Circa l’erba di San Guglielmo

L’Agrimonia (Agrimonia eupatoria L.) è una pianta erbacea perenne, dal fusto eretto, che può raggiungere un’altezza di 50-80 centimetri. I fiori, piccoli, gialli e numerosi, sono raggruppati in spighe allungate. Le foglie sono di colore verde nella parte superiore e bianco-grigiastre sotto. Questa Rosacea è diffusa nei terreni argillosi, soleggiati, lungo i fossi, le strade, prati e pascoli fino a 1000 metri di altitudine.

Secondo la tradizione questa pianta è legata alla vita di San Guglielmo, personaggio di origini nobili che, stanco della carriera militare, trovò nuova vita nella religione, dedicandosi all’eremitaggio in vari luoghi della Toscana. La leggenda narra che il Santo, trovandosi nei pressi di Malavalle, abbia sconfitto un dragone che impediva agli abitanti di avvicinarsi a una sorgente a meno di ottenere in sacrificio una ragazza. A San Guglielmo vengono attribuiti anche altri miracoli, come la guarigione, attraverso l’uso dell’Agrimonia, di un cacciatore ferito da un cinghiale. All’eremita si deve la diffusione della pianta come medicamento tanto che, fino a non molto tempo fa “l’erba di San Guglielmo” veniva somministrata in infusi per prevenire febbri e malattie, come la malaria.

È una pianta molto conosciuta fino dalla preistoria; era somministrata nell’antichità come antidoto contro il veleno dei serpenti, contro le malattie epatiche, i disturbi della vista, la perdita della memoria e la raucedine.
Santa Hildegarda di Bingen, monaca benedettina, mistica e teologa del X secolo, reputava la pianta uno dei più grandi rimedi nelle malattie mentali e consigliava di lavare la testa dell’infermo con l’agrimonia disciolta in acqua per liberare il malato dalla sua follia.
L’etimologia del nome è incerta: secondo alcuni autori Agrimonia sarebbe una corruzione di Argemone (una specie di papavero), pianta in grado di guarire le ulcere dell’occhio, qualità attribuita all’agrimonia.
L’antropologo Giuseppe Pitré segnala, a questo proposito, che in Sicilia si denominava “agrimonia” un’infiammazione delle palpebre, che veniva curata con lavaggi di acqua e limone.
Il secondo termine, Eupatoria, deriva dal nome di Mitridate, anche chiamato Eupatore, re del Ponto tra il I e il II secondo a.C. che, per primo, ne avrebbe testate le qualità terapeutiche.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che, in greco, “fegato” si dica “èpar – èpatos”: le sommità della pianta hanno infiorescenze gialle come la bile che, secondo la Teoria delle Segnature, identificano i rimedi depurativi del fegato.

Dell’Agrimonia si usano le sommità fiorite e le foglie.
Le sommità si raccolgono nel periodo da maggio a settembre, recidendo l’intera pianta a 5-10 centimetri da terra. Per conservarle, si legano le sommità a mazzetti e le si fa essiccare all’ombra, evitando le temperature superiori a 30 gradi. Si conservano in vasi di vetro in luogo fresco e non umido.
Nella moderna fitoterapia l’agrimonia ha proprietà antinfiammatorie e antistaminiche utili in caso di dermatite, orticaria e psoriasi.
La proprietà epatoprotettrice la rende utile come colagogo-coleretico e in caso di malattie epatobiliari, epatiti e gastralgie.
Per uso esterno è un eccellente antinfiammatorio e antisettico in caso di ferite e ustioni, mentre, per via interna, è utile come astringente leggero nelle faringiti, nelle gastroenteriti e nelle infiammazioni intestinali.
Ha anche proprietà antipruriginose, antireumatiche, anticatarrali, cicatrizzanti, antidiabetiche, diuretiche, astringenti, risolutive.

Ecco alcune ricette:
USO INTERNO: Contro la diarrea: bere 2 tazze al giorno di infuso di Agrimonia ottenuto lasciando 50 grammi di fiori e foglie in un litro di acqua bollente per 15-20 minuti. Per l’insufficienza epatica a biliare e per le infiammazioni intestinali: preparare un infuso con 2 grammi di sommità fiorite in 100 millilitri di acqua e prenderne 3 tazzine al giorno.
USO ESTERNO: Per le infiammazioni della gola e della bocca, le congiuntiviti e l’orticaria: fare gargarismi o sciacqui boccali o applicare garze imbevute di decotto sulle parti interessate.
Antonella Filippi, in “ERBA MANENT” su Cascina Macondo, 24 febbraio 2021