Il Movimento per la Rifondazione comunista nasce formalmente il 3 febbraio 1990, quando un gruppo di delegati abbandona il XX Congresso del Pci.
Alla base della nascita di Rifondazione comunista vi è la volontà di considerare il comunismo e la sua storia come una risorsa fondamentale per la trasformazione sociale opposta alla considerazione secondo cui (Favilli, 2011, p.8) “il comunismo è un cumolo di macerie da cui prendere le distanze il più rapidamente possibile” (Favilli, 2011, p.8)
Se all’inizio prevale la scelta di nominare il Movimento con il nome della mozione opposta a quella di Occhetto, in un secondo momento una parte dei dirigenti, soprattutto cossuttiani e demoproletari, esprime la necessità di eliminare il termine rifondazione in quanto l’identità comunista non necessità di essere rifondata, difatti, nell’assemblea del 5 maggio a Roma un delegato appartenente all’area cossuttiana affermerà (Bertolino,2011, p.67) “vi sono troppe critiche al Pci, io rivendico quei settant’anni di storia e propongo che il nostro sia non il I ma il XXI Congresso”.(Bertolino, 2011, p.67)
D’altra parte, la coalizione che si riunisce intorno a Garavini sostiene che è necessario sottolineare una discontinuità rispetto al vecchio Pci per emancipare il nuovo movimento dall’immagine conservatrice che gli viene attribuita e per espandere l’area di consenso. Successivamente sarà il Golpe di Mosca del 1991 a segnare le sorti del conflitto, difatti, per non rischiare che gli avvenimenti dell’Est possano pregiudicare l’immagine del Mrc e chiudere le porte ad un’espansione del partito, anche Cossutta si schiera in favore di un’opzione più rinnovatrice; perciò, verrà ratificata dal Coordinamento nazionale del movimento la decisione di proporre il nome di Partito della rifondazione comunista che riceverà un consenso quasi unanime. (Bertolino, 2011, p.67,68)
La formazione del gruppo dirigente prevede tre diverse fasi. La prima fase prende avvio dopo il Convegno di Arco e prevede la formazione di un’alleanza tra una parte di dirigenti ingraiani della ex seconda mozione e cossuttiani, difatti,esponenti quali Garavini, Salvato, Libertini coalizzandosi con Cossutta saranno i fondatori del Prc.
La prima fase comprende la creazione di un primo Coordinamento nazionale provvisorio e un esecutivo nazionale formato da Garavini (nuovo coordinatore), Cossutta, Libertini, Cappelloni, Braccitorsi, Salvato, Serri, Napolitano e Valentini.
La formazione del vertice si conclude il 5 maggio 1991 e prevede l’elezione di un nuovo esecutivo nazionale formato da quindici membri e di un coordinamento nazionale composto dai membri dell’esecutivo più venti coordinatori provenienti dalle regioni e dai segretari delle federazioni metropolitane.
L’assemblea nazionale sarà, però, tormentata in quanto si assisterà alle prime tensioni (e non ultime) tra il fronte raggruppato intorno al coordinatore Garavini che auspica una discontinuità rispetto all’eredità del Pci, come già accennato in precedenza, e propone un allargamento del partito verso altri soggetti della sinistra e quello raggruppato intorno a Cossutta che vede la difesa del modello organizzativo tradizionale.
La seconda e l’ultima fase che si svolgono rispettivamente tra gennaio e aprile 1991 e tra maggio e giugno 1991 vedono la confluenza in Rifondazione comunista dei quadri dell’ex Pdup e di Democrazia proletaria. (Bertolino, 2004, pp. 50,51,52,53,54)
All’interno di Rifondazione comunista è possibile vedere perciò quattro linee distinte. Innanzitutto, è chiaro che è il gruppo cossuttiano a possedere maggiori risorse organizzative certamente ereditate da anni di attività frazionistica all’interno del Pci (Favilli,2011, p.89), tali risorse però presentano un punto debole in quanto presentano un’immagine considerata troppo conservatrice e soprattutto viene a pesare il trascorso filosovietico di questo fronte (Bertolino, 2011, p.51).
D’altra parte, la componente della ex seconda mozione, seppur è vero che non dispone delle stesse risorse organizzative ed è molto meno coesa, essa possiede un’area di consenso molto più vasta ed essendo accompagnati da un’immagine più aperta rispetto al fronte cossuttiano possono controllare (Bertolino, 2011, p.51) “’l’area di incertezza organizzativa’ relativa ai rapporti con l’ambiente esterno visto che da essi dipendono le chance di sviluppo del movimento”. È proprio per questo motivi che Garavini sarà nominato coordinatore. (Bertolino, 2011, p.51)
Per quanto riguarda la componente dei quadri dell’ex Pdup, confluita nel movimento, seppur risulta essere molto esigua è di estrema importanza in quanto i dirigenti hanno occupato importanti posizioni all’interno del Pci e possiedono una base di massa in espansione.
La componente dei demoproletari, invece, presenta un equilibrio tra risorse politiche e organizzative (Favilli, 2011, p.91)
Una delle prime sfide del neonato movimento sarà quella di definire il campo politico: il Movimento sarà maggiormente interessato all’area dell’elettorale legata alla tradizione simbolica del vecchio Pci cercando di utilizzare il capitale politico-organizzativo formato dal nome e dal simbolo del vecchio partito ma di fronte al tentativo di Cossutta e Garavini di depositare il simbolo del Pci, Occhetto congela per via giuridica ogni tentativo possibile di utilizzare tali simboli.
Dopo che verrà bocciato un simbolo pressoché simile a quello del Pci l’Mrc deposita una versione corretta che verrà definitivamente adottata che presenta una bandiera rossa con dentro la falce e il martello, un tricolore con la bandiera e in alto la scritta partito comunista. (Bertolino, 2011, p.65)
Dal I al II Congresso
Il I Congresso del Movimento si svolge a Roma dal 12 al 15 dicembre 1991 e vede una partecipazione alla discussione congressuale molto ampia, difatti, nei 3127 congressi di circolo risulta impegnata più della metà degli iscritti e vengono discussi più di 5000 emendamenti al documento della direzione nazionale. (Favilli, 2011, p.96)
Il documento congressuale presenta un carattere innovativo importante e sottolinea, fin da subito, la critica al socialismo sovietico e viene condannata l’opposizione di Cossutta allo strappo di Berlinguer del 1982.
Nel documento congressuale viene chiaramente criticata la cultura statalista dell’ex partito e viene dichiarato l’interesse verso questioni quali le differenze di genere e l’ambientalismo.
Tuttavia, vi sono vari punti critici su cui di fonda il dibattito interno. Anzitutto una delle questioni più importanti su cui si divide l’assemblea risulta essere quella del nome, difatti, già nei primi giorni del congresso vi sono numerosi interventi a difesa del nome del Pci e si arriverà a far circolare una raccolta firme per difenderlo (Bertolino, 2011, p.79,80,81).
Molti delegati, perciò sono favorevoli alla riproposizione del nome del Partito comunista e all’eliminazione del termine Rifondazione, (Favilli, 2011, ùp.97) una giovane militante, a proposito, affermerà di rifiutare il “purgatorio di una rifondazione eterna” (Favilli, 2011, p.97). A riguardo è interessante riportare una considerazione di Favilli che afferma che “tenuto conto, però, che nella storia dei comunismi ci sono stati anche gli interni solo un lungo percorso attraverso il purgatorio può dimostrarsi condizione preliminare per la rinascita.” (Favilli, 2011, p.97)
Alla fine, sarà approvata la proposta della dirigenza riguardo la denominazione di “Rifondazione comunista”.
Il conflitto più acuto risulterà essere quello intorno alla previsione dell’istituzione della carica di presidente, difatti la proposta di una diarchia di vertice provoca l’opposizione di Garavini che è consapevole del fatto che tale carica è creata per sancire il controllo che Cossutta già esercita sull’organizzazione. La proposta, però, viene approvata con 400 voti favorevoli e 270 contrari. (Bertolino, 2011, p.82,83)
Tale conflitto determina così forti tensioni che l’elezione viene rinviata per un periodo di quasi un mese, solo successivamente una sessione supplementare del congresso, vede l’elezione di Garavini e Cossutta rispettivamente come segretario e presidente. (Favilli, 2011, p.98)
Le elezioni politiche del 1992 vedono il Prc e il Pds contendersi la tradizione simbolica e il nome del Pci che risulta essere la loro principale risorsa elettorale. (Bertolino, 2011, p.85,86)
Le elezioni risultano particolarmente incoraggianti in quanto il partito si aggiudica 2 milioni voti con il 5,6% alla Camera e il 6,5% al Senato ottenendo buoni risultati anche nelle regioni rosse (10,3% in Umbria, 7,4% in Liguria, 7% in Lombardia). Queste elezioni, inoltre, rappresentano per il Prc la conferma dell’incredibile mobilitazione collettiva che ancora non si era esaurita e che aveva permesso ad un partito come il Prc, privo di particolari risorse finanziare per mettere in atto una campagna elettorale costosa, di essere presente in tutto il territorio nazionale.
Anche le elezioni amministrative del 1993 risultano essere incoraggianti per il Prc, difatti, non solo raggiunge il 10,7% nell’Italia rossa migliorando le posizioni delle elezioni del 1992 del 2,7% ma ottiene un incremento anche nell’Italia Leghista dove la sua percentuale arriva al 9,2% con un aumento del 3,9%. (Favilli, 2011, p.106)
Il II Congresso del Prc si svolge tra il 23 e il 26 gennaio, successivamente le dimissioni del segretario Garavini e l’uscita di Ingrao dal Pds del 15 maggio 1993. All’interno del Congresso il partito presenta sempre una frammentazione molto elevata.
La tesi di maggioranza appoggiata da cossuttiani e il gruppo dell’ex Pdup propongono un accordo con il Pds e la candidatura alla segreteria di Bertinotti entrato a far parte del Prc solo nel 1993 e contengono il tema delle alleanze (Bertolino, 2011, p. 93,95)
I gruppi di opposizione a tale tesi risultano quattro: la sinistra sociale si oppone all’’idea di assumere responsabilità di governo in quanto considerano prioritario costituire un blocco anticapitalistico. La componente trotzkista, invece, rifiuta ogni tipo di accordo elettorale.
Per quanto riguardo le ultime due componenti, ovvero quella che vede una frazione cossuttiana allontanatasi corrente del leader e dirigenti dell’ex maggioranza propongono emendamenti volti a circoscrivere le alleanze a semplici accordi elettorali.
Comunque, nei documenti sia dell’opposizione che della maggioranza vi è lasciato poco spazio a temi dell’organizzazione del partito.
Alla fine del congresso sarà la maggioranza ad uscire vincitrice, nonostante l’opposizione arrivi a totalizzare il 30% dei delegati. (Bertolino, 2011, p.92.93,94,96,97,98)
La positività delle elezioni del 1992, 1993 viene fermata dall’introduzione del nuovo sistema maggioritario. Difatti, nelle elezioni del 1994, la cui campagna politica del Prc era improntata ad un programma fortemente di sinistra, vede il partito aumentare solo dello 0,43% con un andamento non omogeneo nelle diverse aree del paese, problematica è anche la contrazione degli iscritti che scendono a 113.280.
Il punto critico per il Prc nel 1994 è rappresentato dalla caduta del governo Berlusconi che rende, soprattutto nella Camera dei deputati, fondamentale l’appoggio dei parlamentari comunisti per l’approvazione di un nuovo governo.
Questo fatto frammenta ancora una volta le correnti interne al Prc: da una parte vi è gran parte della coalizione dominante che appoggia la richiesta di un governo che preveda il prima possibile le elezioni e sia Cossutta che Bertinotti propongono un accordo elettorale antidestra.
Il dissenso alla posizione della maggioranza proviene da Magri, Garavini e si diffonde soprattutto nel gruppo parlamentare controllato dalla parte dell’ex Pdup. Questa parte critica la proposta della dominante per quanto riguarda il volere le elezioni a breve chiedendo, invece, un accordo di governo stabile, (Bertolino, 2011, p.99,100) Garavini a proposito affermerà “questo tipo di politica contribuirebbe il successo della strategia adottata dalla destra” (Bertolino, 2011, p. 100) acuendo le ostilità tra le due componenti formatesi.
Il clima interno peggiora quando il gruppo parlamentare dissidente, non obbedisce alla decisione della maggioranza presa in sede del CPN e al momento della fiducia al governo il 24 gennaio, rompendo la disciplina del partito, 16 deputati dei 39 e 6 dei 11 senatori del Prc scelgono di appoggiare il governo Dini.
Il vero punto di rottura giunge in occasione della legge di riforma del sistema pensionistico dove mentre il gruppo dirigente decise di adottare una tattica parlamentare di tipo ostruzionistico, Garavini e i parlamentari dissidenti dichiarano di voler sostenere la riforma con il loro voto.
La scissione prende definitivamente forma il 24 giugno 1995 quando 25 dirigenti nazionali annunciano la volontà di confluire nella Federazione di sinistra lanciata da D’Alema. (Bertolino, 2011, p.99, 101,102)
Successivamente la scissione i posti lasciati nella dirigenza vengono immediatamente sostituiti con i cossuttiani Rizzo e Grassi e il ruolo di presidente del gruppo parlamentare alla Camera viene affidato a Diliberto.
Nel 1996 è l’anno in cui la Rifondazione ottiene il massimo profitto in quanto l’accordo elettorale tra la coalizione dell’Ulivo decreta l’accesso della sinistra al governo del Paese. La rifondazione alle urne ottiene 900mila voti in più rispetto ai due anni prima e tocca la percentuale dell’8,6% e in Parlamento il partito diventa essenziale per la sorte del governo.
Francesca Giannelli, La svolta del Partito Comunista Italiano dopo il crollo del muro di Berlino, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2021-2022