Ci fu, da parte del Papa, una crescente preoccupazione per il mutare del ruolo delle donne nella società bellica tanto da condannare ogni possibile tentazione femminile verso il mondo esterno

Chi furono le cattoliche impegnate nella Resistenza?
Furono le laiche, le donne comuni che decisero di schierarsi dalla parte di chi combatteva una guerra alla guerra, di chi voleva lottare per un mondo nuovo di pace, libertà e speranza. Furono le tante studentesse iscritte alla Gioventù Femminile di Azione Cattolica, alla FUCI o le giovani Laureate dell’Università Cattolica, ma anche le suore, le perpetue, le donne comuni non iscritte alle associazioni femminili.
Il mondo complesso delle cattoliche impegnate nella lotta di Liberazione è costituito da anime eterogenee molto diverse tra loro e ancora poco conosciute e studiate. Le cattoliche furono presenti nelle formazioni partigiane, nelle bande garibaldine o nelle Fiamme Verdi e, in certe zone, anche nei Gruppi di Difesa della Donna. Oppure scelsero di prestare spontaneamente la loro assistenza e il loro aiuto senza necessariamente entrare a far parte di un movimento resistenziale organizzato. Molte, avendo alle spalle anni di militanza all’interno della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, avevano già maturato una propria posizione di diffidenza e scetticismo nei confronti del «paganesimo» nazifascista e avevano metabolizzato un distacco netto dalla guerra e dal regime. Altre giunsero alla Resistenza solo dopo aver sperimentato la violenza e la crudeltà della guerra fascista. Altre ancora vi approdarono spinte dalla fede e dalla volontà di fare del bene al prossimo e salvare vite umane.
Innanzitutto è bene precisare quale fu l’atteggiamento dell’organizzazione femminile cattolica – Gioventù Femminile e Unione Donne di Azione Cattolica – al momento dello scoppio della guerra e poi successivamente, dopo l’otto settembre 1943.
Nei primi anni di guerra, di fatto, le organizzazioni mantennero la loro piena efficienza senza prendere in considerazione la situazione politica internazionale e continuando nell’azione capillare di formazione e di invito alla preghiera. Anche sulla stampa femminile degli inizi degli anni Quaranta si evitò accuratamente di parlare della guerra se non per esortare alla calma, alla preghiera, alla sopportazione, oppure per narrare episodi di eroismo, testimonianze di fede e di abnegazione di donne e uomini <91. Se il silenzio fu pressoché totale per la stampa dell’Unione Donne, in realtà su «Squilli di Resurrezione», settimanale per le socie di Gioventù Femminile, del gennaio 1941 venne pubblicato un articolo dal titolo quanto mai significativo: Resistere. L’articolo faceva riferimento alla Germania di Hitler e all’invito che il Führer aveva fatto al suo popolo di resistere e sopportare perché presto la guerra si sarebbe conclusa con la vittoria. Si coglieva così l’occasione per invitare anche le socie a sopportare e pregare per la vittoria finale:
“Resistere significa saper sostenere l’animo dei nostri fratelli che hanno la parte più dura e difficile, significa aver fede e saperla infondere negli altri. Sappia la brava socia elevarsi nella prova e sappia pure elevare gli altri. La Vittoria e la pace bisogna saperle meritare e si meriteranno se ognuno avrà messo in opera tutta la sua buona volontà”. <92
Ancora a gennaio vennero pubblicati «le prime cinque pietre miliari sul cammino del rinnovamento sociale in ispirito e verità perché la stella della pace spunti e si fermi sulla società» <93. Vennero cioè fornite alle ragazze delle chiare indicazioni circa il comportamento da assumere nei riguardi della persona umana, la famiglia, il lavoro, l’orientamento giuridico e la società civile. In particolare Pio XII fece un forte richiamo alla famiglia come istituzione da difendere da ogni possibile attacco ideologico e morale <94. Come minacce del matrimonio vennero indicate il divorzio ma anche: «il lavoro extradomestico della donna che allontana la moglie dal marito e la mette in contatto con altri uomini non sempre rispettosi ed onesti» <95. Ancora furono additati come pericoli imminenti anche il divertimento, l’esaltazione della maternità illegittima e pure il guadagno femminile: «Ma che dire delle spose e delle figliuole che guadagnano, amministrano e spendono a proprio capriccio, del tutto indipendenti dall’autorità paterna?». Si temeva cioè che la famiglia potesse perdere la sua sacralità e la sua unità. Nuovamente e con forza venne ribadito il ruolo materno e domestico della donna: «bisogna desiderare che la mamma, la prima educatrice dei figli, non si allontani, ma se è costretta a contribuire al guadagno familiare, si cerchi un lavoro che le consenta di rimanere a casa». L’altra battaglia combattuta dalla Gioventù Femminile riguardò la purezza e la castità delle ragazze. Vennero indicate con precisione norme riguardo l’abbigliamento, il divertimento, le letture <96. Ci fu, da parte del Papa, una crescente preoccupazione per il mutare del ruolo delle donne nella società bellica tanto da condannare ogni possibile tentazione femminile verso il mondo esterno, fosse questa riferita al lavoro, piuttosto che al divertimento <97.
Nel corso del 1943 e per tutto il 1944 persistette nell’organizzazione femminile un silenzio diffuso sulla guerra, unico accenno venne riservato, allo sbarco in Sicilia degli alleati. Dopo tale sviluppo bellico le giovani vennero invitate alla preghiera:
«Il bollettino n. 1141 del Quartier generale delle Forze Armate dava comunicazione dell’attacco iniziato dal nemico contro la Sicilia […]. Le socie si astengano da divertimenti anche buoni, inizino qualche pratica personale (adorazioni notturne, rosario, via crucis, ecc…) di pietà. Siano spiritualmente unite alle sorelle siciliane con quella carità fraterna che è dovere di ogni cristiano. Sentano il dovere di dare alla Patria tutto ciò che in questo momento essa può richiedere, con generosità e spirito soprannaturale. Diffondano intorno calma, serenità, fiducia in Dio, nell’esercito e nei suoi capi» <98.
La stessa Santa Sede fu assai restia nel pronunciarsi a favore o contro le brigate partigiane che si stavano organizzando in tutto il Paese. I riferimenti che si trovano nella stampa femminile sono rari e spesso criptici. Sull’occupazione tedesca, ad esempio, si legge solo qualche accenno circa la presenza di «neopagani e neobarbari violenti, irreligiosi, in lotta fraterna» <99. La guerra venne presentata alle donne come una sorta di castigo divino e come tale andava accettata con rassegnazione e devozione. L’unica vera preoccupazione che emerse dalla stampa femminile fu, ancora una volta, la paura del comunismo ateo e la richiesta insistente di un impegno di apostolato, specie all’interno delle fabbriche, per diffondere la dottrina sociale cristiana come valida risposta alle minacce concrete del comunismo che stava intaccando le famiglie italiane già duramente messe alla prova dal conflitto bellico:
‘Se è sempre stata necessaria l’opera della socia di Azione Cattolica presso le operaie […], mai come ora tale necessità si era resa tanto evidente ed urgente. Lo sbandamento delle coscienze, l’erronea interpretazione di ogni sano principio morale, sociale ed economico, affiorano senza ritegno e non possono lasciare indifferenti quanti si occupano di azioni di categoria [..]. Fate che non debbano essere applicate a voi le dolenti parole: “i figli del male sono più attivi e zelanti dei figli del bene” ‘.<100
A questo richiamo ad un apostolato sociale non coincise però un invito ad un impegno Resistenziale. Sulla stampa non si fece mai alcun riferimento a questa possibilità e anzi l’esortazione più spesso rivolta alle giovani era quella di preservarsi e di evitare situazioni di indubbia moralità. Questo è quanto venne indicato dall’alto, quanto però accade all’interno delle singole associazioni, specialmente della Gioventù Femminile, della FUCI e dell’Unione Donne, fu in realtà diverso. Infatti dalle tante testimonianze delle protagoniste appare chiaro che all’interno dei vari gruppi l’argomento guerra, fascismo e Resistenza vennero affrontati e spesso, con preoccupazione e partecipazione. Innanzitutto è bene precisare che sia la FUCI, sia il Movimento Laureati cattolici da sempre si erano distinte per il loro afascismo. A questo si aggiunga, come afferma anche Paolo Emilio Taviani <101, che già dopo il 1938 con il trauma delle leggi razziali alcuni giovani cattolici, che negli anni del così detto «grande consenso» avevano puntato tutto sulla differenza tra nazismo e fascismo, dovettero riconoscere il loro errore e passarono all’antifascismo. Molti invece vi passarono in quello stesso anno a causa dello scontro sull’Azione Cattolica, che di certo fu più sentito specie dalla gerarchia, avvenuto sempre nello stesso anno <102. La stessa posizione è rafforzata e condivisa nelle testimonianze dei protagonisti, tra questi, si veda ad esempio Marcello Olivi il quale afferma:
“Anch’io, come molti miei coetanei, ho vissuto il fascismo. Ed ho percepito l’inconciliabilità della sua dottrina e della sua ideologia soprattutto dal 1938, in occasione dell’emanazione delle leggi razziali: persecutorie, stupide, infami”. <103
Si discuteva di Resistenza, di azione e di clandestinità e si prendeva seriamente in considerazione la possibilità o meno di aderire alla lotta. Dunque vi era una sorta di scollamento tra quanto proposto sulla stampa e quanto accadeva realmente all’interno delle organizzazioni e questo spiega anche la partecipazione nascosta di tante militanti cattoliche.
Le stesse protagoniste, intervistate recentemente dagli storici, si aprono e raccontano cosa le spinse ad aderire alla Resistenza.
[NOTE]
91 Cfr. E. Bizzarri, L’organizzazione del movimento femminile cattolico dal 1943 al 1948, cit., pp. 11-17
92 S.a., Resistere, , in «Squilli di Resurrezione», 3-10 gennaio 1943
93 D.I.B., Pietre miliari, in «Squilli di Resurrezione», 31 gennaio 1943
94 M.d. P.¸ La famiglia, in «Squilli di Resurrezione» del 31 gennaio 1943
95 Ibidem
96 S.a., Il valore di alcune promesse, in «Squilli di Resurrezione» del 3-10 gennaio 1943
97 Programma di vita nelle parole del papa alla Gioventù Femminile di A.C., in «Squilli di Resurrezione» del 2-9 maggio 1943
98 S.a, L’ora presente e noi, in «Squilli di Resurrezione» del 25 luglio 1943
99 L. B., Utopia, in «Squilli di Resurrezione» del 30 aprile 1944
100 Gianola, Apostolato sociale, in «In Alto», febbraio 1944
101 Cfr. P. E. Taviani, I cristiano-sociali in Liguria e la partecipazione del cattolici alla Resistenza, in A. Parisella (a cura di), Gerardo Bruni e i Cristiano-sociali, cit., p. 140
102 Cfr. G. Vecchio, Lombardia 1940-1945. Vescovi, preti, e società alla prova della guerra, Morcelliana, Brescia, 2005, pp. 83 segg.
103 Testimonianza di Marcello Olivi, in W. E. Crivellin (a cura di), Cattolici, Chiesa, Resistenza. I testimoni, Il Mulino, Bologna, 2000, p. 249
Elisabetta Salvini, Ada e le altre. Donne cattoliche tra fascismo e democrazia, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Parma, Anno Accademico 2008-2009