Agli occhi di Washington, tuttavia, l’importanza dell’Italia nel secondo dopoguerra era ancora piuttosto marginale e periferica

Nel 1949 la strategia americana contro l’Unione sovietica si estese fino a comprendere una dimensione militare, con la conclusione del Patto atlantico e la conseguente nascita della Nato, intesa a stabilire un coinvolgimento militare in Europa e a contrapporsi all’espansione del comunismo nel mondo -322. Il Patto atlantico nacque dall’evoluzione del Patto di Bruxelles, per la cui efficacia era ritenuta indispensabile la partecipazione degli Stati Uniti -323. La Gran Bretagna auspicava infatti l’espansione del Patto di Bruxelles per rafforzare il ruolo di mediazione tra Stati Uniti ed Europa, mentre per la Francia era un modo per affermare il proprio primato continentale e per diventare un punto di riferimento in Europa -324. I negoziati per la stipulazione del Patto atlantico furono avviati dalla risoluzione Vandeberg, sulla base della quale gli Stati Uniti ponevano ufficialmente fine al tradizionale isolazionismo del paese e approvavano la partecipazione ad alleanze militari internazionali necessarie per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti -325. Alla risoluzione fece seguito l’avvio degli Explanatory talks, i colloqui esplorativi sul problema della sicurezza convocati al fine di risolvere i problemi relativi alla stesura del Patto Atlantico -326.
Il sistema di sicurezza atlantico nasceva con obiettivi strategici ben determinati. Per prima cosa, aveva lo scopo di rassicurare i paesi dell’Europa occidentale che gli Stati Uniti avrebbero tutelato lo status quo, la ripresa delle loro economie e la stabilizzazione dei regimi democratici, nell’ambito di un sistema di sicurezza militare collettivo. Vi era poi la necessità di proteggere l’Europa dall’eventualità di un’aggressione sovietica e dai pericoli legati alla sovversione interna. Contemporaneamente, il Patto atlantico ancorava più saldamente l’Europa all’Occidente, nel contesto della guerra fredda e del sistema bipolare -327. Non secondaria per gli Stati Uniti era inoltre l’urgenza di far accettare agli altri partner europei la ricostruzione e l’integrazione della Germania nel sistema occidentale. La partecipazione degli Stati Uniti era infatti importante al fine di controllare le tendenze nazionaliste e revanciste tedesche e per diffondere tra tutte le nazioni quella fiducia necessaria a far prosperare pace e benessere in Occidente -328. A queste dimensioni di carattere “morale” va infine aggiunto un ultimo piano, più strettamente simbolico, legato al messaggio che il coinvolgimento militare degli Stati Uniti lanciava all’Unione sovietica, ai paesi non ancora schierati, e infine all’opinione pubblica mondiale. Un messaggio che rivelava l’indisponibilità degli Stati Uniti a subire violazioni dell’equilibrio bipolare, e l’esigenza di sancire la superiorità strategica e militare del blocco atlantico, ma anche la convenienza dello schierarsi con questa porzione del contesto internazionale -329. In cambio di tutte queste garanzie, i partner europei si impegnavano a dare il loro contributo alla difesa comune attraverso un graduale processo di riarmo, e a concedere agli Stati Uniti la possibilità di installare basi in militari sul territorio europeo.
Sin dall’inizio delle trattative per la definizione dell’alleanza, emerse il problema legato alla collocazione internazionale dell’Italia. Per certi aspetti, l’appartenenza della penisola alla sfera d’influenza occidentale era stata decretata alla fine della seconda guerra mondiale. Infatti già nel 1945, durante i lavori della Conferenza di Yalta, i grandi avevano palesato la loro volontà di includere l’Italia nel blocco atlantico. La liberazione dell’Italia da parte dell’esercito angloamericano, inoltre, fu determinante nell’attribuire la penisola alla zona di influenza atlantica -330. Era infatti parere unanime tra le gerarchie militari americane che l’Italia non potesse essere “abbandonata così nelle mani dell’Unione sovietica” -331. Allo stesso modo, l’interesse del governo repubblicano a rimanere sotto l’influenza occidentale si era manifestato sin dall’immediato dopoguerra -332. In primo luogo, le classi dirigenti italiane ritenevano “naturale”, per tradizione e civiltà, appartenere alla sfera atlantica -333. Gli Stati Uniti erano inoltre visti come “i soli” in grado di fornire all’Italia “le materie prime, le macchine, i frutti costosi delle loro ricerche tecniche e scientifiche” indispensabili per far ripartire l’economia del dopoguerra e garantire una sicurezza reale al paese -334. In ultimo luogo, gli Stati Uniti avevano supportato l’Italia nell’uscita dal secondo conflitto mondiale, “appoggiando le tendenze democratiche, favorendo la ripresa, premendo semmai discretamente per una politica di riforme più incisiva, e per una politica economica più organica e di maggior respiro” -335.
Agli occhi di Washington, tuttavia, l’importanza dell’Italia nel secondo dopoguerra era ancora piuttosto marginale e periferica se paragonata a quella di cui godevano altre aree di crisi, come ad esempio la Germania. Seppure in una posizione strategica di frontiera e di collegamento tra Est e Ovest, la penisola italiana rappresentava infatti soltanto una piccola porzione del sistema internazionale postbellico. Nonostante gli appelli insistenti provenienti dalle classi dirigenti italiane, che invocavano un maggiore interessamento per la penisola, la debolezza economica e politica dell’Italia rendeva poco auspicabile instaurare qualsiasi forma di collaborazione con il paese -336. Attorno al 1947, dopo una prima fase di generale inerzia e di scarsa attenzione nei confronti della situazione italiana, con l’acuirsi del conflitto bipolare si ebbe l’esigenza di apportare dei mutamenti alla strategia statunitense nel Mediterraneo e di rivalutare l’importanza dell’Italia -337. Due elementi in particolare rendevano l’Italia un paese fortemente conteso nell’ottica dell’antagonismo bipolare e contribuirono a determinare la collocazione internazionale del paese. In primo luogo, la forza del partito comunista locale. Il problema rappresentato dal comunismo italiano non era tanto legato alla possibilità di un’aggressione sovietica, ritenuta anzi poco probabile e, soprattutto, non imminente. Era più urgente riuscire a bloccare la crescita e l’azione disgregatrice del Pci a livello interno, favorite dalle condizioni di generale povertà diffuse nel paese -338. In secondo luogo, era importante sottrarre l’Italia al controllo di altre potenze ostili, l’Unione sovietica ma anche la Gran Bretagna, in quanto una condizione simile avrebbe scatenato un effetto domino, generando ripercussioni indesiderate su uno scenario ben più ampio -339. In particolare, la Gran Bretagna aveva avuto degli scontri con l’Italia sin dall’immediato dopoguerra a causa della politica punitiva adottata nei confronti della penisola e delle resistenze britanniche alla revisione del trattato di pace -340. Le tensioni crebbero in occasione degli incidenti di Mogadiscio, nel 1948, quando l’esercito inglese fece poco o nulla per impedire l’eccidio di oltre cinquanta coloni italiani -341. Alcune divergenze erano nate anche tra Londra e Washington rispetto al futuro della penisola. La prima mirava ad una politica economica e politica che ponesse l’Italia alle strette dipendenze della Gran Bretagna, con un governo possibilmente conservatore che garantisse l’esecuzione del trattato di pace, l’eliminazione della minaccia comunista e una linea favorevole agli interessi britannici. A differenza degli americani, per i britannici l’Italia era un paese sconfitto in guerra e quindi soggetto alle regole dettate dai paesi vincitori. Per queste ragioni, nell’immediato dopoguerra la Gran Bretagna cercò di condizionare il destino della penisola e di includerla nella propria zona d’influenza come parte di un disegno volto a creare le codizioni per il predominio britannico nel Mediterraneo e a costruire un cordone di sicurezza contro la Russia -342. Gli Stati Uniti, al contrario, sostenevano per l’Italia la necessità di instaurare un regime democratico, considerato in grado di rendere la penisola un membro stabile ed effettivo della comunità atlantica, nell’ambito della nascente Europea e delle Nazioni Unite -343. Washington tentava inoltre di creare una “sinistra anticomunista”, agendo in primis su quelle frange del partito socialista più contrarie al Pci, e di sostenere finanziariamente e politicamente il movimento clandestino anticomunista -344. Queste valutazioni portarono Washington a ritenere opportuno che la penisola italiana entrasse nell’orbita di influenza americana sulla base della crescente rilevanza svolta dal Mediterraneo, non più teatro periferico -345. Oltre a ciò, fallito il tentativo di costruire un’alleanza anticomunista che includesse anche il Partito socialista, con l’avvallo del Vaticano gli Stati Uniti iniziarono a considerare la Dc l’interlocutore privilegiato su cui contare nel quadro dell’organizzazione della sfera occidentale -346. Facendo leva sulle debolezze del paese, la Dc di De Gasperi seppe infatti candidarsi come partner impegnato sul fronte della lotta al comunismo, mostrando tutte le sue abilità nel “ricollegare la crisi interna all’evolvere della guerra fredda per assicurarsi il decisivo patronato degli Stati Uniti”, il cui appoggio strategico e finanziario era indispensabile per il successo del partito -347.
L’importanza strategica e politica rivestita dall’Italia nell’ambito della strategia statunitense in Europa emerge in un memorandum firmato dal colonnello J. Willems, il 12 marzo 1948 -348.
[NOTE]
322 Nel 1948, con la caduta dell’ultimo governo di coalizione a Praga e il blocco sovietico della città di Berlino, si ritenne concluso il processo di sovietizzazione dell’Europa centrale, ponendo gli Stati Uniti di fronte all’esigenza di rafforzare i vincoli militari e politici tra i paesi del blocco occidentale. Il 1949 rappresentò un anno cruciale per la definizione degli equilibri internazionali e per il perfezionamento delle sfere di influenza anche per la fine del blocco di Berlino, e la definitiva divisione della Germania in quattro zone d’influenza. E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, cit. pp. 721 e ss.
323 Il Patto di Bruxelles (17 marzo 1948) era un’alleanza di carattere politico e militare che coinvolgeva la Gran Bretagna, la Francia e i paesi del Benelux, con lo scopo di prevenire la rinascita militare tedesca e qualsiasi altra aggressione esterna.
324 E. Di Nolfo, Storia delle Relazioni internazionali, cit. p. 739.
325 U.S. SenateResolution 239, Vandenbergresolution, 80th Congress, 2nd Session, 11th June 1948, disponibile al link: https://www.nato.int/ebookshop/video/declassified/doc_files/Vandenberg%20resolution.pdf; E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, cit. p. 740.
326 Frus, 1948, vol. III, pp. 66-72, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/pg_66. Il report finale è invece pubblicato in: Frus, 1948, Vol. III, Final Draft, Top secret, Washington, undated, pp. 72-75, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/pg_72.
327 F. Romero, Gli Stati Uniti e l’Italia: il Piano Marshall e il Patto Atlantico, in F. Barbagallo, Storia dell’Italia repubblicana, vol. I, La costruzione della democrazia, Torino, Einaudi, 1994, pp. 234-289.
328 E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, cit. p. 742.
329 M. Del Pero, Libertà e impero, cit. p. 292.
330 M. De Leonardis, Guerra fredda e interessi nazionali. L’Italia nella politica internazionale del secondo dopoguerra, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2014, p. 218.
331 R. Faenza, M. Fini, Gli americani in Italia, cit. p. 144.
332 E. Di Nolfo, Le speranze e le paure degli italiani (1943-1953), Milano, 1986, pp. 234-45.
333 Telegramma 1124/C, Sforza a Brosio, Gallarati Scotti, Quaroni, Tarchiani, Patto Occidentale, Roma, 14 luglio 1948, in B. Vigezzi, (a cura di), La dimensione atlantica e le relazioni internazionali del dopoguerra (1947-1949), Milano, Jaca, 1987, pp. 92-96.
334 Telegramma, Tarchiani a Sforza, 5500/2119, Washington, 6 giugno 1948, in Ibid., p. 90.
335 B. Vigezzi, La politica estera italiana e le premesse della scelta atlantica. Governo, diplomatici, militari e le discussioni dell’estate 1948, in Id. (a cura di), La dimensione atlantica e le relazioni internazionali del dopoguerra (1947-1949), Milano, Jaca, 1987, pp. 1-63.
336 R. Faenza, M. Fini, Gli americani in Italia, cit. pp. 242-243; E. Di Nolfo, Italia e Usa: un’alleanza diseguale, in “Storia delle relazioni internazionali”, 6, 1 (1990): pp. 3-28. Per un esempio degli appelli avanzati dalle élites italiane, si vedano anche i documenti contenuti in: Frus, 1948, vol. III, The Ambassador in Italy to the Secretary of State, Rome, December 5, 1947, pp. 736-37, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/pg_736.
337 R. Faenza, M. Fini, Gli americani in Italia, Milano, Feltrinelli, 1976, pp. 138 e ss.
338 M. De Leonardis, Guerra fredda e interessi nazionali, cit. p. 219; Frus, 1948, vol. III, The Ambassador in Italy to the Secretary of State, top secret, Rome, 29 gennaio, 1948, p. 824, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/pg_824; Frus, 1947, vol. III, The Ambassador in Italy to the Secretary of State. Current Economic and Financial Policies of the Italian Government, Roma, 7 maggio, 1947, pp. 897-901, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1947v03/pg_897; Frus, 1948, vol. III, The Ambassador in Italy to the Secretary of State, top secret, Rome, 7 febbraio, 1948, pp. 827-830, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/pg_827.
339 M. De Leonardis, Guerra fredda e interessi nazionali, cit. p. 220.
340 A. Varsori, La scelta occidentale dell’Italia (1948-1949), Prima parte, in “Storia delle relazioni internazionali”, 1, 1 (1985): pp. 95-159.
341 E. Di Nolfo, La politica estera italiana tra interdipendenza e integrazione, in A. Giovagnoli, S. Pons (a cura di), L’Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, vol. I, Tra guerra fredda e distensione, Soveria Mannelli, Rubbettino 2003, pp. 17-29.
342 R. Faenza, M. Fini, Gli americani in Italia, cit. pp. 81 e ss. Sull’influenza della Gran Bretagna nella storia dell’Italia repubblicana e sulle vicende politiche interne, si veda: G. Fasanella, M. J. Cereghino, Il Golpe inglese. Da Matteotti a Moro: le prove della guerra segreta per il controllo del petrolio e dell’Italia, Milano, Chiarelettere, 2014.
343 Frus, 1945, Briefing Book Paper, United States Policy Toward Italy, undated, Diplomatic Papers,disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1945Malta/d193;
344 R. Faenza, M. Fini, Gli americani in Italia, cit. pp. 260 e ss.; A. Cipriani, G. Cipriani, Sovranità limitata. Storia dell’eversione atlantica in Italia, Roma, Edizioni Associate, 1991, p. 42.
345 Emblematici di questa svolta sono i memorandum del Policy Planning Staff e la serie di direttive Nsc 1, in cui gli Stati Uniti si preoccupavano di stabilire le azioni da intraprendere nel caso in cui il governo comunista fosse andato al governo per via parlamentare o insurrezionale, fino a prevedere un vero e proprio intervento armato per ristabilire il governo legittimo. In particolare, nella Nsc 1/3 (marzo 1948)si legge che “nel caso i comunisti ottengano il potere in Italia con mezzi legali, si applicherebbe un piano articolato in cinque punti”. Tra cui una “pianificazione militare congiunta con azioni selezionate”; “fornire ai clandestini anticomunisti italiani assistenza finanziaria e militare”; “incoraggiare elementi anticomunisti in Italia anche a rischio di una guerra civile”. Frus, 1947, vol. III, Memorandum by the Policy Planning Staff, top secret, Washington, 24 settembre, 1947, pp. 976-981, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1947v03/pg_976; Frus, 1948, vol. III, The Position of the United States With Respect to Italy, Nsc 1/1, Washington, 14 novembre, 1947, pp. 725-726, disponibile al link:
https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/d440; Frus, 1948, III, The Position of the United States with Respect to Italy, Nsc 1/2, top secret, Washington, 10 febbraio, 1948, pp. 765-769, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/pg_765; Frus, 1948, vol. III, Position of the United States With Respect to Italy in the light of the possibility that Communists will obtain participation in the Italian government by legal means, Nsc 1/3, top secret, Washington, 8 marzo, 1948, pp. 775-779, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/pg_775: A. Brogi, L’Italia e l’egemoniaamericananelMediterraneo, Firenze, La Nuova Italia, 1996, pp. 44-58.
346 C. Pinzani, Gli Stati Uniti e la questione istituzionale in Italia (1943-1946), in “Italia Contemporanea”, 134 (1979): pp. 3-44; E. Di Nolfo, Vaticano e Stati Uniti, 1939-1952. Dalle Carte di Myron C. Taylor, Milano, 1982, pp. 293-294; J. Miller, Roughhouse Diplomacy: The US Confronts Italian-Communism 1945-1958, in “Storia delle relazioni internazionali, 5, 2 (1989): 279-311.
347 F. Romero, Gli Stati Uniti in Italia, cit. p. 250.
348 National Security Council, The Importance of Recognising the Revolutionary Anti-Communist Forces, Doc. No. 740454, 12 marzo 1948.
Letizia Marini, Resistenza antisovietica e guerra al comunismo in Italia. Il ruolo degli Stati Uniti. 1949-1974, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Macerata, 2020