un “Ufficio gestione ebraica”, il cui segretario era retribuito in parte con i fondi dei beni sequestrati. La prima ordinanza, dell’1 gennaio 1944, riguardò il sequestro di alcune ville, con relativo arredo, di proprietari ebrei <66. I beni sequestrati, che avrebbero dovuto rimanere in custodia del Comune, furono divisi fra privati e fra diversi Enti, tra cui la Brigata Nera “Cesare Rodini” di Erba. Una nota del 28 febbraio 1944, dell’archivio comunale di Erba, specificava che dei beni sequestrati all’Avv. Ottolenghi, dichiarato “irreperibile”, fra cui un quadro rappresentante una veduta di Perugia, era stato ritirato dal Commissario Prefettizio Airoldi per farne omaggio al Capo della Provincia <67
Il 3 dicembre 1943, il Capo della Provincia di Como Francesco Scassellati Sforzolini, diede istruzioni ai Commissari Prefettizi, affinché i dirigenti di Ospedali, Sanatori, Case di Cura, Istituti religiosi e laici, fornissero gli elenchi dei ricoverati di razza ebraica. Inoltre gli stessi erano diffidati dall’ospitare persone di razza ebraica ed erano personalmente responsabili dell’esattezza dei dati forniti <68. Non ci si accontentava così, solo dei vecchi elenchi redatti nel 1938. In Brianza gli arresti furono per lo più mirati, frutto di delazioni e di operazioni di infiltrati nelle organizzazioni per l’espatrio clandestino di ebrei e di sbandati <69.
Sul finire del ’43, le zone di frontiera verso la Svizzera furono sorvegliate sempre più rigidamente e le vie di fuga cominciarono a ridursi. Già da ottobre a Canzo si istallarono stabilmente le SS. Molte persone ed intere famiglie ebree che avevano scelto la Brianza come luogo per nascondersi e per ripararsi dai bombardamenti alleati, si trovarono bloccate in Vallassina. La loro vita non fu semplice, nonostante gli aiuti dei partigiani e della popolazione locale per nasconderli e farli espatriare in Svizzera, tanto che si può parlare di una vasta organizzazione per l’espatrio clandestino di ebrei e di sbandati. Si dovevano evitare nazisti, fascisti, spie a pagamento, traditori e procurarsi di che vivere <70.
La Brianza fu ed è tuttora zona soprattutto di piccoli paesi, dove si pensava e ancor oggi si pensa tra i suoi abitanti, che un fatto così mostruoso come la persecuzione degli ebrei, sia stato qualcosa di lontano e marginale ma, cercando pazientemente tra le migliaia di nominativi di ebrei italiani morti nei lager, riportati nel prezioso volume di Liliana Picciotto Fargion, “Il libro della memoria”, ci si accorge che l’inferno fu anche nella civile e laboriosa Brianza. L’1 e il 2 dicembre 1943, per citare un esempio, furono attuati quattro arresti fra le località di Cantù, Erba e Mariano Comense. In quello stesso mese, dall’1 al 4, furono catturate altre 19 persone a Como città e luoghi limitrofi. In quei giorni in tutta la provincia vennero presi ben 23 ebrei che inutilmente si nascosero nelle pieghe della tranquilla e defilata Brianza <71. Pare che nessuno degli ebrei catturati in Brianza, circa una quarantina, sia sopravvissuto alla deportazione.
[NOTE]
58 Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Ed. Bellavite, Missaglia 2006, p. 114.
59 Cfr. ASCL, cat. XIII Esteri, dalla Regia Questura al Podestà di Lambrugo, 3.06.1943, foglio N°01827 Gab.;
60 Cfr. ASCE, cart. N.° 138 e cart. N.° 58, in Galli E., Contributi per una storia di Erba, Ed. Responsabile Comune di Erba 2007, p.581; . Negli archivi comunali di Lambrugo ed Inverigo è documentata la presenza di ebrei e di oppositori politici; elenchi di cittadini ebrei stranieri si ritrovavano inoltre, in quasi tutti i Comuni dell’Alta Brianza e della Vallassina come ad Alzate Brianza, liste poi trasmesse interamente alla
61 Cfr. Cavalleri Giorgio, La modista di via Diaz. Leggi razziali e ebrei a Como, Ed. Nuove parole 2005, p.21;
62 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, comunicato della Questura di Como al Capo della Provincia, del 28.10.1943, foglio N.03913 Gab.; Vedi Appendice: Doc. (8);
63 Cfr. ASCC, in Ceruti Paolo, Un’altra vita. Albert H. Rausch-Henry Benrath, Ed. Comune di Magreglio, Erba 2001, pp.123-124;
64 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.34;
65 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., pp.34-35;
66 Cfr. ASCE, cart. 437, ordinanza di sequestro, dell’1.01.1944, foglio s.n.;
67 Cfr. AA.VV., Contributi per una storia di Erba, Ed. Responsabile Comune di Erba 2007, p.589;
68 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte Riservate Scassellati cart.2, ordinanza del Capo della Provincia ai Podestà e ai Commissari Prefettizi, del 3.12.1945, foglio Gab. 163 ris.sp.;
69 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte Riservate Scassellati cart.1, relazione dell’avvocato Roberto Franceschini, Como 16.12.1943, XXII°, foglio s.n.;
70 Cfr. Ibidem;
71 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.36.
Laura Bosisio, Guerra e Resistenza in Alta Brianza e Vallassina, Tesi di Laurea, Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano, Anno Accademico 2008-2009