Anche l’estremismo di destra venne coinvolto in scissioni giovanili

In seguito al Congresso di Pescara, il MSI non si mosse dalla “routine della vita di sezione e delle manifestazioni puramente nostalgiche e celebrative”, accentuando la paura della presa del potere dei comunisti <72. Il partito avviò le scuole per dirigenti giovanili da svolgersi una volta all’anno: questi appuntamenti favorivano il confronto delle idee e l’emersione delle questioni locali, insomma svolgevano la funzione di palestra politica per la futura dirigenza. Nondimeno, per mezzo delle scuole si allungava il controllo della segreteria sui segmenti giovanili, sulle richieste e anche sulle critiche che dalla base erano indirizzate al vertice <73.
Un argomento forte, quello della paura rossa, propagandato per due motivi: in primis, garantiva un rendimento non trascurabile sul piano elettorale; in secundis, aveva una notevole presa fra la componente giovanile, soprattutto in seguito allo scollamento con la Fiamma avvenuto a partire dai fatti di Genova, che imponeva al partito la ricerca di un codice comunicativo per saldare il legame con i giovani militanti. In un sistema partitico che il politologo Giovanni Sartori sintetizzò nella formula del “pluralismo polarizzato” <74, al MSI non restava che l’equipaggiamento della retorica anticomunista per competere a destra della DC, dal momento che l’avvicinamento al centro dell’asse politico si era concluso con una sconfitta.
Nella galassia giovanile, la neo-fascistizzazione mostrò qualche crepa intorno alla metà del decennio. Il ripiegamento in un passato dal potente valore simbolico, ma senza alcuna spinta propulsiva, non ridusse a lungo la vitalità di tale settore; la stagione riformistica dei governi del centro-sinistra danneggiava la chiusura nel ghetto perché le riforme varate inducevano l’impressione in molti dei giovani neofascisti di un’occasione persa nella vita politica del Paese <75. Alcuni eventi indicativi e anticipatori del terremoto della fine degli anni Settanta, oggetto del capitolo finale, si verificarono in risposta, o meglio: in reazione alla neo-fascistizzazione dei primi anni Sessanta. Si badi, quelli che seguono non furono orientamenti adottati dalla maggioranza dei giovani missini, ma contaminarono in modo irreversibile l’ambiente, finendo per essere trattati alla stregua di un serio problema dal vertice.
Nel ’63 nacque la rivista L’Orologio da un’iniziativa di iscritti al FUAN, i quali non si riconoscevano più nella linea del partito <76; sulle pagine di questo foglio vennero proposti argomenti scottanti per l’epoca, dall’abbandono di una prospettiva mitizzante il fascismo, passando per la revisione del concetto di nazione e l’abbattimento dell’ordine borghese, fino all’elogio della guerra intrapresa dai vietcong contro l’invasore statunitense.
A ben vedere, non fu solamente L’Orologio a increspare l’ambiente. Numerosi militanti premevano per il superamento della dicotomia fascismo-antifascismo, vero tentativo di uscita dal ghetto con le proprie forze, insistendo non tanto sul tema della storicizzazione del fascismo, quanto sul superamento di un nostalgismo simbolico, ingessato e politicamente sterile. Non che la democrazia fosse il modello di regime politico di riferimento; invero, la critica alla Repubblica dominata dagli altri partiti rimaneva un cavallo di battaglia dei missini. La vicinanza agli autoritarismi come l’Argentina peronista, l’Egitto di Nasser e la stima nei confronti di Ernesto Guevara, venivano esibite con orgoglio e come esempi di regimi a cui ispirarsi. Molta parte in questa spinta a guardare fuori la ebbe il movimento Giovane Europa, epigono del francese Jeune Europe, che si diffuse in varie parti d’Italia, perfino nell’estremo Sud. L’idea utopica di una fratellanza dei popoli europei, il sogno di un “impero di 400 milioni di uomini” alternativo alle due superpotenze mondiali, entrò a fare parte del bagaglio ispiratore di molti giovani neofascisti italiani <77.
Infine, la concorrenza esercitata dalle formazioni di estrema destra offriva un ventaglio di strade precluse ad un partito che aveva imboccato una via più moderata e legalitaria: teorie radicali, antisistemiche, campi paramilitari di addestramento finalizzati ad un attivismo in cui un modello di vita completamente votato alla causa dell’abbattimento del sistema, si sostituiva alla nostalgia. Il fascismo come stile di vita, un fascismo senza compromessi e limiti, diventava il paradigma per canalizzare istanze giovanili di partecipazione <78.
Gli oramai vecchi slogan della segreteria non sembravano efficaci con i giovani: la destra rimaneva “seppellita sotto un cumulo di qualunquismo borghese e patriottardo” secondo Adriano Romualdi79. Le crepe si fecero rotture quando non v’era oramai dubbio che la protesta giovanile avesse oltrepassato i confini partitici; la mobilitazione aveva assunto dimensioni impreviste e il coinvolgimento della gioventù di destra in cortei o manifestazioni non organizzati dai missini provocava agitazione nel partito. Il 10 luglio 1967 apparve sulla rivista Totalità un articolo di Julius Evola intitolato “Contro i giovani”, nel quale il filosofo scriveva:
“Uno dei segni dell’attuale sfaldamento dell’attuale società italiana è costituito dal mito dei giovani, dall’importanza accordata al problema della gioventù unitamente ad una specie di tacita svalutazione di chi «non è giovane». […] Ma che qualche spunto positivo possa venire dalla gran maggioranza dei «giovani» dell’Italia di oggi, si può senz’altro escludere. Quando costoro affermano di non essere capiti, l’unica risposta da dar loro è che non vi è nulla da capire e, se esistesse un ordine normale, si tratterebbe di metterli a posto per le vie brevi […]” <80.
Nelle sue opere precedenti Evola non risultò mai così aspro nei riguardi dei giovani; egli era ben conscio che la maggioranza dei suoi ammiratori non fosse in età adulta. Tuttavia, la messa in discussione del principio di gerarchia e la ribellione generale produssero un conflitto di grande entità interno al neofascismo; le parole di Evola riassumevano il pensiero dominante della classe politica missina e dei vertici delle organizzazioni extraparlamentari di destra.
Proprio nel 1967 il FUAN di Perugia scese in piazza con professori e assistenti dell’Ateneo; di lì a poco il Sessantotto sarebbe esploso sul resto della Penisola. Gli universitari missini occuparono a Camerino, Genova, Modena, Messina, Torino e Roma; ha raccontato l’allora presidente nazionale del FUAN, Cesare Mantovani:
“Noi inizialmente nella contestazione ci andavamo a nozze, cercando di non assumere una posizione d’ordine, ma di prendere parte direttamente al «movimento» […]. Con la sinistra c’è ancora la possibilità di dialogare e confrontarsi su questo versante. Del resto sul superamento del sistema attuale siamo d’accordo, per non parlare della critica agli imperialismi e di quella al consumismo. Siamo persino favorevoli a discutere, anche se io ho le mie riserve, di tematiche anticapitalistiche, che pure nel nostro ambiente sono presenti” <81.
Anche l’estremismo di destra venne coinvolto in scissioni giovanili e prese di posizioni contro i capi delle strutture. È significativo il caso di Ordine Nuovo, ricostruito dall’ex militante di destra Paolo Zanetov: “ON entra in grave crisi dal punto di vista giovanile, non solo a Roma, ma anche in altre sedi. Nasce così il Fronte di Azione Studentesca nella Capitale, a Messina, a Perugia, a Lucca dove c’era un bel nucleo: era un fronte di azione ‘menareccia’, ci eravamo stancati delle teorie e dei paroloni vuoti. Ci sembrava di non andare da nessuna parte e, contemporaneamente, di perdere il treno del momento. Poi vedevamo un sacco di nostri camerati picchiati da quelli di sinistra e nessuno diceva niente, ci sentivamo di fare qualcosa di diverso. A diciotto o venti anni non ti interessano i giochi politici alti, puoi parlare di massimi sistemi fino a un certo punto” <82.
Pertanto, il virus della contestazione e lo sfaldamento dei rapporti gerarchici investì indiscriminatamente tutto l’arco neofascista; il vertice del partito accolse l’ondata di proteste in modo confuso, durante i primi giorni del 1968, giacché si trovò impreparato ad affrontare una simile emergenza. Gli argini della “comunità umana e politica” parvero sul punto di rompersi mentre ogni richiamo all’ordine e alla disciplina non pareva sortire effetti, almeno fino all’episodio di Valle Giulia.
[NOTE]
72 Marco Tarchi (Intervista di Antonio Carioti), Cinquant’anni…, cit., p. 70.
73 Marco De Troia, op. cit., p. 11.
74 “La radiografia, per così dire, dei sistemi di pluralismo polarizzato rivela le seguenti caratteristiche: 1) l’assenza di «centralità» derivante dalla occupazione dello spazio di centro, e quindi la probabile prevalenza di spinte centrifughe; 2) la carenza di governi alternativi, ai quali si sostituisce un meccanismo di rotazione periferica limitato alle mezze ali; 3) lo sviluppo di una opposizione irresponsabile in ragione della minore o nessuna «chiamata a rispondere» dei partiti esterni; 4) il correlativo affermarsi di una politica di scavalcamento, o di una corsa al rialzo, e per essa di una concorrenza sleale che rende inoperanti le regole della politica competitiva; 5) un alto grado di rigidità ideologica, o comunque un basso grado di flessibilità e aderenza pragmatica”. In: Giovanni Sartori, Teoria dei partiti e caso italiano, SugarCo, Milano 1982, pp. 35 e ss. La citazione è a pagina 35
75 Giovanni Tassani, op. cit., p. 138-139.
76 Scrive Mario Bozzi Sentieri: “L’Orologio cresce intorno alla consapevolezza -ben chiara, già dai primi numeri- che se prima si era convinti che la presenza politica e la forza di penetrazione riposassero soprattutto nello stare insieme sulla base di poche formule accettate da tutti, ora, invece, sarebbe stata necessaria una fase di approfondimento e di confronto [all’esterno, nda]”. In: Mario Bozzi Sentieri, op. cit., p.107.
77 Loredana Guerrieri, Il paradosso della…, cit., pp. 131 e ss.
78 Marco Tarchi, (Intervista di Antonio Carioti), Cinquant’anni…, cit., pp. 75-76.
79 Loredana Guerrieri, Il paradosso della…, cit., p. 124.
80 Julius Evola, Contro i giovani, in Roberto Melchionda (a cura di), “Julius Evola. I testi di Totalità, Il Borghese, la Destra”, Edizioni Ar, Padova 2003, p. 52. Occorre specificare che il maggior esperto di Julius Evola contemporaneo, Gianfranco De Turris, ha segnalato che durante il Sessantotto il filosofo della disintegrazione del sistema era considerato un “maestro segreto di quel moto ribellistico giovanile, almeno di quella parte che non si era fatta influenzare da completamente dalla trimurti Marx, Marcuse, Mao” (citato in: Luciano Lanna e Filippo Rossi, op.cit., p. 482).
81 Nicola Rao, Trilogia…, cit., p. 101.
82 T.a.a. di Paolo Zanetov, raccolta il giorno 11 luglio 2018 a Roma. Il Fronte di Azione Studentesca rimase attivo tra il 1968 e il 1969, la maggior parte dei militanti si divise successivamente tra la militanza in Lotta di Popolo o nel MPON, altri rientrarono nel MSI. La versione di Zanetov è peraltro confermata dalla testimonianza resa da Paolo Signorelli a Nicola Rao. Si veda: Nicola Rao, Trilogia…, cit., p. 130.
Luca Bellia, I giovani di destra in Italia e il Fronte della Gioventù (1971-1978), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Pavia, Anno accademico 2018-2019

Il pensiero e la produzione scritta di Evola non vennero prese in considerazione all’interno della dirigenza del MSI, che si andava inserendo all’interno delle dinamiche del mondo democratico, ma tra i movimenti giovanili della destra radicale catturati ed animati dalla medesima intransigenza elitista che anima l’autore. Mantenendo un rapporto quasi sempre ambiguo con le gerarchie del partito. Il pensiero di Evola non va quindi collocato semplicemente tra i teorici del fascismo e ancora meno del nazionalsocialismo: egli è un teorico della Nuova Destra, di quella minoranza di cui accennavo che si situava nell’ala più a destra del MSI, quella che non aveva rinunciato completamente alla rivoluzione e a operare nell’ombra.
Anna Rossi, Il filo nero. Cultura e pratiche della destra radicale tra atlantismo e anticapitalismo dagli anni Settanta agli anni Novanta, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari – Venezia, Anno accademico 2019-2020