A Caserta, il Quartier Generale dell’OSS decise, quindi, di rimuovere Beltramini non solo da Campione ma dalla Svizzera

La missione Richmond III ebbe quale obiettivo quello di creare una rete di agenti da assegnare a diverse grandi città in Piemonte, Lombardia, Emilia, Veneto e Liguria, allo scopo di raccogliere e trasmettere al Quartier Generale dell’OSS informazioni strategiche di natura sia militare sia industriale, nonché di stabilire contatti con i numerosi gruppi di partigiani che combattevano sulle montagne delle Alpi. La delicata operazione fu compiuta da una squadra così composta: Alessandro Beltramini, alias “Como” <11, Wanda Malvezzi, sua moglie, nome in codice “Remo” e il radiotelegrafista Gianni Barelli. Secondo la testimonianza di Bourgoin, il dottor Beltramini, arrivato a Milano dove fu dotato di falsi documenti e di un falso permesso di circolazione firmato da un generale tedesco, ritornò con la sua auto al punto dove era atterrato allo scopo di cercare la sua radio. Postosi immediatamente in contatto con il Quartier Generale, egli iniziò a trasmettere informazioni militari molto importanti che ci consentirono di porre in essere consistenti operazioni di aviolancio a tutti i gruppi di partigiani operanti sulle Alpi e nella Valle del Po. Il dottore fu altresì in grado di reclutare agenti in ogni grande città e la sua organizzazione completa consistette di quarantasette agenti principali al cui comando lavorava un enorme numero di uomini. Stabilì collegamenti con tutti i partiti politici e i gruppi della Resistenza sulle montagne e nelle città <12.
Bourgoin ordinò a Sergio Tavernari, sbarcato anch’egli sulla spiaggia di Fosso Tafone, nel corso della missione Richmond II, di trasferirsi a Milano e aggregarsi alla squadra di “Como”. Simile ordine fu impartito ai radiotelegrafisti Auriemma e Grandini, in sostituzione di Gianni Barelli, giudicato inaffidabile da Beltramini. Appena arrivato, Grandini installò la radio, mentre gli altri due radiotelegrafisti, Auriemma e Barelli, furono trasferiti a Bosizio, dove lavorarono alle trasmissioni con una seconda radio che fu, poi, inviata in tempo dovuto a “Como”. Sennonché la missione fu funestata da un grave episodio: vi fu, infatti, un’incursione delle SS che cagionò uno scontro sanguinoso con i due agenti dell’OSS, culminato nel suicidio di questi ultimi, così drammaticamente descritto da Bourgoin: “Il 20 maggio vi fu un’incursione delle SS tedesche nell’appartamento, dove Sergio Tavernari e Grandini trasmettevano. I due uomini, che erano armati di fucili Sten e avevano a disposizione ottocento cartucce, ingaggiarono una battaglia contro le SS e ne uccisero immediatamente due che tentavano di assaltare l’appartamento. Queste si fecero scudo con i corpi di tutti i bambini e le donne che abitavano nell’edificio. Di conseguenza i miei due agenti non potendo difendersi furono costretti a scappare sul tetto dell’edificio non prima di aver distrutto la radio, il cifrario e i documenti.
Essendovi un nascondiglio dentro l’appartamento, vi nascosero i cristalli e alcuni documenti segreti indispensabili al Dottor Beltramini. Postisi sulla cima dell’edificio, fecero fuoco contro le SS e combatterono disperatamente dalle undici della sera alle sei del mattino dopo per salvarsi, uccidendo trentadue tedeschi e ferendone molti altri. Sergio, attinto da tre colpi, restò gravemente ferito e decise con il suo radio operatore di suicidarsi per salvare l’organizzazione” <13.
Il medesimo incidente è stato raccontato da Peter Tompkins che ne ha contestata l’affidabilità, tratteggiando alcuni elementi nettamente divergenti tra i quali la registrazione della presenza accanto a Tavernari, del radio operatore Gastone Piccinini, di cui, invece, nel rapporto di Bourgoin non vi era traccia, sino all’epilogo della morte di uno degli agenti, conseguente alla fuga dalle SS, anziché dell’eroico suicidio, che, al contrario, era enfatizzato da Bourgoin. Tompkins, infatti, avvalendosi di un manoscritto, si era dichiarato certo che la storia di Bourgoin fosse poco più di ‹‹un’invenzione››, non confortata dal resoconto di alcuna delle sue stesse reclute. Secondo la testimonianza di Piccinini, infatti, essi, all’incursione delle SS nell’appartamento, scapparono sul terrazzo, senza riuscire a nascondere alcunché, mentre i tedeschi gli sparavano indietro. I due, braccati, avrebbero, quindi, tentato di rientrare nell’appartamento per recuperare le radio ma invano, poiché la porta era chiusa a chiave. Infine, decisi a lanciarsi nel vuoto con il loro segreto, sarebbero stati raggiunti dai tedeschi che avrebbero colpito Tavernari alla testa, mentre questi, mano nella mano con l’altro radiotelegrafista, si sarebbe gettato dalla balaustra. Tavernari morì, mentre Piccinini, con la spina dorsale rotta, sarebbe rimasto paralizzato per sempre <14.
Beltramini aveva combattuto, nel settembre 1944, nella Repubblica della Val d’Ossola per la liberazione della regione dall’occupazione tedesca ma era stato costretto dall’attacco di due divisioni tedesche a ritirarsi e ripiegare in Svizzera, a Campione, braccato dalle SS.
André Bourgoin fu incaricato dal colonnello Glavin, Commanding Officer dell’OSS in Italia, di recarsi in Svizzera per incontrare gli agenti “110”, alias Allen Dulles, direttore della centrale svizzera dell’OSS e “809”, che altri non era che Donald Pryce Jones, console americano a Lugano <15, poiché questi, secondo la testimonianza di Bourgoin, avevano ‹‹qualche difficoltà››, non meglio specificata, con Beltramini e la sua organizzazione.
“In ottobre il colonnello E. D. Glavin, Comandante in Capo dell’OSS in Italia, mi ordinò di recarmi in Svizzera per mettermi in contatto con gli agenti 110 e 809 che avevano qualche difficoltà con il dottore e la sua organizzazione. Alla riunione che si tenne a Ginevra, fu deciso che il Dott. Beltramini sarebbe stato trasferito dalla Svizzera alla Francia e che suo fratello, Savio e la moglie Wanda Malvezzi sarebbero rimasti a Campione per riprendere il servizio d’informazioni militari per conto dell’OSS” <16.
Tali questioni sono state chiarite da Peter Tompkins che, a proposito delle cause dell’incontro tra Bourgoin, Dulles e Jones in Svizzera, specificò che Sandro Beltramini, una volta stabilitosi a Campione, si era dedicato al traffico illegale di armi attraverso la frontiera svizzera, tanto che la polizia svizzera aveva trattenuto la moglie in ostaggio fino a quando il marito non avesse restituito il carico illegale. La donna, però, riuscì a evadere dalla prigione e fu espulsa dalla Svizzera. A Caserta, il Quartier Generale dell’OSS decise, quindi, di rimuovere Beltramini non solo da Campione ma dalla Svizzera e, poiché questi non si muoveva senza ordini di Bourgoin, quest’ultimo dovette recarsi in Svizzera con Max Corvo per incontrare Allen Dulles e Donald Jones, che, a causa del suo coinvolgimento con la Malvezzi, aveva perso il passaporto e il permesso di viaggiare fuori da Lugano.
Un incontro tra Bourgoin e “Como” fu organizzato da Jones a Ginevra, cosa non facile, perché Beltramini era ricercato dalla polizia svizzera e Jones aveva perso il passaporto, oltre al permesso di viaggiare. “[…] Queste mele marce, e ve ne erano un po’ dappertutto nell’organizzazione, rischiavano di compromettere il lavoro di patrioti dediti alla causa. Non essendo sicuro che ‘Como’ avrebbe seguito le istruzioni, a Lugano fu architettato un piccolo inganno per indurlo ad attraversare la frontiera francese. Gli fu detto che doveva passare per Annemasse per coordinare punti di lancio su carte geografiche troppo grandi per essere portate a Ginevra. Se Beltramini avesse tentato di tornare a Campione, fu deciso che sarebbe stato consegnato alle autorità elvetiche che lo ricercavano. Bourgoin, rimasto per qualche tempo ad Annemasse, provocò l’ira dell’ufficiale comandante dell’OSS locale, il quale scrisse al suo superiore a Siena: “Qui
la situazione è molto pericolosa […] Bourgoin ha cercato di introdurre tre suoi partigiani italiani monarchici reduci della val d’Ossola, nel servizio segreto del FTPF [il servizio d’informazioni della Resistenza comunista francese, nda] […] Adesso Bourgoin vuole condurre i tre italiani a Caserta. Due di loro lavorano già per il FTPF col compito di mettersi in contato con comunisti italiani del Sud […] I due italiani non devono assolutamente lavorare per l’OSS.” <17
[NOTE]
11 Alessandro Beltramini, nome in codice “Como”, è descritto in un rapporto dell’OSS quale ‹‹uomo coraggioso›› ma anche una ‹‹piaga per l’OSS in Svizzera nell’organizzare operazioni attraverso la frontiera senza riguardo per la sicurezza››. Cfr. P. Tompkins, Ivi, p. 317.
12‹‹Dr. Beltramini arrived in Milan and with false papers and a false circulation permit, signed by a German General, he went back with his car to the landing point at Fosso Tafone in order to pick up his radio set. He established contact immediately with our Headquarters and he began to send us the most useful military information enabling our organization to start dropping operations to all the groups of patriots in the Alps and Po Valley. In every big team in Italy, the Doctor started a ring of agents and his complete organization consisted of forty seven main agents who had under their orders an enormous number of men working for their account. He was in touch with all political parties as well as with the resistance groups in the mountains and also in the cities.›› A. Bourgoin, From 20th September 1943 to 26th January 1945 cit., pp. 2 e 73.
13 ‹‹On the 20th of May, the German SS raided the flat in which Sergio Tavernari and Grandini were transmitting. The two men being armed with Sten guns and having 800 rds at their disposal, started fighting and killed immediately two SS who tried to raid the apartment. In order to prevent the two men from firing the SS, pushed in front of themselves all the little children and the women living in the building. My two agents being unable to defend themselves were obliged to escape on the roof of the building after having destroyed the radio set, the cipher and the files. Having a cache inside the flat, they hid the crystals and some secret documents which were absolutely indispensable to the doctor. On the top of the building, they started to fire the SS and from eleven o’ clock p.m. to six o’ clock a m they fought desperately for their lives, killing thirty two Germans and wounding a great number of others. Sergio, severely wounded with tree bullets, decided with his radio operator to commit suicide in order to save the organization››. A. Bourgoin, From 20th September 1943 to 26th January 1945 cit., pp. 73 e 74.
14 Il manoscritto in esame, ritrovato dal giornalista Franco Fucci nell’Istituto Storico della Resistenza di Milano, era intitolato ‹‹Ospedale di Niguarda, Milano mese di luglio 1945 – Relazione del radiotelegrafista del servizio OSS della Quinta Armata Piccinini Gastone››. P. Tompkins, L’altra Resistenza cit., pp. 125-127.
15 Donald Prece Jones, chiamato lo “zio Scotti”, aveva lavorato in Francia e, dopo l’occupazione tedesca, era stato trasferito in Svizzera a Berna, dove era rimasto sino all’8 settembre. Cambiata la situazione, gli era stato conferito da Dulles l’incarico di viceconsole a Lugano. Parlava abbastanza bene l’italiano. Organizzò una capillare rete di agenti singoli e informatori nell’Italia occupata, il cosiddetto “Servizio Scotti”, avvalendosi anche di agenti del Servizio Informazioni Militari (SIM) di Badoglio. Nelle ultime febbrili settimane di aprile 1945, partecipò alle trattative per la resa tra il CLNAI e alcune formazioni della Repubblica Sociale Italiana (RSI). Per una breve trattazione delle reti di spionaggio in Svizzera, si cfr. P. Tompkins, Ivi, pp. 311 e ss. 16 ‹‹In October I was ordered by Col. E.D. Glavin, Oss Commanding Officer, Italy, to go to Switzerland in order to contact 110 and 809 who had some difficulties with the Doctor and his organization. It was decided at the meeting held in Geneva to transfer the Doctor from Switzerland to France, his brother, Savio and Miss Wanda Malvezzi remaining in Campione in order to resume the military information service.›› A. Bourgoin, From 20th September 1943 to 26th January 1945 cit., pp 76 e 77.
17 P. Tompkins, L’altra Resistenza cit., pp. 317-318.
Michaela Sapio, Servizi e segreti in Italia (1943-1945). Lo spionaggio americano dalla caduta di Mussolini alla liberazione, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, 2012

Nella provincia di Lubiana la presenza partigiana costringerà i militari italiani a produrre una serie di cicli operativi la cui durezza non riuscirà comunque a sconfiggere il partigianato: per il numero di uccisi in combattimento e fucilati la repressione nella piccola provincia di Lubiana si avvicina alla guerra totale tedesca. In queste condizioni il ruolo del Sim non può ovviamente essere ridotto ad un semplice ufficio che raccoglie informazioni <102. Motta arriva nell’ufficio I nella primavera del 1942, il collegamento gerarchico con Scaramuzza la dice lunga sulla capacità operatività del personaggio. La relazione di Motta prosegue aggiungendo che all’inizio di gennaio deve andarsene dalla Valtellina e si rifugia Milano. I suoi contatti milanesi sono possibile solo quando: “verso la fine di febbraio mi furono possibili i primi contatti con esponenti della resistenza di quella città. Ebbi i primi contatti con i sig. Perego (via Meravigli 4 – Via Posa 10) con un certo Rossi, conoscente del Perego e con Como impiegato della Edison. Successivamente presi contatto con il Magg. La Neve (nome di battaglia Biancardi) e con questi cooperai per l’organizzazione e il rifornimento delle formazioni armate del Varesotto sistemate in massima parte nella zona di Intra e nel gruppo del monte Zeda. Successivamente per incarico del soprannominato Como e dei rappresentanti del Comitato di Varese (Lucchini e De Grandi <103) mi occupai dell’organizzazione delle squadre Sap del Varesotto. Sfruttando la conoscenza di un certo Sandro, agente del servizio alleato e a contatto con Gildo de Palas e con Edgardo Ghigor (abitante a Chiasso Svizzera) mi fu possibile recarmi più volte oltre confine, in territorio elvetico, dove mi misi in relazione con il generale Nicolini e con il col. De Rico, nell’intento di ottenere mezzi ed armi per l’organizzazione delle formazioni, sia in provincia di Varese che in provincia di Sondrio”.
Il contatto ricercato a Milano potrebbe essere proprio il tenente colonnello Girolamo La Neve (anche Laneve) Albrizio alias Biancardi o Setti. <104 È stato agente del Sim a Lubiana, non ha aderito alla Rsi, ed è logico farlo confluire nella rete di militari legati al Regno del Sud e che tentano di organizzarsi dietro le linee tedesche nell’Italia occupata.
Laneve Albrizio sarà poi inquadrato nella missione Nemo <105 come responsabile del 2° gruppo Franzi <106, il grado militare di Laneve ci conduce a considerarlo un superiore del capitano Motta. Da altre fonti però la missione è indicata «operativa al di qua della linea gotica dal 18 marzo 1944 al 2 maggio 1945» da qui uno scarto temporale che può benissimo essere dovuto sia al carattere stesso della missione, sia alla ricostruzione post 25 aprile, sia al fatto che Motta poteva non essere organico alla missione.
[…] Difficile è individuare «Como impiegato di Edison» se non farlo risalire a Sandro Beltramini che è sbarcato con Peter Tompkins, Wanda Malvezzi e l’operatore Gianni Barelli a Fosso Tafone <109. Beltramini è inviato a Milano, dove ottiene documenti falsi e costruisce una rete che ha contatti con gli uomini della Resistenza sulle Alpi <110. Quello che è certo è che Motta non si muove a tentoni lasciata la sua Valtellina, ma conosce contatti, sa come rintracciarli e come inserirsi nelle strutture della Resistenza come nel caso di Varese; il suo muoversi sembra la naturale continuazione di quanto aveva dichiarato precedentemente “come da disposizioni ricevute rientrai in Valtellina in attesa di ordini.»
[…] Nulla di particolare, in genere le date di origine delle formazione sono come degli elastici che sono tirati o rilasciati in rapporto agli interessi sia degli scriventi sia del momento. Il particolare è che non compare Corti
ma Fojanini, il primo poi ricomparirà alla fine della guerra con la carica di Commissario di Zona.
Queste contraddizioni appaiono di difficile comprensione solo se consideriamo la resistenza, un processo lineare in cui tutto ruota attorno al Clnai, mal che vada le contraddizioni sono tra le forze politiche che sono lì rappresentate e non influenzano quanto avviene fuori.
Poiché gli attori sul campo non sono solo le forze politiche rappresentate nel Clnai, ma comprendono sicuramente anche chi fa riferimento al Regno del Sud e chi guarda con particolare attenzione agli alleati nulla impedisce a Motta e al gruppo di valtellinesi che a lui fanno riferimento di usare la sigla GL e lo stesso Corti come una specie di autobus su cui son saliti nella primavera del 1944 e da cui scendono dopo circa un anno. Corrobora questa impressione la mancanza assoluta di contatti con la Divisione Orobica di GL che si sviluppa nella bergamasca mentre appare sempre più intenso il legame con Edison, che è proprietaria delle dighe e con il Cln di Lugano.
[…] Voluta o meno questa situazione spinge al contatto con il Cln di Lugano che però appare lo schermo per i diretti contatti con la delegazione di Berna del Regno del Sud e con gli alleati.
Motta non è il militare che transita nella Resistenza e che poi proseguirà la sua vita fuori dagli schemi militari, come succederà invece ad altri militari come per es. Masini, ma proseguirà la sua carriera militare tant’è che lo vediamo come elemento del Sifar nel contrasto ai terroristi altoatesini negli anni ’60. Il periodo della Resistenza è, per lui, un momento della sua carriera di militare, dove deve assolvere compiti che gli sono stati assegnati.
[NOTE]
102 M. CUZZI, L’occupazione italiana della Slovenia (1941-1943), Stato Maggiore dell’Esercito, Roma, 1998.
Milano, 1984, p. 226 e p. 326.
104 Girolamo Albrizio Laneve, Biancardi, è un nome che ricorre soprattutto nella zona di Varese, viene indicato come elemento di contatto con i «membri del CLN di Milano». Cfr. C. BERMANI, Documenti della lotta partigiana: il caso Pomiati, in Primo Maggio n. 3/4 settembre 1974, Calusca Editrice, Milano; F. Boldrini, Se non ci ammazza i crucchi… ne avrem da raccontar: la battaglia di San Martino-Varese, 13-15 novembre 1943, Mimosa, Milano, 2006, p. 103. Cfr. A. LANEVE, Le formazioni militari clandestine che operano nella provincia di Varese, in La Prealpina del 27 febbraio 1975, p. 7, 2a puntata. Il colonnello degli alpini Albrizio Laneve diventato il maggiore Biancardi è anche tramite con un commando della Special Force 1 (il SOE inglese) ed è in grado di fornire oltre ad una radio ricetrasmittente anche cifrari, cfr. F. GIANNANTONI, Fascismo, Guerra e società nella Repubblica Sociale Italiana (Varese 1943-1945), cit., p. http://archivio.camera.it/patrimonio/archivi_privati/ap07/documento/CD2200004283. Girolamo Laneve Albrizio, 1943 / 1946, busta 497. Descrizione del contenuto: documentazione in fotocopia relativa alla sua attività all’interno della «Brigata Biancardi», tra cui si segnalano: relazioni manoscritte e dattiloscritte, corrispondenza, una carta topografica di Varese, una corografica di Gorizia ed il verbale dattiloscritto dell’Associazione nazionale partigiani autonomi. Come si rileva da una lettera del 24 luglio 1971 inviata da Laneve Albrizio a Vittorio Badini Confalonieri, il materiale doveva servire per la compilazione di una storia della resistenza del Pli.
105 Cfr. http://www.diecifebbraio.info/2013/06/alla-ricerca-di-nemo-una-spy-storynon-solo-italiana-2/. Così Claudia Cernigoi nell’introduzione […]
106 Cfr. F. GNECCHI RUSCONE, MARINO VIGANÒ (a Cura di), Missione «Nemo», Un’operazione Segreta della Resistenza militare italiana 1944-1945, Mursia, Milano, 2011, p. 25.
109 Tafone, del (fosso) (Provincia di Grosseto Viterbo). Torrente che nasce dal monte Bellino (m 515). Sfocia nel mare Tirreno nel Pian dei Cangani.
110 P. TOMPKINS, L’altra Resistenza, cit. p. 121. Uno sguardo sull’opera di Sandro Beltramini come Informatore 28. Organizzazioni informatrici n. 18 – 37 bis: Insmli, fondo CVL, b. 23, fasc. 33. Ci lascia sempre perplessi una frase del genere: «viene inviato a Milano dove ottiene documenti falsi» perché la domanda che sorge subito è: ma da chi? Una risposta la si può trovare nel «Gruppo Operativo Centrale piazzato a Milano dove esiste un ufficio Matricola per la compilazione di documenti apocrifi», cfr. FRANCESCO GNECCHI RUSCONE, Missione «Nemo», cit., pp. 25-26.
Massimo Fumagalli e Gabriele Fontana, Formazioni Patriottiche e Milizie di fabbrica in Alta Valtellina. 1943-1945, Associazione Culturale Banlieu

Nella Valtellina, dove operò una missione USA dal capo dell’OSS Allen Dulles, i decorati furono Giuseppe Motta Camillo ed il suo braccio destro, il futuro minatore di tralicci nella Valtellina negli anni ’70, Carlo Fumagalli. Motta, “capitano di fanteria al momento dell’armistizio, era il responsabile del SIM di Lubiana alle dipendenze del Centro di Trieste” <20 e “prima dell’8 settembre 1943 aveva preso parte alla repressione antipartigiana in Croazia” <21. Dopo l’armistizio non riuscì a raggiungere la sede del governo a Brindisi e fu inviato direttamente da Venezia, dove si trovava, in Valtellina; non avendo aderito alla RSI riparò a Milano, dove ebbe un incontro con il colonnello La Neve (Biancardi) della Nemo, poi prese contatti con i Comandi alleati cui fornì “numerose ed importanti notizie militari” (tra cui anche le piante del porto di Trieste), trasmettendole al dottor Piero Fojanini, che si trovava in Svizzera come ufficiale di collegamento con l’OSS. Organizzò una divisione partigiana di Giustizia e Libertà, che, raccogliendo intorno a sé partigiani monarchici, badogliani e genericamente di destra, finì con il monopolizzare gli aiuti di armi e munizioni lanciate dagli Alleati (nella zona) che trascurarono invece le brigate comuniste di fondovalle, e dando vita infine ad una campagna denigratoria (calunnie e provocazioni) contro la Brigata Garibaldi, che in seguito a tutto ciò dovette abbandonare la zona.
Fumagalli, classe 1925, reclutato diciannovenne in un reparto della RSI, “diserta e si rifugia nelle montagne della zona di Sondrio e lì mette in piedi, assieme ad un gruppo di ex contrabbandieri”, un piccolo gruppo anticomunista (i Gufi, che entrarono a Sondrio il giorno della Liberazione alla testa della divisione “Alta Valtellina”), la cui “strana guerra partigiana” si sviluppa “fra tregue domenicali con i fascisti” e “un’abbondanza di rifornimenti paracadutati dagli americani” <22.
[NOTE]
20 Fini e Giannantoni, op. cit., p. 116. La Slovenia era stata invasa dagli eserciti italiano e tedesco dopo il 6/3/41, e nella zona occupata dal suo esercito l’Italia aveva costituito la “provincia italiana di Lubiana”.
21 G. De Lutiis, “I servizi segreti in Italia”, Editori Riuniti 1998, p. 128.
22 G. De Lutiis, op. cit.,, p. 128. Motta e Fumagalli collaborarono anche nel dopoguerra…
Claudia Cernigoi, Alla ricerca di Nemo. Una spy- story non solo italiana su La Nuova Alabarda e la Coda del Diavolo, supplemento al n. 303, Trieste, 2013

A questo punto, se si vogliono capire i nessi tra attività politica ufficiale e apparato occulto, il ruolo internazionale giocato dal PCI in proprio e per conto terzi, il legame stretto tra fatti internazionali e di politica interna, bisogna soffermarsi su un episodio dell’aprile ’65. Alle 18 del 7 aprile ’65 all’aeroporto di Maiquetìa a Caracas, Venezuela, sono arrestati Alessandro Beltramini <8, medico, personaggio di spicco del PCI milanese, 54 anni; la cittadina spagnola Josefa Ventosa Jimenez, detta «Pepita», 22 anni, compagna e collaboratrice di Beltramini.
[…] Solo dopo oltre trent’anni Alessandro Beltramini racconterà al giornalista del Corriere della sera Maurizio Caprara <12, la vera storia di quei dollari: soldi non suoi ma del partito. Dirà di aver ricevuto i due panciotti
imbottiti di dollari durante lo scalo a Madrid.
A questo punto però, bisogna soffermarsi sugli identikit dei tre protagonisti dell’«affaire» di Caracas. Alessandro Beltramini, ricchissimo, è proprietario della clinica San Siro a Milano e della scuderia di purosangue (trotto) Don Lisander. La figura del medico alternata a quella dell’editore ricorre di frequente tra gli «agenti» del PCI, ad un certo livello, di questi anni. Una clinica, poi, è sicuramente il luogo migliore dove possono fermarsi «ospiti» senza che il loro nome, falso o vero che sia, venga registrato dagli alberghi e trasmesso alle questure. Il percorso politico di Alessandro Beltramini è anomalo, ma con dei punti in comune con altri personaggi dell’«apparato di riserva». Iscritto al partito comunista fino al 1939, nel 1943 a Bagnoli è addestrato nel quartier generale della V Armata americana all’attività di sabotatore e di informatore, in una parola al mestiere di agente segreto. Quindi a Milano fa parte delle Brigate Matteotti, socialiste, e nel lavoro informativo ha contatti frequenti a Berna in Svizzera con l’OSS, il Servizio americano, e in particolare con Allen Dulles, futuro capo della CIA. Circostanza questa che vent’anni dopo lo trarrà d’impaccio a Caracas. Iscritto al Partito socialista di unità proletaria, contrario all’unità con il PCI, è tra i primi ad entrare nel PSDI di cui diventa segretario milanese. Nel ’48, quando il PSDI accetta di allearsi con la DC, rientra nel PCI: secondo la sua stessa testimonianza a garantire il rientro nel partito è Armando Cossutta <13. Fino al 1954 è consigliere e capogruppo del partito a Palazzo Marino, al Consiglio comunale di Milano. Pochi mesi prima del suo viaggio a Caracas nel 1965 è stato candidato per le provinciali in un collegio in cui era certo avrebbe perso: la spiegazione in pubblico è che il dottor Beltramini preferisce dedicarsi alla clinica. L’allentamento del rapporto con il partito, in realtà, prelude ad un maggior impegno in missioni particolarmente riservate. Ad Alessandro Beltramini, inserito nella struttura del PCI ma che opera sotto la diretta gestione del KGB, da sempre sono stati affidati incarichi speciali. «E’ stato Cossutta a patrocinare il mio nominativo per questo tipo di attività» ha raccontato a Maurizio Caprara <14. Beltramini spiega nel dettaglio natura e importanza delle missioni. «Allora mi hanno affidato compiti specifici che non dipendevano direttamente dal PCI, ma dal Soccorso rosso… Il Soccorso rosso era sovvenzionato, evidentemente, in misura del novanta per cento dall’Unione sovietica… Una cosa internazionale. (La) sede (era) a Parigi, dove ho potuto parlare con Che Guevara, che era un medico anche lui ed era su posizioni politiche che non condividevo, però era una di quelle persone incantevoli con le quali sembra di essere in paradiso. A Madrid ricevevo soldi e istruzioni cifrate, ma io durante la guerra civile in Italia avevo imparato a decifrare. Le ricevevo quando c’era ancora Franco…». La precisazione è importante, perché rivela come Madrid (nonostante Franco sia saldamente al potere) è una delle basi occulte più importanti nelle operazioni «riservate», mentre a Parigi – e il riferimento alla capitale francese sarà costante anche in futuro – si trova il quartier generale della centrale.
[…] Ascoltiamo ancora Alessandro Beltramini <15: «… durante la lotta di Liberazione algerina contro i francesi sono stato tre volte in Algeria, sempre in modo totalmente clandestino. Poi ho fatto due missioni in Perù e tre
in Venezuela».
Del «lavoro riservato» i vertici del partito sono pienamente consapevoli. Ascoltiamo ancora Beltramini <16: «E’ stato Cossutta a patrocinare il mio nominativo per questo tipo di attività. Cioé, Cossutta la prima volta, quando mi ha detto: tu hai spiegato che eri disposto a fare delle operazioni relative alla guerriglia in tutti i posti del mondo… Sono andato due volte anche in Guinea Bissau. Anche là a portare dei soldi e soprattutto per accreditare due cubani che sono rimasti a fare gli istruttori dei guerriglieri locali».
Insieme ai soldi viaggiano anche le disposizioni che «il Soccorso rosso impartiva ai guerriglieri sulle azioni e sugli obiettivi da perseguire».
Il KGB tramite uomini e strutture messe a disposizione dal Partito comunista italiano finanziava, oltre ai partiti comunisti locali, anche altri gruppi: «Alcune volte mi dicevano: questo (pacco) lo consegni al gruppo A, questo al gruppo B, questo al gruppo C. Io non sapevo bene a chi i gruppi facessero capo…» <17.
[…] Nella vicenda di Alessandro Beltramini, comunque, non mancano i colpi di scena. In Italia per lui si mobilitano vecchi amici come Pietro Nenni, vicepresidente del Consiglio; intellettuali come Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Dacia Maraini, Renato Guttuso, Cesare Zavattini (animeranno un comitato promotore «per le libertà democratiche in Venezuela»); il PCI definisce «una fandonia» la notizia del complotto e manifesta «attiva solidarietà» alle forze che in Venezuela combattono «un regime di terrore di tipo fascista». Ma decisivo, durante uno degli interrogatori nel carcere di Caracas, è l’intervento di un americano, il sedicente «avvocato Pocket», che Beltramini ha conosciuto durante la Resistenza e altri non è che uno degli uomini più fidati di Allen Dulles, il capo della CIA. L’«avvocato Pocket» lo abbraccia e lo tira fuori dai guai, avallando la versione della «fuga d’amore». L’aneddoto, di cui non viene fatto mistero sui giornali dell’epoca, e nella ricostruzione di Beltramini trent’anni dopo, merita una riflessione.
[NOTE]
8 Corriere della sera, 11 aprile 1965.
12 Cfr. Maurizio Caprara, Lavoro riservato. I cassetti segreti del PCI.
13 Ibid.
14 Ibid.
15 Ibid.
16 Ibid.
17 Ibid.
Elaborato redatto dai deputati Marco Taradash e Vincenzo Fragalà e dai senatori Vincenzo Ruggero Manca, Alfredo Mantica, L’ombra del KGB sulla politica italiana, Capitolo III, la centrale di Milano, 27 luglio 2000 in Commissione Parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi – istituita con legge 23 dicembre 1992, n. 499, che richiama la legge 17 maggio 1988, n. 172 e successive modificazioni – Doc. XXIII n. 64 VOLUME PRIMO Tomo V Parte prima